Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12837 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 13/05/2021), n.12837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 935-2013 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza

Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata

e difesa dall’avvocato CARMELA DE FRANCISCIS;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 128/2012 della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA,

depositata il 10/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

F.G. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 128/15/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza n. 130/15/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta in controversia riguardante l’impugnazione dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per imposta di registro relativa ad una sentenza emessa in data 25.3.2008 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, n. 1442/2008. Il contribuente con il ricorso introduttivo aveva lamentato l’illegittimità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione e difetto di sottoscrizione, atteso che era stato sottoscritto con una mera sigla, apocrifa e non leggibile, denunciando, altresì, l’inapplicabilità del principio della solidarietà tributaria.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Questa Corte, all’udienza dell’11.10.2018, ha rinviato la causa a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio non presente in atti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 51, 53, 20 e 16, nonchè degli artt. 155,325 e 327 c.p.c., e dell’art. 2963 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente i giudici di appello avrebbero ritenuto inammissibile il gravame per tardività in ragione del deposito effettuato in data 23.11.2011. Secondo il ricorrente, la data del 23.11.2011 in cui è avvenuto il deposito dell’appello presso la Commissione Tributaria Regionale non identificherebbe il momento della proposizione del gravame, che non va individuato con il deposito del ricorso proposto avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, ma con la notifica dello stesso che è avvenuta in data 26 ottobre 2011. Il termine di scadenza per la proposizione del ricorso non sarebbe quello del 24 ottobre 2011 come affermato dai giudici del gravame, tenuto conto che al termine dei sei mesi computati ex nominatione vanno aggiunti i quarantasei giorni liberi di sospensione del termine feriale calcolati ex numeratione dierum. Nella fattispecie, pertanto, l’appello sarebbe stato spedito l’ultimo giorno utile sufficiente affinchè fossero rispettati i termini perentori di proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 11140 del 2004).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha chiesto l’applicazione del giudicato favorevole, atteso che la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 86 del 14.2.2012, passata in giudicato, e con sentenza n. 293/08/12, ha annullato, su ricorso proposto dagli altri coobbligati, l’avviso di liquidazione di imposta di registro ed irrogazione di sanzioni n. (OMISSIS) oggetto del presente giudizio.

3. Il primo motivo è infondato per i principi di seguito enunciati. 3.1. Con l’esposta censura il ricorrente lamenta l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici del gravame, i quali avrebbero erroneamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in quanto il termine scadenza, compreso il calcolo dei quarantacinque giorni della interruzione feriale, sarebbe stato il (OMISSIS), e non quello della notifica dell’impugnazione.

Non è contestato che la notifica dell’impugnazione è avvenuta in data 26.10.2011, come dichiarato in ricorso dallo stesso contribuente. Anche l’Agenzia delle entrate, con controricorso, ha dato atto che la notifica dell’appello è avvenuta in data 26.10.2011, rilevando comunque la tardività del ricorso e la tardività del deposito dell’atto di appello (avvenuta in data 23.11.2011).

Va precisato che i giudici di appello hanno fondato la dichiarazione di inammissibilità del gravame sulla base di due ratio decidendi: in ragione della tardività della notifica dell’atto di impugnazione e della tardività del deposito dell’atto di appello. La prima ratio assume preliminare ed assorbente rilievo ai fini dell’inammissibilità dell’impugnazione.

3.2. L’art. 327 c.p.c., richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, stabilisce, nella formulazione modificata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, applicabile, ai sensi della stessa L., art. 58, ai giudizi instaurati, come quello di specie (introdotto con ricorso in data 1.10.2010 v. motivazione della sentenza impugnata), a decorrere dal 4.7.2009 che “indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nell’art. 395, nn. 4 e 5, non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”. Per pubblicazione della sentenza si intende il deposito in cancelleria.

Come si evince dagli atti di causa, la sentenza impugnata è stata depositata il 9.3.2011, atteso che il contribuente ha allegato una copia della pronuncia che riporta la data del deposito, e la notifica del ricorso in appello è avvenuta il 26.10.2011. Quest’ultima circostanza, benchè non contestata dalle parti, risulta anche dalla ricevuta di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (n. raccomandata (OMISSIS)) allegata all’atto di impugnazione. L’Agenzia delle Entrate, destinataria della notifica, ha ricevuto la copia dell’atto di impugnazione in data 28.10.2011 come risulta dal timbro con firma apposto sull’avviso di ricevimento.

3.3. Ciò premesso, la notifica del ricorso in appello avvenuta in data 26.10.2011 è tardiva. Si è detto che, nella fattispecie, il termine per impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che non è stata notificata è di sei mesi. A tale termine va aggiunta la sospensione feriale dei termini processuali prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, di giorni 46.

Il calcolo del termine di scadenza per l’impugnazione in appello si fa “ex nominatione dierum” e non “ex numero” pertanto, il decorso del tempo si ha allo spirare del giorno che corrisponde a quello del mese iniziale.

Il principio è stato più volte ribadito da questa Corte, secondo cui: “Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile non ex numero bensì ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale” (Cass. n. 17640 del 2020). Analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine di decadenza del gravame devono aggiungersi 46 giorni computati “ex numeratione dierum” (Cass. n. 15029 del 2020).

Orbene, calcolando il termine di sei mesi dal deposito della sentenza (9.3.2011) “ex nominatione dierum” con applicazione della sospensione dei termini feriali per un totale di 46 giorni, il termine ultimo per proporre l’impugnazione scadeva il 25.10. 2011 e non il 26.10.2011.

Ne consegue che correttamente i giudici del gravame hanno rilevato l’intempestività dell’appello notificato in data 26.10.2011, pur non avendo tenuto conto che il termine di sospensione feriale “ratione temporis” era di 46 giorni e non di 45 giorni.

4. Dal rigetto del primo motivo di ricorso consegue l’inammissibilità del secondo.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.500,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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