Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12835 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 10/06/2011), n.12835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14761-2010 proposto da:

S.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato MAURO

MARCHIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAIMONDI FELICE,

giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, MAURO RICCI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 684/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

5.11.09, depositata il 16/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega

avv. Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Vasto, depositato in data 13.9.2007, S.E. chiedeva nei confronti dell’Inps e del Ministero dell’Economia e delle Finanze l’affermazione del proprio diritto alla percezione dell’indennità di accompagnamento ai sensi della L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1.

Con sentenza n. 333/08 il Tribunale adito, disposta ed espletata consulenza tecnica d’ufficio, rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’originario ricorrente lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo la rinnovazione delle operazioni peritali con il conseguente accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di L’Aquila non riteneva di accedere alla richiesta di rinnovazione della consulenza medico legale e, con sentenza in data 5.11.2009/16.2.2010, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il S. con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Inps.

Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Col predetto motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione di norme di diritto;

violazione dell’art. 116 c.p.c.; violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

In particolare rileva che la Corte territoriale, assumendo erroneamente che l’appello si fondava su affermazioni generiche ed apodittiche, aveva rigettato il gravame disattendendo immotivatamente la richiesta di rinnovazione della consulenza medico legale effettuata nel giudizio di primo grado. Tale motivazione era assolutamente carente e contraddetta dalla lettura dell’atto di impugnazione, il quale si basava sulle note del consulente tecnico di parte, ritualmente prodotte e trascritte nell’atto di gravame.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è infondato.

Sul punto occorre innanzi tutto evidenziare che la valutazione della opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, come pure il potere di rinnovare, in tutto o in parte, le indagini tecniche nominando un diverso ausiliare del giudice, rientra nei poteri discrezionali del decidente. L’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici o errori giuridici. Ciò in quanto il controllo del giudice del merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della sufficienza e correttezza logico giuridica della motivazione (Cass. sez. 3, 14.11.2008 n. 27247; Cass. sez. 1, 13.9.2006 n. 19661).

Pertanto, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, qualora la parte chieda la rinnovazione delle indagini tecniche specificando le ragioni della richiesta, il giudice è libero di disporre o meno tale rinnovazione, ma nel caso in cui non ritenga di aderire alla richiesta, è tenuto ad esplicitare le ragioni della sua determinazione, e tale motivazione è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della insussistenza di vizi logici e giuridici.

Posto ciò devesi rilevare che la Corte d’appello, a prescindere dall’affermazione – che costituisce più che altro una formula di stile – secondo cui l’atto di gravame si fonderebbe su proposizioni generiche ed apodittiche, ha evidenziato come le critiche mosse nell’atto di gravame avverso il contenuto della consulenza medico legale disposta nel primo grado del giudizio si risolvessero nella mera contestazione del precedente parere peritale, senza specificazione delle carenze o deficienze diagnostiche nelle quali sarebbe incorsa, discostandosi dalle nozioni correnti della scienza medica, la relazione di consulenza tecnica effettuata; e pertanto tali censure si risolvevano in una mera critica del convincimento del primo giudice in relazione alla adesione di quest’ultimo alla suddetta relazione di ctu.

La Corte di merito ha pertanto assolto in modo compiuto il proprio obbligo di esplicitazione delle ragioni del mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione delle operazioni peritali, di talchè la relativa statuizione, avuto riguardo alla correttezza ed esaustività della motivazione svolta, si sottrae ad ogni censura, nel presente giudizio di legittimità, sul piano logico giuridico.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Trattandosi di giudizio introdotto successivamente al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, u.c., convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, contenente modifiche alla disciplina prevista in materia di spese nei giudizi previdenziali ed assistenziali dall’art. 152 disp. att. c.p.c.), a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento, nei confronti dell’Inps, delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo. Nessuna statuizione in tema di spese va adottata nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, non avendo lo stesso svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione, nei confronti dell’Inps, delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge. Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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