Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12833 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 21/06/2016), n.12833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4987/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio dell’Avvocato SALVATORE

TRIFIRO’, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’Avvocato

PASQUALE NAPPI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato PIERLUIGI BOIOCCHI, usta delega in atti;

_- controricorrente –

avverso la sentenza n. 590/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/02/2010 R.G.N. 736/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega verbale Avvocato Trifirò

Salvatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

statuizione del giudice di primo grado che, in accoglimento della domanda avanzata nei confronti di Poste Italiane s.p.a. da R. A., assunto con quattro contratti a termine per i periodi 12/10/2000-31/1/2001, 1/6/2001-20/6/2001, 3/7/2002-30/9/2002 e 1/6/200415/9/2004, accertata la risoluzione del secondo contratto a termine per dimissioni del lavoratore, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al terzo contratto intercorso tra le parti, condannando la società a riammettere in servizio il lavoratore, nonchè a risarcire il danno, in misura pari alle retribuzioni spettanti dalla messa in mora, dedotto l’aliunde perceptum. Il contratto era stato stipulato sotto la vigenza del D.Lgs. n. 368 del 2001, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre, 11 gennaio 2001, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie”.

2. La Corte territoriale poneva a fondamento della decisione il rilievo in forza del quale la clausola sopra riportata, richiamando molteplici ipotesi alternative giustificatrici della assunzione a termine, senza indicare quali di queste fossero riferibili al singolo contratto, era già di per sè illegittima, in quanto impediva di individuare ex ante le esigenze del datore di lavoro che legittimavano la stipulazione del contratto a termine. Osservava, inoltre, che la società non aveva assolto all’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti dell’apposizione del termine nel caso concreto.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Poste italiane s.p.a.

sulla base di cinque motivi, illustrati mediante memorie. Resiste il R. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va premesso che il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

2. Con il primo motivo di ricorso la società deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 (art. 360 c.p.c.). Rileva che la norma richiamata non esclude la possibilità di motivare le assunzioni a termine mediante riferimento a più concorrenti ragioni e che la causale è sufficientemente specifica.

3. Con il secondo motivo ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Rileva che la sentenza è incorsa in ulteriore violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, laddove ha limitato le ragioni di carattere tecnico e organizzativo o sostitutivo solamente a quelle situazioni che possano riguardare un singolo ufficio o unità produttiva; osserva che, quanto alla causale “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre”, la giurisprudenza di legittimità ritiene non necessario che siano allegate e provate circostanze ulteriori, assumendo rilievo fondamentale che l’assunzione sia avvenuta in periodo estivo.

4. I due motivi illustrati possono essere trattati congiuntamente in ragione dell’intima connessione. Va rilevato in primo luogo che, come è stato affermato da questa Corte, “l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate”, (v. Cass. 17/6/2008 n. 16396). In particolare è stato precisato che anche nel nuovo regime ex D.Lgs. n. 368 del 2001, la legittimità della apposizione del termine a contratto di lavoro richiede l’esistenza di una condizione legittimante, “ma se nel caso concreto concorrono due ragioni legittimanti è ben possibile che le parti, nel rispetto del criterio di specificità, le indichino entrambe ove non sussista incompatibilità o intrinseca contraddittorietà, nè ridondando ciò di per sè solo, salvo un diverso accertamento in concreto, in incertezza della causa giustificatrice dell’apposizione del termine”.

Nella specie, trattandosi di contratto ricadente ratione temporis nel vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, vanno applicati i principi ripetutamente dettati in materia da questa Corte. Al riguardo, come affermato da Cass. 1-2-2010 n. 2279, “in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia, un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale)” (in tal senso, v. fra le altre anche 25/5/2012 n. 8286). Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto. Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito che, “seppure nel nuovo quadro normativo….non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”.

Infine, con riferimento alle ragioni sostitutive (nell’ambito delle quali deve collocarsi la causale della “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie”), non potendo più ricorrere la ipotesi collettiva già prevista dai cali del 1994 e del 2001 in forza della delega contenuta nella L. n. 56 del 1987, art. 23, trattandosi di contratto concluso successivamente al 31-1-2001 (Cass. 13-7-2010 n. 16424, cfr. da ultimo anche Cass. 17-32014 n. 6097), questa Corte ha precisato che “nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità” (v. Cass. 26-1-2010 n. 1576, Cass. 26/10/2010 n. 1577).

5.La sentenza impugnata, disattendendo i detti principi, ha fondato la illegittimità del termine sulla pluralità delle cause giustificative indicate, nonchè sulla asserita genericità delle stesse, ignorando il contenuto degli accordi di mobilità indicati nella lettera di assunzione e neppure prendendo in considerazione la causale sostitutiva contemplata. La stessa, pertanto, va cassata, in accoglimento dei primi due motivi, restando assorbiti gli altri (concernenti l’asserita legittimità del quarto contratto, il carattere essenziale della clausola e le conseguenze della nullità del termine). La causa va rinviata, quindi, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, la quale statuirà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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