Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12831 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 21/06/2016), n.12831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4924-2011 proposto da:

D.M.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell’Avvocato

FABIO FABBRINI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8657/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/02/2010 R.G.N. 10858/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza 17 febbraio 2010, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello proposto da D.M.A. (dipendente assunta a termine da Poste Italiane s.p.a. con un contratto dal 1 febbraio al 31 maggio 2001, ai sensi dell’art. 25 CCNL 2001) avverso la sentenza di primo grado, che, ritenutone lo scioglimento per mutuo consenso, ne aveva respinto le domande di accertamento della nullità del termine con istituzione tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dall’inizio del rapporto, di reintegrazione nel posto di lavoro e di condanna della datrice al pagamento del relativo trattamento retributivo fino alla ripresa del rapporto di lavoro.

Preliminarmente disattesa l’eccezione di estinzione del rapporto per mutuo consenso in assenza di significativi elementi individuativi di una chiara e certa volontà solutoria di entrambe le parti (nell’inidoneità allo scopo della sola inerzia della lavoratrice di poco più di tre anni tra la cessazione del rapporto di lavoro a termine e la convocazione per l’esperimento del tentativo di conciliazione), la Corte territoriale escludeva la nullità del termine apposto al contratto stipulato (per ristrutturazione a livello nazionale, coinvolgente l’intera compagine aziendale nei diversi profili connessi di riposizionamento delle risorse sul territorio, innovazioni tecnologiche, introduzione di nuovi servizi e prodotti ed altro) ai sensi dell’art. 25 CCNL 2001, sulla base del rinvio contenuto nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 per la sufficienza della sola esistenza del processo di ristrutturazione con il solo limite del rispetto della percentuale di contingentamento, senza necessità di prova della diretta incidenza di tale processo nei singoli uffici e nel documentato esaurimento delle procedure di consultazione sindacale.

Con atto notificato il 16 (18) febbraio 2011, D.M.A. ricorre per cassazione con due motivi, cui resiste Poste Italiane s.p.a. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1 e L. n. 56 del 1987, art. 23 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata concreta specificazione delle ragioni di riorganizzazione aziendale genericamente stabilite dall’art. 25 CCNL Poste del 2001, secondo una corretta interpretazione della cd. “delega in bianco” conferita dalla seconda norma denunciata alla contrattazione collettiva nel senso della facoltà di previsione di ipotesi di assunzione a termine ulteriori rispetto a quelle stabilite dalla L. n. 230 del 1962, art. 1 garantite dal previo esame congiunto della società datrice con le OO.SS. dei lavoratori, con specifica indicazione della causale nel singolo contratto di lavoro.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 25 p.ti 2) e 3) CCNL Poste 2001 e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per mancata prova dello svolgimento della procedura di confronto sindacale, prevista dalla norma collettiva quale condizione essenziale per la validità dell’apposizione del termine e così pure del rispetto della clausola di contingentamento (in particolare, di non eccedenza delle assunzioni a termine rispetto al 10% di personale dipendente a tempo indeterminato sul territorio nazionale), alla luce della analitica disamina della documentazione della società datrice, secondo la Corte territoriale comprovante la ricorrenza dei suindicati presupposti di validità dell’assunzione a termine, sulla base di motivazione insufficiente a dare conto dell’iter logico seguito.

Il primo motivo, relativo a violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1 e L. n. 56 del 1987, art. 23 per la mancata concreta specificazione delle ragioni di riorganizzazione aziendale genericamente stabilite dall’art. 25 CCNL Poste del 2001, è infondato.

Ed infatti, in tema di contratti a termine, l’art. 25 del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 per il personale non dirigente delle Poste italiane nel prevedere, quale causale, la presenza di “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi” non è affetto da genericità, ma costituisce legittima espressione della cosiddetta “delega in bianco” demandata alla contrattazione collettiva dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 (Cass. 7 gennaio 2015, n. 30; Cass. 1 ottobre 2007, n. 20608;

Cass. 25 gennaio 2008, n. 1655); neppure occorrendo, nel quadro delineato, che il contratto individuale contenga specificazioni ulteriori rispetto a quelle menzionate nella norma collettiva (Cass. 7 gennaio 2015, n. 30; Cass. 14 marzo 2008, n. 6988).

Il secondo motivo, relativo a violazione dell’art. 25 p.ti 2) e 3) CCNL, Poste 2001 e vizio di motivazione per mancata prova di svolgimento della procedura di confronto sindacale e di rispetto della clausola di contingentamento, è parimenti infondato.

La Corte territoriale ha, infatti, ritenuto (per le ragioni esposte al terz’ultimo capoverso di pg. 4 della sentenza, con particolare riferimento al verbale di udienza 30 novembre 2005 e confermato dalla sua trascrizione, a pg. 18 del ricorso, recante una contestazione assolutamente generica) che una tale prova sia stata data, in esito ad un accertamento in fatto, con specifica valutazione della documentazione di Poste s.p.a. (con particolare riferimento ai documenti allegati alla memoria difensiva di primo grado da 7 a 21 ed a quelli sub 19 e 21, direttamente pertinenti i due profili censurati: come illustrato da Poste Italiane s.p.a. a pg. 6 del controricorso) non specificamente contestata e pertanto sufficiente ad integrare prova, in applicazione del principio di non contestazione (Cass. 6 ottobre 2015, n. 19896; Cass. 28 febbraio 2014, n. 4854). E ciò con argomentazione concisa ma esauriente e non logicamente viziata, pertanto esente dal vizio denunciato (Cass. 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. 11 luglio 2007, n. 15489).

Quanto, infine, alla questione del rispetto della procedura di confronto prevista dall’art. 25 del CCNL questa Corte ha ripetutamente affermato che l’accordo del 18 gennaio 2001 costituisce espletamento della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo: leggendosi nel testo del suddetto accordo che le OO.SS. convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal CCNL 11 gennaio 2001 (Cass. 7 gennaio 2015, n. 30; Cass. 25 gennaio 2008, n. 1655; Cass. 1 ottobre 2007, n. 20608).

Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna D.M.A. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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