Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12831 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 13/05/2021), n.12831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4172/2014 R.G. proposto da:

C.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Maiello, con

domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Gianmaria Frattini in

Roma, Via Francesco Pacelli 14;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 88/31/2013 depositata il 25 giugno 2013, non

notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 dicembre 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, veniva rigettato l’appello proposto da C.A. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 190/21/2012 la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA, IRPEF e IRAP 2007, emesso a seguito di p.v.c. e di un accertamento analitico induttivo D.P.R. n. 600 del 1972, ex art. 39 comma 1 lett. d), nel cui ambito era stato applicato lo studio di settore.

– La CTR confermava la decisione di primo grado, ritenendo legittimo l’impianto e la misura delle riprese nei confronti del contribuente, titolare di omonima ditta individuale dedita al commercio a mezzo di contratti di attuazione (distributori automatici), calcolate sulla base della documentazione fornita dallo stesso contribuente che portavano al ricalcolo dei ricavi aziendali.

-Avverso la decisione propone ricorso il contribuente, affidato a due motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – il contribuente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto il giudice d’appello non avrebbe valutato neppure inciden-ter tantum il materiale probatorio offerto a giustificazione per inficiare l’atto impositivo.

– Il motivo, che si traduce in ultima analisi in una censura di insufficiente motivazione radicalmente inibita dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nuovo n. 5, risultante dall’entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012, nel testo applicabile ratione temporis, è inammissibile anche in quanto contravviene al principio di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5. Il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo in cui denuncia il vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014), adempimento non compiuto dal ricorrente. Ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia “doppia conforme” si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto, ossia ai giudizi di appello introdotti dall’11 settembre 2012, e l’Agenzia riferisce a pag.3 del controricorso che il contribuente ha proposto appello contro la sentenza di primo grado il 26.2.2013.

– Con il secondo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, e degli artt. 2697,2728 e 2729 c.c., per aver la CTR erroneamente ritenuto – come già il giudice di primo grado – che l’accertamento avesse seguito un valido percorso logico deduttivo, benchè non basato su dati certi e avesse raggiunto conclusioni prive di riscontro documentale.

– Il motivo non può trovare ingresso, in quanto incongruente rispetto al contenuto della decisione che, conformemente al contenuto dell’avviso di accertamento impugnato, non ha fatto leva soltanto e, in sè, sugli studi di settore. Va in ogni caso ribadita la giurisprudenza della S.C. secondo cui “La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri.”.

(Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 21754 del 20/09/2017, Rv. 645461 02 conforme a Cass. Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009, Rv. 610691 – 01). Nel caso di specie pacificamente è stato instaurato il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, come risulta dall’esistenza di apposito verbale del novembre 2010, nel quale danno conto entrambe le parti.

– Nondimeno, nel caso di specie, l’accertamento non è fondato solo sullo scostamento tra dichiarazione e studio di settore applicato, ma i verificatori hanno anche ricostruito il costo di acquisto delle singole merci attraverso le fatture di acquisto del periodo di imposta, fornite dallo stesso contribuente, tenendo anche conto delle rimanenze iniziali e finali delle merci per determinare il costo del venduto. Sulla base delle fatture di vendita offerte dal contribuente è stata poi determinata la quantità dei prodotti venduti e il prezzo unitario fatturato.

– I parametri applicati infine rappresentando la risultante dell’estrapolazione di una pluralità di dati, i quali rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d, (Cass. 20 febbraio 2015 n. 3415; Cass. 13 luglio 2016 n. 14288).

– A fronte di tali elementi, posti a base dell’avviso di accertamento, condivisi dai giudici di primo grado, cui la sentenza di appello si richiama nella conferma del provvedimento, il contribuente non ha offerto fatti decisivi e contrari non esaminati dai giudici del merito.

– In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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