Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1283 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7165/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

G.V., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Mozzi,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Paolo di

Dono, n. 3/A.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione n. 44, n. 156/44/2013, pronunciata il 13/12/2012,

depositata il 06/09/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07 ottobre

2020 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi, contro G.V., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, indicata in epigrafe, con la quale – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento IRPEF, per il periodo d’imposta 2007, che recuperava a tassazione, con metodo sintetico, in relazione alla spesa (nel quinquennio 2006-2010) per incrementi patrimoniali (quantificati nella misura complessiva di Euro 707.568,86), consistenti in alcune compravendite di azioni e nell’acquisto di un immobile, un maggiore reddito (Euro 141.513,77) che si discostava di oltre 1/4 da quello dichiarato (Euro 20.855,00), emesso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4 e 5, ratione temporis vigente – è stata riformata la sentenza (n. 374/01/2011) della Commissione tributaria provinciale di Caserta, che aveva rigettato il ricorso del contribuente;

la Commissione regionale, in sintesi, ha stabilito che, mentre il contribuente, che aveva allegato di avere fatto ricorso a varie forme d’indebitamento (mutui, finanziamenti, prestiti, leasing), indicative della sua scarsa disponibilità reddituale, nel corso del giudizio, aveva esposto dettagliatamente “le modalità di indebitamento”, al contrario, le affermazioni dell’A.F., in mancanza di invito al contraddittorio, in fase amministrativa, costituivano presunzioni semplici “inadeguate a sostenere un accertamento D.P.R. cit., ex art. 38” (cfr. pag. 5 della sentenza).

Diritto

CONSIDERATO

che:

a. preliminarmente, al contrario di quanto ha eccepito il controricorrente, il ricorso è tempestivo, tenuto conto dell’applicabilità, ratione temporis: (i) del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza d’appello (06/09/2013); (ii) della sospensione feriale, ossia dal 1/08/2013 al 15/09/2013; (iii) della conseguente scadenza del termine, computato in applicazione dei predetti criteri legali, il giorno sabato 15/03/2014, e, per effetto della proroga legale, ex art. 155 c.p.c., comma 4, al lunedì 17/03/2014; (iv) della prima, tempestiva, spedizione per la notifica dell’impugnazione in data 14/03/2014; (v) della circostanza che il primo tentativo di notifica non è andato a buon fine a causa della “irreperibilità” del destinatario, e, ancora, che il procedimento di notifica è stato ripreso, tempestivamente, dall’Agenzia, in data 29/05/2014, e si è perfezionato in data 17/06/2014, come ammette anche la difesa del controricorrente;

infatti, secondo il chiaro insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. un. 15/07/2016, n. 14594; conf., ex multis: Cass. 12/02/2020, n. 3394): “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”;

b. sempre in via preliminare, è inammissibile la richiesta dell’Agenzia, formulata nella parte finale del proprio ricorso, d’applicazione del giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza della C.T.R. di Napoli n. 103, del 20/02/2012, la quale, secondo la prospettazione dell’Ufficio, sarebbe passata in giudicato, e, in riforma della sentenza di primo grado, avrebbe riconosciuto la piena legittimità dell’avviso di accertamento, per l’anno d’imposta 2006, emesso sulla base dei medesimi presupposti dell’avviso per il 2007, oggetto di questo giudizio;

invero, l’A.F. avrebbe dovuto fare valere il giudicato nel corso del giudizio di merito, durante il quale, stando alle allegazioni dell’Ufficio, si sarebbe formato, come ha avuto modo di puntualizzare ripetutamente questa Corte, secondo cui: “Nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo.” (Cass. 22/01/2018, n. 1534; conf.: 19/10/2016, n. 21170; Cass. Sez. un. 16/06/2006, n. 13916);

1. passando adesso all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi (“1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza e del procedimento”), l’Agenzia censura il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, per avere riconosciuto la fondatezza dell’eccezione del contribuente circa il difetto del contraddittorio nella fase amministrativa, quale doglianza dal medesimo formulata nel ricorso introduttivo, ma non riproposta, come specifico motivo d’appello, dopo che la Commissione tributaria provinciale l’aveva esaminata e respinta;

2. con il secondo motivo (“2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza e del procedimento”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata in quanto, nel porre a proprio fondamento la questione della violazione dell’obbligo di contraddittorio preventivo, trattata in primo grado, ma non riproposta come motivo d’appello, è incorsa in un error in procedendo, per avere violato il giudicato interno formatosi su tale profilo giuridico;

3. con il terzo motivo (“1) Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi da 4 a 8, vigente ratione temporis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere trascurato che le disposizioni normative sull’accertamento sintetico, per l’annualità 2007, prevedevano il contraddittorio soltanto come ipotesi possibile ed eventuale, da adottare a discrezione dell’Ufficio impositore competente, oltre al fatto che, per la giurisprudenza di legittimità, la sola circostanza della mancata instaurazione del contraddittorio con il contribuente, in fase istruttoria, non valeva a giustificare l’annullamento dell’accertamento;

4 con il quarto e con il quinto motivo (“4) Nullità della sentenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 o in subordine 5) omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”), l’Agenzia, innanzitutto, censura la sentenza impugnata per avere omesso di esporre le ragioni di fatto e di diritto che la sorreggevano, e, in particolare, per non avere spiegato perchè le prove circostanziali offerte dall’Ufficio erano giudicate prive di rilievo, mentre, al contrario, le “modalità d’indebitamento”, su cui poggiava la difesa della parte privata, erano state ritenute prova contraria idonea a contrastare le risultanze dell’accertamento sintetico; in subordine, l’Agenzia fa valere l’omessa motivazione, da parte della C.T.R., circa le ragioni poste a base del proprio convincimento;

5. il quarto motivo, da esaminare prioritariamente perchè è dedotto un error in procedendo, è fondato, con conseguente assorbimento del primo, del terzo e del quinto motivo;

5.1. per giurisprudenza pacifica di questa Corte (Cass. Sez. un. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. un., 07/04/2014, n. 8053; Sez. un. 18/04/2018, n. 9558; Sez. un. 31/12/2018, n. 33679): “nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione”;

nella fattispecie, come dianzi accennato (cfr. la parte narrativa della pronuncia) si rileva che la C.T.R. si è limitata a notare che le affermazioni dell’A.F., in mancanza di invito al contraddittorio, in fase amministrativa, costituivano presunzioni semplici “inadeguate a sostenere un accertamento ex art. 38 D.P.R. cit.” e che, per converso, il contribuente aveva esposto dettagliatamente “le modalità di indebitamento”;

in tal modo, però, si è adottata una motivazione del tutto incongrua rispetto alle questioni correlate all’accertamento sintetico della base imponibile del contribuente, sicchè si riscontra una ratio decidendi impercettibile, che riduce lo sviluppo argomentativo a pura apparenza e vizia di nullità la sentenza (Cass. Sez. un. 3/11/2016, n. 22232);

6. il secondo motivo è inammissibile;

la doglianza in esso contenuta manca d’autosufficienza in quanto, non essendo stato riprodotto, nel ricorso per cassazione, l’atto d’appello della parte privata, questa Corte non è posta nella condizione di verificare se il contribuente avesse impugnato la statuizione del primo giudice in punto di contraddittorio endoprocedimentale o se, al contrario, in difetto di specifica impugnazione, su tale profilo si fosse formato il giudicato interno, secondo quanto prospettato dall’A.F.;

6. ne consegue che, accolto il quarto motivo, assorbiti il primo, il terzo e il quinto motivo, dichiarato inammissibile il quarto motivo, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il quarto motivo del ricorso, dichiara assorbiti il primo, il terzo, il quinto motivo, dichiara inammissibile il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al quarto motivo, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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