Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1283 del 22/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1283 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 12247-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULII, EMANUELA CAPANNOLO, GIUSEPPINA GIANNICO,
giusta procura in calce al ricorso, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
LAZZARA MARIA;

– intimata avverso la sentenza n. 1016/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
10.6.2010, depositata il 16/06/2010;

Data pubblicazione: 22/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuela Capannolo che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIUSEPPE CORASANITI

che si riporta alla relazione scritta.

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FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
La parte intimata Lazzara Maria si rivolse al giudice del lavoro per ottenere la
trasformazione della pensione di invalidità – in godimento in base al R.D.L. 14 aprile
1939, n. 636 (e quindi antecedente alla legge 12 giugno 1984, n. 222) – in pensione di
vecchiaia, ai sensi della detta legge n. 222, art. 1, comma 10.
Contro la sentenza del Tribunale di Patti con cui la domanda era stata accolta
con decorrenza dalla data della domanda, l’Inps proponeva appello.
La Corte di appello di Messina rigettava l’impugnazione, ritenendo sussistente il
diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, concorrendo i
prescritti requisiti anagrafici e contributivi, in assenza nell’ordinamento previdenziale di
un principio ostativo in tal senso.
Precisava anche che i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata
prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto (non della misura) della
pensione.
Riteneva poi sussistente l’interesse al riconoscimento di una prestazione, come
la pensione di vecchiaia, che, per la sua definitività, irrevocabilità e non rivedibilità,
possa essere ritenuta dalla parte più favorevole rispetto alla pensione di invalidità.
Riteneva anche che era garantito un importo della pensione di vecchiaia non inferiore a
quello della pensione di invalidità in godimento.
2. L’INPS propone ricorso per cassazione.
3. La parte intimata non si è costituita.
4. Il ricorso appare manifestamente fondato.
4.1. Con il primo motivo l’Inps, denunciando violazione del R.D.L. n. 636 del
1939, art. 10, convertito nella legge n. 1272 del 1939, della L. n. 222 del 1984, art. 1,
commi 6 e 10, della legge n. 638 del 1983, art. 8, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60,
del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, della legge n. 218 del 1952, art. 2 e del D.Lgs. n. 503
del 1992, artt. 1, 2, 5, 6, censura la sentenza per avere ritenuto i periodi di godimento
della pensione di invalidità utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
Il motivo appare manifestamente fondato, poiché questa Corte ha già ripetutamente
affermato che “La trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al
compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i
requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di
incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di
invalidità” (Cass. n. 18580/2008, n. 21292/2009).
4.2. Il secondo motivo, denunciando violazione delle stesse norme, censura la
parte della motivazione in cui si è osservato che, in sede di trasformazione del titolo
della pensione, rimane salvo il trattamento previdenziale più favorevole in godimento.
Anche tale motivo appare manifestamente fondato. Infatti deve ritenersi errata
l’affermazione del giudice di merito che, in caso di trasformazione, l’importo della
pensione di vecchiaia non possa essere minore di quello della pensione di invalidità, tale
previsione essendo valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da
assegno ordinario di invalidità concesso legge n. 222, ex art. 1, comma 1 e segg. in
pensione di vecchiaia (Cass. 17492/2010)».
Il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono, ritenendo che
all’accoglimento del primo motivo di ricorso consegua l’assorbimento del secondo.
Pertanto accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la
sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda introduttiva del giudizio.
L’esito complessivo della lite consigliano l’integrale compensazione tra le parti
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delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la
sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda introduttiva del giudizio.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2013

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