Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12825 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 26/05/2010), n.12825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI LOANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43 presso lo studio dell’avvocato

D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato UCKMAR VICTOR, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE ELISABETTA SRL;

– intimato –

sul ricorso 12654-2007 proposto da:

IMMOBILIARE ELISABETTA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LORENZO IL MAGNIFICO

50 presso lo studio dell’avvocato DE LUCA MASSIMILIANO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO SCARFI, procura

speciale Notaio Dr. ELPIDIO VALENTINO di SAVONA REP. 49246

dell’8/3/2010;

– controricorrente e ric. inc.le –

contro

COMUNE DI LOANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 75/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 27/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il resistente l’Avvocato DE LUCA MASSIMILIANO, che si

riporta, e chiede il rigetto del ricorso principale, l’accoglimento

di quello incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Immobiliare Elisabetta s.r.l. propose ricorso avverso l’avviso di accertamento e/o liquidazione con il quale il Comune di Loano aveva rettificato la dichiarazione ICI per l’anno 1999 relativamente ad un appezzamento di terreno; specificava di aver acquistato tale immobile nel 1989 dichiarando il prezzo pieno, ritenuto congruo dall’Ufficio Erariale; eccepiva che lo stesso non poteva essere considerato edificabile neppure in via astratta; che, comunque il Comune non aveva tenuto conto della effettiva edificabilità dei terreni; ancora che l’accertamento era viziato da errore di fatto e di diritto per essere il valore indicato nella denuncia ICI corrispondente a quello di mercato. Il Comune, costituitosi, controdeduceva in ordine al primo motivo eccependo che il terreno doveva considerarsi edificabile per l’iter amministrativo in corso e specificava che il 21.8.95 era stato adottata la variante del P.R.G. nel quale il terreno in questione aveva le caratteristiche dell’edificabilità; che il 26.2.97 era stato adottato lo strumento urbanistico di iniziativa privata in zona (OMISSIS), comportante variante a quello vigente, che approvava la richiesta avanzata dai vari proprietari; che il contribuente aveva acquistato aree ulteriori divenendo unico soggetto attuatore del S.V.A. In ordine a secondo motivo specificava di aver tenuto conto dell’effettiva edificabilità e di avere quindi applicato il valore unitario minimo e non quello medio, assegnato nella perizia asseverata di stima che allegava. Con riguardo al terzo motivo rilevava che il valore venale era comprovato dalla perizia tecnica asseverata elaborata da specifica società, in esecuzione del contratto d’appalto concluso con il Comune.

La C.T.P. accoglieva il ricorso per il mancato perfezionamento di tutto l’iter amministrativo, in particolare per la mancanza dell’approvazione del provvedimento adottato dal Comune da parte della Regione.

La relativa sentenza veniva impugnata dal Comune che eccepiva che, come documentato, il P.R.G. comunale ed il Piano Particolareggiato di iniziativa privata erano stati approvati dalla Regione il 14.12.98 e che il primo giudice aveva ignorato ciò ed omesso di dare ricognizione alla perizia asseverata prodotta. Il contribuente resisteva ribadendo la mancanza dell’immediata edificabilità. In subordine rilevava che ove un terreno fosse ritenuto assoggettabile ad ICI in presenza del solo P.R.G., il valore di mercato doveva essere ritenuto inferiore rispetto a quello del terreno immediatamente edificabile.

La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello, determinava il valore del terreno oggetto del ricorso, ai fini ICI, in Euro 36,05/mq.

Contro tale sentenza ricorre con duplice motivo il Comune che deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c.; il contribuente resiste con controricorso e deposita ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVAZIONE

Preliminarmente si riuniscono il ricorso principale e quello incidentale, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

Il Comune, con il primo motivo, ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), nonchè la contraddittorietà della motivazione sul rilievo che la C.T.R., pur avendo riconosciuto che l’area sia da considerarsi fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo, ha poi riformato la sentenza di primo grado rideterminando il valore del terreno mediante una maggiorazione del 30% rispetto al valore proposto dalla società, così dando rilievo all’edificabilità in concreto.

La censura è infondata in virtù di principi già enunciati da questa Corte che (Sez. U, Sentenza n. 25506 del 30/11/2006,Rv.

593375; n. 15558 del 02/07/2009,Rv. 608628) ha affermato “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 169, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f). L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio.” Nel caso di specie, in aderenza ai principi di cui sopra e con corretta ed esauriente motivazione, il giudice dell’appello ha ritenuto sia che l’edificabilità, quale presupposto impositivo dell’ICI, non è strettamente connessa all’esistenza di piani regolatori già attuabili o particolareggiati, essendo viceversa sufficiente che derivi da un piano regolatore generale sia ancora, richiamato il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, che l’interesse commerciale del medesimo terreno sia diverso a seconda che esso sia immediatamente edificabile ovvero che possa diventare tale solo una volta cessato il vincolo derivante dalle norme di salvaguardia ovvero intervenuto il piano di lottizzazione o stabiliti gli oneri di urbanizzazione o ogni altro evento interessante la procedura sino all’ottenimento della concessione edilizia. Nel caso di specie infatti si è in presenza di una situazione che, pur non consentendo ancora l’edificabilità in concreto, mancando il completamento di tutta la procedura, poteva tuttavia fondatamente essere ritenuta in itinere, essendovi già sia il P.R.G. del Comune, sia l’approvazione da parte di quest’ultimo dello strumento attuativo di iniziativa privata, sia il decreto di approvazione da parte della Regione.

Tanto, alla luce dei principi sopra esposti, incide sulla valutazione del valore. Con riferimento al motivo d’impugnazione sull’entità di quest’ultimo deve rilevarsi che lo stesso manca del requisito dell’autosufficienza per la totale genericità della censura che non permette di individuare le ragioni della critica. Peraltro si deve rilevare che, secondo la parte espositiva dell’impugnata sentenza, sul punto non contestata, l’appellato contribuente-resistente aveva in subordine rilevato che ove un terreno fosse ritenuto assoggettabile ad ICI in presenza del solo P.R.G., il valore di mercato doveva essere ritenuto inferiore rispetto a quello del terreno immediatamente edificabile.

Detto motivo va pertanto rigettato.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, nonchè il difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., per non avere l’impugnata sentenza tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, la determinazione del valore imponibile dell’area è stata compiuta dal Comune mediante adozione di perizia tecnica ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 1, lett. g).

Premesso che l’articolo al quale si fa riferimento viene erroneamente indicato come n. 58, poichè trattasi dell’art. 59, comma 1, lett. g), tale censura è infondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 16702/2007; n. 9216/2007 Rv. 598088; n. 9135/2005,Rv.

583459) i regolamenti adottati ex art. 59 del citato D.Lgs.,ai sensi dell’art. 52 del citato D.Lgs., non hanno natura propriamente imperativa: trattasi di atti costituenti una mera fonte di presunzioni assimilabili alle comuni presunzioni “hominis”, quali gli “studi di settori”, “redditometri”, meri supporti razionali in cui è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti offerti dall’amministrazione ai giudice, ed utilizzabili, quali indici di valutazione. Ne consegue che il giudice potrà discostarsi dai valori negli stessi indicati, e che tanto è questione di merito non censurabile in sede di legittimità se non con riferimento alla motivazione che deve, ovviamente, dar conto dell’iter logico- giuridico seguito.

Nel caso di specie i giudici di merito hanno adeguatamente motivato facendo riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, ed ai fatto che per l’immobile de quo non si è completato l’iter amministrativo fino al punto da renderlo immediatamente edificabile. Tale motivazione è corretta nei presupposti ed esauriente ne suo svolgimento: è vero, infatti, che il citato art. 5 (che recita “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche) offre la base normativa di una diversa valutazione nel corso dello svolgimento del procedimento amministrativo dal quale consegue l’edificabilità immediata dell’area. E’ vero altresì, secondo il principio enucleato da questa Corte (Cass. n. 25506/2006) che: “L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio.” Da tanto consegue il rigetto anche di tale motivo del ricorso principale.

Anche il contribuente, con ricorso incidentale, ricorre avverso la sentenza d’appello e, con motivo unico, denuncia l’erroneità della impugnata sentenza là dove afferma che l’edificabilità quale presupposto dell’ICI non è strettamente connessa all’esistenza di piani regolatori già attuabili o particolareggiati essendo viceversa sufficiente che l’edificabilità derivi da un P.R.G. e solleva questione di illegittimità costituzionale. Deduce infatti contrasto tra il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16 (convertito in L. n. 248 del 2005) con gli art. 53 (capacità contributiva); art. 97, comma 1;

art. 53 Cost., comma 1 e 3; a sostegno il contribuente richiama le argomentazioni svolte nella sentenza n. 21644/2004 della Corte.

Tale questione, a prescindere dai profili di inammissibilità mancando di una idonea motivazione (non potendo ritenersi tale il mero rinvio alla motivazione della sentenza della Cassazione n. 21644/2004 che non contiene affatto una questione di incostituzionalità) è manifestamente infondata. Infatti la Corte Costituzionale (ord. N. 266 del 10 luglio 2008; n. 394 del 2008; n. 41 del 2008) ha già dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2005, art. 1, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nonchè agli artt. 3, 53, 97, 102 e 111 Cost., e alla L. n. 212 del 2000, n. 212, art. 3, nonchè ai principi di ragionevolezza, razionalità e non contraddizione e ciò in quanto il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, ha sostituito, in riferimento all’ICI e con effetto ex tunc, la disciplina dettata dall’indicato D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, con la conseguenza che detto art. 36, comma 2, è l’unica disposizione a trovare applicazione nel giudizio principale”.

Ad abundantiam si precisa che, con la medesima ordinanza la Corte ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2006, art. 1, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nonchè ai principi di ragionevolezza, razionalità e non contraddizione, richiamando l’ordinanza n. 41 del 2008, con cui la Corte aveva già affermato “che è del tutto ragionevole che il legislatore: a) attribuisca alla nozione di area edificabile significati diversi a seconda del settore normativo in cui detta nozione deve operare e, pertanto, distingua tra normativa fiscale, per la quale rileva la corretta determinazione del valore imponibile del suolo, e normativa urbanistica, per la quale invece rileva l’effettiva possibilità di edificare, secondo il corretto uso del territorio, indipendentemente dal valore venale del suolo; b) muova dal presupposto fattuale che un’area in relazione alla quale non è ancora ottenibile il permesso di costruire, ma che tuttavia è qualificata come “edificabile” da uno strumento urbanistico generale non approvato o attuato, ha un valore venale tendenzialmente diverso da quello di un terreno agricolo privo di tale qualificazione; c) conseguentemente distingua, ai fini della determinazione dell’imponibile dell’ICI, le aree qualificate edificabili in base a strumenti urbanistici non approvati o non attuati (e, quindi, in concreto non ancora edificabili), per le quali applica il criterio del valore venale, dalle aree agricole prive di detta qualificazione, per le quali applica il diverso criterio della valutazione basata sulle rendite catastali; che, in particolare, “la potenzialità edificatoria dell’area, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell’art. 53 Cost., in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante”.

Quanto agli altri profili denunciati (violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 10; del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. b) (interpretato dal D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. in L. n. 248 del 2005), la doglianza è palesemente inammissibile per l’assoluta genericità delle contestazioni mosse, che si risolvono in una apodittica affermazione di contrasto tra le norme indicate e la sentenza impugnata, senza alcuna specifica indicazione delle affermazioni di diritto, contenute nella sentenza, che implicherebbero tale contrasto (Cass. n. 5076/2007), e dall’altra parte in un’altrettanto vaga e del tutto apodittica doglianza sulla motivazione, censurata in quanto contraddittoria senza che vi sia una qualsiasi considerazione che metta in rilievo le parti della motivazione che non potrebbero logicamente coesistere, nè le ragioni per le quali si contraddirebbero.

Da quanto esposto consegue il rigetto del ricorso incidentale.

Tenuto conto della reciproca soccombenza di entrambe le parti le spese vengono compensate.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa interamente le spese de giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

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