Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12822 del 22/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 22/05/2017, (ud. 15/02/2017, dep.22/05/2017),  n. 12822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17820/2012 proposto da:

CHIMIPLANT S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BATTISTA,

rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO BORGESE, MARIA ANGELA

BORGESE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.P., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 214/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 09/03/2012 r.g.n. 1274/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 9 marzo 2012, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, dichiarava improcedibile, per difetto di impulso di parte, il ricorso in appello proposto dalla Chimiplant S.r.l. a fronte della pronunzia resa dal Tribunale di Palmi in accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta da A.P. avente ad oggetto la condanna della predetta Società al pagamento di importi dovuti a titolo di differenze retributive, TFR e indennità sostitutiva del preavviso.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi. L’ A. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 435 e 437 c.p.c., nonchè il vizio di omessa motivazione, deduce l’inapplicabilità al processo del lavoro dell’art. 348 c.p.c., dovendo conseguentemente ritenersi irrilevante l’assenza del procuratore della parte ricorrente all’udienza di discussione.

Nel secondo motivo la violazione di legge è predicata con riferimento all’art. 348 c.p.c., argomentandosi la nullità della sentenza, anche in ipotesi di applicabilità della predetta norma, per non essere stato comunicato il primo rinvio ad uno degli avvocati disgiuntamente incaricati della difesa della Società ricorrente.

Il primo motivo deve ritenersi infondato alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass., sez. 6^, 12.2.2015, n. 2816 ma già Cass., sez. lav., 4.3.2011, n. 5238), cui il Collegio intende dare continuità, in base al quale “La disciplina dell’inattività delle parti, dettata dal codice di procedura civile con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, trova applicazione anche alle controversie individuali di lavoro regolate dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, non essendo di ostacolo a ciò la specialità del rito da questa introdotto, nè i principi cui essa si ispira. Ne discende che, ove l’inattività si verifichi nell’udienza di cui all’art. 437 c.p.c. (…) all’assenza dell’appellante alla prima udienza ed a quella successiva di rinvio, ritualmente comunicatagli, consegue la dichiarazione di improcedibilità dell’impugnazione”.

Parimenti infondato risulta il secondo motivo, al di là dei profili di inammissibilità che pure presenta per genericità dell’impugnazione che, stante l’allegazione della sola comunicazione pervenuta all’avv. Vincenzo Borgese, non dà conto della mancata comunicazione del rinvio al secondo avvocato titolare del disgiunto mandato alla lite nel proprio domicilio diverso da quello del primo, dovendosi ribadire il principio espresso da questa Corte con la sentenza 17.6.2004, n. 11344, per il quale appunto in quanto il mandato alle liti conferito a più difensori deve presumersi disgiunto, in difetto di espressa volontà contraria della parte, la comunicazione, o la notificazione, ad uno soltanto di essi del provvedimento del giudice non può ritenersi nulla, essendo essa sufficiente per il raggiungimento dello scopo.

Il ricorso va dunque rigettato, senza attribuzione delle spese non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017

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