Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12822 del 19/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12822 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 20694-2013 proposto da:
BERTEA PLACIDO BRTPCD49E21F723K, elettivamente
domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,
presso lo studio dell’avvocato GIAN MARCO GREZ, rappresentato e
difeso dall’avvocato PAOLO BOTASSO giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
DANIELETTI FRANCESCO, BERTEA SEBASTIANO;
– intimati avverso la sentenza n. 1347/2012 della CORTE D’APPELLO di
TORINO del 12/06/2012, depositata il 26/07/2012;

34.09

Data pubblicazione: 19/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato Zammit M. Beatrice (delega avvocato Botasso)
difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. Con citazione notificata il 17 dicembre 2004 Francesco Danieletti
propose opposizione di terzo avverso la sentenza emessa ex art. 2932
cod. civ., nella causa tra Sebastiano Bertea e Placido Bertea con la
quale, in adempimento di un preliminare sottoscritto il 9 giugno 2000,
erano stati trasferiti a Placido Bertea immobili di proprietà del fratello
Sebastiano, suo debitore.
Sostenne che la pronuncia era effetto di dolo o collusione ai suoi
danni.
Placido Bertea, costituitosi in giudizio, contestò le avverse pretese.
2. Con sentenza del 23 maggio 2008 il Tribunale di Saluzzo dichiarò
l’inefficacia, nei confronti di Francesco Danieletti, della sentenza n.
679/2004, resa dal medesimo ufficio giudiziario, tra i convenuti.
Proposto gravame, la Corte d’appello di Torino, in data 26 luglio 2012,
lo ha respinto.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a queste Corte Placido
Bertea, formulando due motivi e notificando l’atto a Sebastiano Bertea
e a Francesco Danieletti.
Ric. 2013 n. 20694 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in

rigettato.
Queste le ragioni.
4. Il primo motivo, con il quale l’impugnante denuncia violazione degli
artt. 325 e 404 cod. proc. civ. nonché mancanza e contraddittorietà
della motivazione, si appunta contro l’assunto del giudice di merito
secondo cui le affermazioni del Danieletti in ordine all’epoca in cui egli
aveva appreso della esistenza della sentenza oggetto di opposizione
revocatoria (ai fini della tempestività del proposto mezzo, ex art. 325
cod. proc. civ.), non erano state oggetto di contestazione specifica in
prime cure, come emergeva dalla lettura della comparsa di risposta, e
come del resto già rilevato dal Tribunale.
Secondo l’impugnante, invece, nel primo atto difensivo egli aveva
puntualmente segnalato che, dalla stessa narrativa del libello
introduttivo, emergeva che l’esistenza del contratto preliminare e della
citazione per la pronuncia di trasferimento coattivo, ex art. 2932 cod.
civ., era stata portata a conoscena ben prima che il Danieletti notificasse
l’opposkione di teqo. Ha aggiunto che dagli atti del giudizio di primo
grado si evinceva pacificamente l’anteriorità della conoscenza di tali fatti,
da parte dell’opponente. Ha richiamato all’uopo le argomentazioni
svolte in ordine alla residenza del Danieletti e al suo intervento nella
procedura esecutiva immobiliare promossa dalla BRE sugli immobili di
Sebastiano Bertea.
5. Le critiche non hanno pregio.
Ric. 2013 n. 20694 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi

Esse sono, a ben vedere, viziate anzitutto dalla inemendabile genericità
delle allegazioni con le quali, a detta dell’esponente, sarebbe stata
contestata la data della conoscenza del dolo o della collusione indicata
in citazione dal Danieletti, posto che neppure è stato dedotto a chi
sarebbe stata comunicata l’esistenza del contratto preliminare e della

ricorrente omette del tutto sia di riportare il contenuto della citazione
nonché degli altri, non meglio individuati, atti processuali, dai quali
emergerebbe, in tesi, l’anteriorità della conoscenza di preliminare e
sentenza, da parte dell’opponente, sia di chiarire in quale scritto egli
ebbe a svolgere le argomentazioni difensive relative alla implausibilità
della rispondenza al vero della ricostruzione dei fatti esposta nel libello
introduttivo.
Ne deriva che le censure non superano il preventivo vaglio di
ammissibilità.
6. Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione di legge
nonché vizi motivazionali in ordine alla esistenza del dolo e della
collusione.
Il motivo ha ad oggetto la positiva valutazione dei presupposti per il
vittorioso esperimento dell’opposizione revocatoria, basata, secondo
l’impugnante, su mere illazioni. Esso si appunta inoltre contro la
ritenuta anteriorità del credito del Danieletti, insorto in data 13 marzo
2002, rispetto alla pronuncia della sentenza, intervenuta il 5/31 marzo
2004, senza considerare che l’anteriorità andava valutata in relazione
alla data di stipula del preliminare.
7. Anche le esposte doglianze non colgono nel segno.
Il giudice di merito ha ritenuto fondata la proposta opposizione sulla
base dei seguenti, concorrenti rilievi: Sebastiano e Placido Bertea, oltre
ad essere fratelli, dimoravano in abitazioni confinanti; svolgevano
Ric. 2013 n. 20694 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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pendenza del giudizio ex art. 2932 cod. civ. A ciò aggiungasi che il

entrambi attività di allevatori di bestiame e produttori di foraggio e
fino al giugno del 2001 avevano operato in società; il preliminare,
sottoscritto il 9 giugno 2000, fu registrato lo stesso giorno, segno di
una inusitata urgenza; i tempi di stipula del definitivo furono fissati al
30 giugno 2003, termine curiosamente lungo; il promissario agì per

nulla gli venisse opposto dal prominente, segno evidente del reale e
truffaldino intento perseguito dalle parti.

8. Trattasi di percorso argomentativo basato su dati di fatto
incontrovertibili, plausibilmente valutati dal decidente nella loro
portata indiziaria del dolo o della collusione ai danni del creditore,
secondo uno schema interpretativo coerente, sul piano logico e
giuridico, esente da aporie e da contrasti disarticolanti con il contesto
di riferimento.
Esso resiste pertanto alle critiche dell’esponente, considerato che
l’apprezzamento relativo alla sussistenza dei presupposti per
l’esperimento del mezzo di cui al secondo comma dell’art. 404 cod.
proc. civ. è, al pari di quelli dell’azione revocatoria ordinaria ex art.
2901 cod. civ., devoluto al giudice di merito e deve conseguentemente
ritenersi insindacabile in sede di legittimità se, come nella specie,
congruamente motivato.
Non è superfluo aggiungere che, avendo il creditore azionato, a tutela
dei suoi diritti, il mezzo processuale dell’opposizione di terzo
revocatoria, l’anteriorità del credito non poteva non essere valutata
rispetto alla sentenza ex art. 2932 — il cui carattere costitutivo,
contrariamente all’assunto dell’impugnante, è indiscusso e indiscutibile
(confr. Cass. civ. 3 febbraio 2014, n. 2261; Cass. civ. 3 settembre 2013,
n. 20177 — piuttosto che rispetto al preliminare.

Il ricorso appare pertanto destinato al rigetto”.
Ric. 2013 n. 20694 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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l’esecuzione specifica ben otto mesi prima della scadenza, senza che

A seguito della discussione sul ricorso, svoltasi in camera di consiglio,
il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte
nella relazione.
Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato.
La mancata costituzione della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia

La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale
pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo — ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione — del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa
per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 maggio
2015.

in ordine alle spese di giudizio.

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