Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12818 del 19/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12818 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 17019-2013 proposto da:
SPILLONE CLAUDIO SPLCLD78R04F205B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 412, presso lo studio
dell’avvocato DOMENICO DONZELLI DE STEFANO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO SANTORO giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
NATIONALE SUISSE SPA, in persona dei procuratori, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 95, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI PIERI NERLI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DANIELE CATTANEO giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 19/06/2015

nonchè contro
CARABELLI SAS DI PAOLO CARABELLI, TONIATTI
CRISTINA;

– intimati –

MILANO DEL 5/06/2012, depositata il 23/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato Giovanni Pieri Nerli difensore della controricorrente
che si riporta gli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:

1. Con citazione notificata nel dicembre del 2005 Claudio Spillone
convenne innanzi al Tribunale di Milano Cristina Toniatti; Carabelli
s.a.s. e Nationale Suisse s.p.a. chiedendo di essere risarcito dei danni
subiti a seguito del sinistro stradale verificatosi in data 17 aprile 2004.
Espose che quel giorno, mentre stava percorrendo, alla guida della
propria moto, una strada provinciale con diritto di precedenza, si era
scontrato con una autovettura condotta dalla Toniatti e di proprietà
della società Carabelli, la quale, senza rispettare il segnale di stop, aveva
impegnato l’incrocio, provocando lo scontro.
Resistettero le convenute società.
Ric. 2013 n. 17019 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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avverso la sentenza n. 335/2013 della CORTE D’APPELLO di

2. Con sentenza del 21 settembre 2010 il Tribunale rigettò la domanda.
Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello, in data 23
gennaio 2013, lo ha respinto.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte Claudio
Spillone, formulando due motivi.

3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360

bis,

inserito dall’art. 47, comma 1, lett, a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
rigettato.
Queste le ragioni.
4. Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt.
115, 116 e 244 cod. proc. civ., ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Le critiche hanno ad oggetto la mancata ammissione della prova orale,
argomentata dalla Corte territoriale con il duplice rilievo, da un lato,
che essa non era stata dedotta in conformità alle prescrizioni dell’art.
244 cod. proc. civ., non avendo l’attore indicato i nomi delle persone
da interrogare né in primo grado, nelle conclusioni iniziali e in quelle
finali, né in appello; e, dall’altro, per la genericità valutativa dei capitoli
dedotti.
Assume per contro l’esponente che le indicazioni asseritamente
omesse erano contenute nella memoria istruttoria depositata in data 7
novembre 2006, ove l’attore aveva chiesto che sui capitoli 1,2,3,4,5
venisse sentito il signor Fuso Andrea, e, sui capitoli 7,8 e 9 il legale
rappresentante ….. Aggiunge che siffatto scritto difensivo era sempre
stato richiamato nelle conclusioni.

Ric. 2013 n. 17019 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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Resiste con controricorso Nationale Suisse s.p.a.

Contesta poi il carattere valutativo delle circostanze sulle quali
dovevano essere sentiti i testimoni.
Con il secondo mezzo, denunciando violazione degli artt. 140, 145,
154 d.lgs. n. 285 del 1992, nonché insufficienza e contraddittorietà
della motivazione, ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., l’impugnante

materiale istruttorio acquisito, univocamente dimostrativo, a suo dire,
che la Toniotti non aveva rispettato il segnale di stop e aveva
impegnato l’incrocio senza verificare se sulla strada provinciale
transitassero o meno veicoli e a quale distanza gli stessi viaggiassero.

5. Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per
la loro evidente connessione, sono, per certi aspetti inammissibili, per
altri infondate.
Valga considerare che le deduzioni volte a far valere la regolarità, sul
piano formale, delle articolazioni istruttorie, oltre ad essere
curiosamente monche, nella parte in cui riproducono i nominativi delle
persone da assumere come testi, sono gravemente carenti sotto il
profilo dell’autosufficienza, posto che il ricorrente non indica l’esatta
allocazione degli atti difensivi in cui quelle articolazioni erano
contenute e successivamente richiamate, sì da porre la Corte in
condizione di verificare la rispondenza al vero delle sue allegazioni. Si
ricorda, in proposito, che le sezioni unite di questa Corte, pur avendo
chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369, secondo comma,
n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 7 del d.lgs. 2
febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso,
“gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali
il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti
contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e,
quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio,
Ric. 2013 n. 17019 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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sostiene che il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del

mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla
cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e
restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo
comma, cod. proc. civ., hanno tuttavia precisato che resta ferma, in
ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità

documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari al loro
reperimento (confr. Cass. civ. 3 novembre 2011, n. 22726).
Tali considerazioni sono assorbenti rispetto ai rilievi critici formulati in
ordine al giudizio di inammissibilità per genericità valutativa dei capitoli di
prova testimoniale articolati. Del resto la puntigliosa disamina del
materiale probatorio acquisito, effettuata dal giudice di merito, è
indicativa di una valutazione di sostanziale esaustività delle prove
raccolte.

6. Miglior sorte non hanno le critiche relative alla ricostruzione delle
modalità dell’incidente accolta dal decidente.
Mette conto sul punto evidenziare che la Corte territoriale ha ribadito
la piena condivisibilità della versione di tali modalità fatta propria dal
giudice di prime cure, e cioè che, nel momento in cui il veicolo guidato
dalla Toniatti aveva impegnato l’incrocio, la moto condotta dallo
Spillone non era neppure visibile, essendo coperta dalla sagoma di
altro mezzo che si trovava a distanza di sicurezza, di talché l’anomalo
comportamento dell’attore, che non aveva evitato l’urto, pur avendo lo
spazio e il tempo necessari per farlo, interrompeva ogni nesso
eziologico tra il sinistro e la manovra effettuata dalla convenuta.
Ora, a fronte di tale percorso argomentativo, il ricorrente si è limitato a
insistere sulla pretesa erroneità della ricostruzione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa, e cioè su asserite
insufficienze dell’approccio del decidente con gli esiti della compiuta
Ric. 2013 n. 17019 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., del contenuto degli atti e dei

istruttoria che, già denunciabili, nell’assetto normativo antecedente alla
riforma del d.l. n. 83 del 2012 convertito nella legge n. 134 del 2012
unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale (confr. Cass. civ. 26
febbraio 2003, n. 2869), possono ora emergere solo se e nella misura in
cui assumano la consistenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per

dedotto.

7. A ciò aggiungasi che la Corte territoriale ha altresì qualificato come
aspecifiche le censure formulate dall’appellante, evidenziando che le
stesse mancavano di una parte argomentativa volta a confutare e
contrastare le ragioni poste a base della decisione impugnata.
8. Ora, siffatti rilievi — integranti un’autonoma ratio decidendi della scelta
decisoria adottata — non sono stati in alcun modo contestati dal
ricorrente. Vale allora il principio per cui, qualora la sentenza sia
sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle
quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione
adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile,
per difetto di

interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo

divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non
potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (confr.
Cass. civ. 11 febbraio 2011, n. 3386).
In tale contesto il ricorso appare pertanto destinato al rigetto”.
A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione.
Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato.
Segue la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese di
giudizio.
La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo
posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità
Ric. 2013 n. 17019 sez. M3 – ud. 19-05-2015
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il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, qui neppure

dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della
sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore
contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale

fatto oggettivo — ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa
valutazione — del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa
per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la
previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano
funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle,
pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 10.500,00 (di cui euro
200,00 per esborsi), oltre spese generali e accessori, come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 maggio
2015.

pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al

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