Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12813 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. III, 25/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 25/05/2010), n.12813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15884/2009 proposto da:

D.C.L., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA V. G. GALATI 100/C, presso lo studio dell’avvocato

GIARDIELLO ENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato ROCA Antonio,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA in persona dell’Amministratore Delegato,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo

studio dell’avvocato OTTAVI Luigi, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ADRIANA MORELLI, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

L.P.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 464/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

27.1.09, depositata il 17/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

Letti gli atti depositati, osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 26 giugno 2009 P.G. e D.C.L. hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 17 febbraio 2009 dalla Corte d’Appello di Milano, confermativa della sentenza del Tribunale, che aveva respinto la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti della Vittoria Assicurazioni S.p.A. e di L.P.C. in conseguenza della morte in un sinistro stradale della loro congiunta P.R.E..

La Vittoria ha resistito con controricorso, mentre il L.P. non ha espletato attività difensiva.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 4.

La censura è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo si riferisce ad una violazione di legge (art. 2054 c.c., comma 4) che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta essere stata denunciata alla Corte d’Appello. In tale situazione, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione imponeva ai ricorrenti di indicare in quali parti dell’atto di appello avessero sollevato la questione e di riferirle testualmente. In secondo luogo, il quesito finale, anzichè postulare l’enunciazione di un principio di diritto, implica necessariamente valutazioni di merito e prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano motivazione omessa, insufficiente ovvero contraddittoria circa la pretesa sussistenza del caso fortuito e la contemporanea individuazione della sussistenza dei vizi di costruzione di una parte del veicolo. La censura, che non può prescindere dall’esame delle risultanze processuali e da apprezzamenti di fatto, attività inibite al giudice di legittimità, si conclude con un quesito che non rappresenta un momento di sintesi in armonia con i criteri sopra evidenziati e non specifica in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata si rivelerebbe, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria.

In definitiva, la Corte territoriale ha ritenuto che il sinistro sia stato causato da un fatto non prevedibile e non imputabile al L. P..

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione ovvero falsa applicazione (non specificate) dell’art. 2054 c.c., comma 1. Anche in questo caso il quesito finale, anzichè postulare l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per il giudizio ma di applicabilità generalizzata, chiede una verifica nel merito della correttezza della sentenza impugnata. L’accertamento della sussistenza o meno del caso fortuito resta inevitabilmente affidata al giudice di merito, poichè non può essere affermata in linea di principio ma deve essere verificata sulla base delle peculiarità dei casi concreti.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Entrambe le parti hanno presentato memorie; nessuna è stata ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dai ricorrenti con la memoria non sono condivisibili e non contrastano i rilievi della relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

 

 

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