Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1281 del 22/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1281 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 17113-2012 proposto da:
FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI SRL
05541630728, in persona dell’amministratore unico e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEL BABUINO 107, presso lo studio dell’avvocato SCHIANO
ANGELO R., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANCORA LUCIANO giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente contro
SANGUEDOLCE FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato MAGI
PIERPAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PETRACHI
LILIA LUCIA giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/01/2014

avverso la sentenza n. 2973/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 23/11/11, depositata il 05/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Angelo Schiano difensore della ricorrente che si

è presente il P.G. in persona del Dott. GIULIO ROMANO che
aderisce alla relazione.

Ric. 2012 n. 17113 sez. ML – ud. 24-10-2013
-2-

riporta agli scritti;

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24
ottobre 2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” Sanguedolce Francesco chiedeva al giudice del lavoro di Lecce la
condanna della Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.I., di cui

straordinario dall’1.7.98 per il lavoro eccedente le 36 ore settimanali.
L’adito giudice rigettava la domanda. Tale decisione veniva riformata dalla
Corte di appello di Lecce che, con sentenza del 5.1.2012, in parziale
accoglimento del gravame del lavoratore, condannava la Ferrovie del Sud
Est e Servizi Automobilistici s.r.l. a ripristinare l’orario di lavoro di 36 ore
settimanali a decorrere dal 1°.7.1998 ed a pagare le somme richieste
dall’attore a titolo di straordinario per le ore di lavoro effettuate oltre l’orario
d’obbligo, nei limiti della prescrizione quinquennale.
La Corte ricostruiva la vicenda aziendale del datore di lavoro, rilevando
che esso aveva assunto nel tempo differente natura giuridica, esercitando
l’attività di trasporto pubblico in regime dapprima di concessione
governativa, successivamente di azienda pubblica a seguito del
commissariamento del servizio e infine, dall’1.1.01, di società di diritto
privato a partecipazione pubblica. Riscontrava altresì l’esistenza di un uso
aziendale a contenuto negoziale diretto ad organizzare la prestazione degli
impiegati nell’arco di un orario di lavoro di 36 ore settimanali e rilevava che
tale uso era stato perpetuato dalla Gestione commissariale – pur nella
vigenza del ccnI 25.7.85 che prevedeva un orario di 39 ore – ed era, quindi,
da ritenere perdurante anche per l’attuale datore di lavoro, avente causa
della Gestione.
Avverso questa sentenza proponeva ricorso per cassazione la società
con tre motivi.
Il Sanguedolce resiste con controricorso.
Con il primo motivo del ricorso ( indicato con il numero 0) si denunzia
“errore in procedendo e in giudicando” laddove la Corte non aveva ritenuto
prescritto il diritto azionato per prescrizione. Si assume, infatti, che il
I

era dipendente, al pagamento delle differenze retributive maturate a titolo di

comportamento tenuto dalla società ricorrente doveva essere qualificato in
termini di illecito istantaneo e, quindi, il termine prescrizionale decorreva dal
provvedimento del 1994 con il quale era stato interrotto l’uso aziendale.
Il motivo è infondato.
Nel caso in esame vengono richieste differenze retributive. Il fatto
costitutivo del diritto azionato — ovvero la retribuzione per il lavoro

prestazione oltre il detto orario. Il termine prescrizionale, quindi, non può
che decorrere dalla maturazione del diritto alla retribuzione.
Con il secondo motivo ( indicato con il numero 1) la ricorrente deduce
violazione delle norme dei contratti collettivi e carenza di motivazione,
rilevando che il rapporto di lavoro fino al 31.12.00 (data di cessazione della
Gestione commissariale) rientrava nel pubblico impiego ed era, quindi,
indifferente all’eventuale uso aziendale, atteso che il D.Lgs. n. 80 del 1998,
art. 2 aveva previsto la esclusiva regolamentazione contrattuale del
rapporto in questione. Conseguentemente, nessun obbligo poteva ritenersi
sorto a carico dell’avente causa società Ferrovie del Sud Est.
Con il terzo motivo ( indicato con il numero 2) è dedotta violazione degli
artt. 1362 e segg., 1322, 1326, 1339 e 1419 c.c., nonché difetto di
motivazione, ritenendosi incompatibili sia l’uso aziendale con un rapporto di
lavoro regolato del R.D. 8 gennaio 1931, n. 146 e, in ogni caso, la semplice
prassi aziendale era incompatibile con il principio di generalità ed uniformità
del rapporto di lavoro pubblico.
Entrambi i motivi sono infondati
Va rilevato che questa Corte, a Sezioni unite (sentenza 13.12.07 n.
26107), pronunziando su ricorso della s.r.l. Ferrovie del Sud Est, ha
confermato la sentenza della stessa Corte di appello ( n. 1821 del 2005)
che aveva riconosciuto ai dipendenti della ex Gestione commissariale
governativa per le Ferrovie del Sud Est il compenso per lavoro straordinario
eccedente le 36 ore lavorative. La sentenza, al pari di quella ora impugnata,
aveva accertato che l’orario normale di lavoro era stato così fissato in forza
di prassi aziendale risalente al 1945 (quando il rapporto di lavoro era di
natura privatistica) e poi recepita dal D.M. Trasporti 20 settembre 1985, n.

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straordinario svolto oltre le 36 ore — è, dunque, lo svolgimento della

976, il quale, riscattando la concessione ferroviaria e disponendo la
gestione commissariale governativa dell’azienda, faceva assumere natura
pubblica al rapporto lavorativo medesimo, assicurando al personale
dipendente la conservazione di tutti i diritti maturati in epoca anteriore, così
da mantenere invariato l’orario lavorativo sino a diversa regolamentazione
proveniente dalla contrattazione collettiva.

generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei
confronti dei propri dipendenti integra, di per sè, gli estremi dell’uso
aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle cd.
fonti sociali – tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il
regolamento d’azienda e che sono definite tali perché, pur non costituendo
espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi
individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti
con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda agisce sul piano dei singoli rapporti individuali alla stesso modo e con la
stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale.
In particolare, circa la compatibilità di detto istituto con il rapporto di lavoro
pubblico privatizzato, le Sezioni unite hanno precisato che: “nella specie poi
non occorre neanche evocare la categoria della prassi aziendale e porsi il
problema della sua compatibilità con la trasformazione del rapporto di
lavoro da privato a pubblico a seguito del “riscatto” della concessione
perché in realtà … la risalente prassi aziendale (fin dal 1945) di un orario
settimanale di 36 ore, formatasi nel regime privatistico del rapporto, era
stata recepita nel cit. D.M. 20 settembre 1985, n. 976, che, tra l’altro,
assicurò al personale dipendente la conservazione di tutti i diritti maturati in
epoca anteriore al riscatto della concessione. Ciò, beninteso, non
significava certo un diritto quesito ad un più favorevole orario di lavoro
rispetto a tutti gli altri lavoratori del settore del trasporto ferroviario. Ma
significava solo che l’orario di lavoro dopo il riscatto della concessione era
rimasto invariato e tale avrebbe continuato ad essere fino ad una diversa
regolamentazione di pari livello alla fonte originaria, ossia ad una
contrattazione collettiva aziendale, atteso che – come già rilevato – nel

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Le Sezioni Unite hanno affermato che la reiterazione costante e

lavoro pubblico prima (in ragione della cit. legge quadro sul pubblico
impiego) e, successivamente, anche nel lavoro pubblico privatizzato (in
ragione della normativa cit. sul lavoro pubblico privatizzato) l’orario di lavoro
costituisce materia demandata alla contrattazione collettiva”.
Essendosi il giudice di merito uniformato a tali principi, si propone il rigetto
del ricorso perché manifestamente infondato con ordinanza, ai sensi dell’art.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. con la quale si
ripropongono sostanzialmente le medesime argomentazioni di cui al ricorso.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione ritenendo, quindi, il
ricorso infondato e da rigettare.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente alle spese del presente
giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 2.500,00 per
compensi, oltre accessori come per legge, con distrazionea ,
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013
Il Presidente

(Ami („2„/

i
tir 1,43Jv

375 cod. proc. civ., n. 5.”.

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