Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12806 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21724-2016 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI

UBALDI 330, presso lo studio dell’avvocato MARIA ASSUNTA IASEVOLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO IASEVOLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO UFFICIO PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2352/2016 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 14/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. in causa relativa alla legittimità del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in forza del quale un immobile di proprietà di A.M. e per cui quest’ultima aveva proposto, con procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701, c.d. procedura Docfa, l’accatastamento nella categoria C/1, classe 3, con rendita tra Euro 631,01 ed Euro 1908,41, era stato accatastato nella categoria C/1, classe 8, con attribuzione di maggiore consistenza – non 149 mq come indicato dalla proprietaria ma 164 mq – e di rendita pari a Euro 4.505,98, la commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 2352 deposita il 14 marzo 2016, affermava che, al contrario di quanto eccepito dalla contribuente, il provvedimento non era da considerarsi illegittimo per difetto di motivazione essendovi individuato l’immobile con i relativi dati catastali ed avendo l’ufficio prodotto un elenco degli immobili di categoria C/1 considerati ai fini dell’analisi comparativa, affermava altresì che “quanto alla consistenza,… dalla scheda dell’ufficio, riportante le caratteristiche dell’immobile accertato, non risultano superfici esterne, per cui la stessa va confermata in mq. 149”, rilevava che la contribuente, “al di là della perizia giurata”, non aveva fornito altri elementi a sostegno della dedotta correttezza della rendita indicata con Docfa, con ciò, “venendo meno anche a quanto disposto dal D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 75”, concludeva che era “attribuibile al detto immobile la categoria C/1, classe 7, con consistenza di 149 mq”;

2. la contribuente, con ricorso basato su tre motivi, chiede che la suddetta sentenza sia cassata;

3. l’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, la contribuente censura la sentenza sotto due profili. Sostiene che essa, per l’affermazione della non necessità del sopralluogo, contrasti con il D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, e, per l’affermazione della sufficienza, ai fini motivazionali, della indicazione dell’immobile e dei relativi dati catastali, contrasti con la L. n. 212 del 1990, artt. 2 e 7;

2. con il secondo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la commissione ritenuto, da un lato, che l’Agenzia avesse assolto all’onere di provare il fondamento della pretesa impositiva mediante un elenco di immobili siti nella stessa circoscrizione, senza considerare che detto elenco era “generico e non attendibile”, dall’altro lato, che essa contribuente non avesse dimostrato l’esattezza del classamento proposto con docfa laddove invece, in considerazione delle risultanze della perizia giurata, sarebbe stato da ritenersi il contrario;

3. con il terzo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 75, per avere la commissione erroneamente ritenuto che detto articolo imponesse ad essa contribuente di provare l’esattezza del classamento proposto;

4. il primo motivo di ricorso è inammissibile. Quanto al profilo di censura, incentrato sulla pretesa erroneità della sentenza per avere la commissione ritenuto irrilevante il sopralluogo, l’inammissibilità deriva dal fatto che detta censura, diretta contro un’affermazione fatta dalla commissione solo in via di generale premessa, risulta essere stata proposta non nel ricorso originario (v. pagine 2 e 3 del ricorso per cassazione) ma, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, solo in appello (v. pagina 5 del ricorso per cassazione). Solo per completezza si aggiunge che la Corte ha già precisato, nella ordinanza n. 5600 del 06/03/2017 che “In tema di classamento, il metodo di valutazione, per gli immobili della categoria ordinaria, è quello della stima comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche del bene e sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe di appartenenza, mentre è soltanto per gli immobili a destinazione speciale, il cui valore risulta dalla sommatoria di più fattori, che è necessaria la stima diretta con sopralluogo”. Quanto alla dedotta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, l’inammissibilità deriva da difetto di autosufficienza (art. 366 c.p.c.). Premesso che la commissione, evidenziando che dalla stessa “scheda dell’ufficio” ossia da (un allegato de) l’atto impugnato non si ricavava una superficie diversa da quella indicata dal contribuente nel docfa, ha rimarcato che il riferimento al maggiore dimensione era solo un errore materiale non incidente sulla stima in effetti operata dall’ufficio, le affermazioni della commissione sono in sè e per sè rispettose dei principi di diritto stabiliti da questa Corte in tema di motivazione degli atti di classamento conseguenti a procedura docfa, per il caso in cui, come nella specie, il classamento sia fondato sugli stessi elementi di fatto indicati dal contribuente e la discrasia tra classamento proposto e classamento attribuito derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati. In base a tali principi, l’obbligo di motivazione è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi dell’immobile e dalla classe attribuita (v. tra altre, Cass. n. 12497 del 16/06/2016). Tutto ciò premesso, onde consentire alla Corte di poter valutate se dette affermazioni, malgrado la contraria apparenza, siano effettivamente irrispettose della L. n. 212 del 2000, art. 7, la contribuente avrebbe dovuto trascrivere nel ricorso o allegare al ricorso per cassazione il provvedimento impugnato. La trascrizione e l’allegazione mancano;

5. il secondo motivo di ricorso è inammissibile. L’art. 2697 c.c., stabilisce che “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”. La commissione ha posto a fondamento della decisione fatti provati dall’amministrazione (la quale, nel giudizio tributario di annullamento, è attrice in senso sostanziale) ed ha precisato che le eccezioni sollevate dalla contribuente (convenuta in senso sostanziale) non sono state dimostrate. La contribuente, al di là del riferimento all’art. 2697 c.c., mira, con il motivo in esame, ad ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una nuova valutazione nel merito del materiale istruttorio;

6. in conseguenza dell’inammissibilità del secondo motivo di ricorso e visto l’art. 100 c.p.c., è parimenti inammissibile il terzo motivo. L’affermazione censurata con quest’ultimo motivo è infatti meramente accessoria e consequenziale rispetto a quella oggetto del secondo motivo. La commissione ha detto che il contribuente non aveva fornito prova della correttezza della rendita indicata con Docfa ed era quindi venuta anche meno (“venendo meno anche”) a quanto disposto dal D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 75. Dato che quanto detto in premessa resta fermo (per essere il secondo motivo di ricorso inammissibile), non vi è interesse alla censura su quanto detto in via accessoria e consequenziale. Solo per completezza si aggiunge che la Corte, con la pronuncia n. 4238 del 24 febbraio 2006, ha precisato che “In tema di classamento ed accertamento catastale, la Disp. del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 75, che fa obbligo al contribuente che impugni l’accatastamento del proprio fabbricato di indicare le altre unità immobiliari aventi le medesime caratteristiche, e tuttavia collocate in una diversa classe o categoria, va letta in sintonia con i principi in materia di diritto di difesa in giudizio, sicchè non può essere considerata norma in grado di derogare alle comuni regole in tema di inammissibilità dell’azione e di contenuto e ripartizione dell’onere della prova. Ciò comporta che il contribuente può impugnare il classamento anche anche senza dedurre la detta disparità di trattamento, la quale, pur rappresentando una circostanza indubbiamente rilevante, non rappresenta per l’interessato l’unico modo per dimostrare la spettanza di una diversa collocazione del bene”. L’affermazione censurata con il motivo in esame non contrasta affatto con detto disposto legislativo. La commissione ha proceduto, sulla base degli elementi forniti dall’ufficio a dare un determinata classificazione all’immobile escludendo che, a sostegno della tesi della parte privata, la quale avrebbe tratto un valido supporto probatorio dal raffronto con altri immobili similari, fosse stata data alcuna prova;

7. il ricorso è inammissibile;

8. non vi è luogo a pronuncia sulle spese perchè l’Agenzia ha omesso di difendersi;

9. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile;

dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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