Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12806 del 25/05/2010
Cassazione civile sez. III, 25/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 25/05/2010), n.12806
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.F.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO
21, presso lo studio dell’avvocato CASANOVA STEFANIA, rappresentata e
difesa dall’avvocato PANICO ANTONIO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
CONSAP SPA, Concessione Servizi Assicurativi Pubblici spa socio unico
– Gestione Autonoma del Fondo di Garanzia per le Vittime della
Strada, (di seguito solo CONSAP SPA), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
COLA DI RIENZO 297, presso lo studio dell’avvocato AFFATATO MARIA
GRAZIA, rappresentata e difesa dagli avvocati MAGALDI RENATO, FERRONI
EMILIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 33/2008 del TRIBUNALE di NAPOLI, SEZIONE
DISTACCATA di MARANO, depositata il 18/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;
udito l’Avvocato Magaldi Renato, difensore della controricorrente che
si riporta agli scritti;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. LECCISI Giampaolo che nulla
osserva rispetto alla relazione scritta.
La Corte, letti gli atti depositati:
Fatto
OSSERVA
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 Con ricorso notificato il 18 febbraio 2009 D.F.R. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 18.1.2008 dal Tribunale di Napoli, che aveva dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Marano, il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta nei confronti della Consap – Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici – S.p.A. La Consap ha resistito con controricorso.
2 – Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 c.p.c. in merito alla determinazione del valore della causa e dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 339 c.p.c., comma 2 in punto di inappellabilita’ delle sentenze del giudice di Pace.
Sottopone all’esame della Corte due quesiti mediante i quali, riferite le conclusioni rassegnate in primo grado, chiede se la domanda debba essere considerata di valore non superiore ad Euro 1.100,00, quindi da decidersi secondo equita’, oppure – alla stregua della volonta’ manifestata dall’attore -di valore rientrante nella competenza del giudice adito e se, di conseguenza, la sentenza possa essere impugnata con ricorso per Cassazione oppure con appello.
3. I quesiti sono stati formulati in termini tali da non postulare l’enunciazione di un principio di diritto decisivo della controversia e, nel contempo, di applicabilita’ generalizzata, ma piuttosto da richiedere, pur non essendo stato addotto alcun vizio di motivazione, una verifica dell’interpretazione data alla domanda proposta avanti al Giudice di Pace dal Tribunale, che l’ha ritenuta compresa nei limiti del giudizio di equita’ “necessario”.
D’altra parte la D.F. aveva chiesto una somma specificamente indicata (“L. 500.000, oltre interessi, rivalutazione secondo indici Istat, interessi sulla somma rivalutata, nonche’ gli interessi ex art. 1283 c.c. a decorrere dalla domanda giudiziale ovvero dalla data di pronuncia della sentenza”) certamente inferiore a L. 2.000.000, pari ad Euro 1.100,00 che costituiscono il limite del giudizio secondo equita’. Non induce a diversa statuizione la circostanza che avesse aggiunto la frase “il tutto da contenersi nei limiti della competenza del Giudice adito” poiche’ essa ha valore e significato di mera clausola di stile, non essendo stata preceduta dalla espressione “minore o maggiore somma” che avrebbe reso il valore della causa indeterminato e, quindi, contenuto nei limiti massimi della competenza del giudice adito.
4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione ed ha preliminarmente rilevato la palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3; infatti (Cass. S.U. n. 16628 del 2009) la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per Cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilita’, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non puo’ ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, ne’ accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, l’intero ricorso di primo grado e il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura; alle medesime conclusioni si deve pervenire (Cass. Sez. 3^, n. 20393 del 2009) allorche’ si pretenda di assolvere al suddetto requisito mediante l’assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica (ovvero mediante scanner), senza che ad essa si faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e, processuale, ne’ in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi ne’ nell’ambito della loro illustrazione;
che il ricorso deve percio’ essere dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010