Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12806 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 10/06/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 10/06/2011), n.12806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25202-2008 proposto da:

A.L., M.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato

COSSU BRUNO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PICCININI ALBERTO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

21/23, presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO TOSI, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 478/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 19/10/2007 R.G.N. 695/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato BOMBOI SAVINA per delega COSSU BRUNO;

udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA per delega RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza del 16 ottobre 1996, il Pretore di Reggio Emilia, accoglieva in parte la domanda proposta da D.F.U. ed altri, tra cui M.G. e A.L., ricorrenti nei confronti della società Banco di Napoli s.p.a. e dichiarava il diritto degli stessi a conservare il trattamento di pensione con il precedente sistema perequativo di favore dal primo gennaio 1994 fino al 17 agosto 1995, data di entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, e condannava la società convenuta a corrispondere ai medesimi ricorrenti le maggior somme riconosciute, oltre accessori.

2. Ed infatti, i suddetti ricorrenti, premesso di essere passati alle dipendenze del suddetto Istituto di credito, di essere stati posti in quiescenza – alcuni in epoca anteriore al 31 dicembre 1990 (i soli M.G. e A.L.), ed altri in periodo successivo benchè antecedente al 31 dicembre 1992 – deducevano di aver ricevuto emolumenti di ammontare inferiore a quello dovuto perchè non era stato attuato, in violazione della Legge Delega 30 luglio 1990, n. 218 e del D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 4 il sistema di perequazione automatica, prevedendo l’aggancio del trattamento di pensione alla retribuzione dei dipendenti di pari grado in servizio.

Nei loro confronti, invece, era stato applicato il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11 che prevedeva un sistema di perequazione automatico delle pensioni collegato esclusivamente all’adeguamento del costo della vita, secondo il sistema vigente nell’assicurazione generale obbligatoria.

3. Avverso la suddetta pronuncia proponeva appello il Banco di Napoli s.p.a.. Il Tribunale di Reggio Emilia, accoglieva l’impugnazione e con sentenza del 21 gennaio 1999 rigettava la domanda proposta dal D.F. ed altri.

4. Nei confronti della sentenza emessa in grado di appello veniva proposto da quest’ultimi ricorso per cassazione.

4.1. Il Giudice di legittimità, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 9023 del 2001 accoglieva in parte il ricorso, cassava la sentenza di appello limitatamente ai profili accolti, rinviando la causa alla Corte di Appello di Bologna la quale, compiuti i necessari accertamenti sulla data in cui ogni singolo pensionato era stato posto in stato di quiescenza, dopo aver ripercorso le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata, e rilevato che era intervenuta la disciplina dettata dalla L. n. 234 del 2004 – la cui interpretazione aveva costituito oggetto di diverse pronunce della Corte di cassazione affermava che la perequazione di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11 si applicava anche ai già pensionati al 31 dicembre 1990 di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 3.

Quindi in riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 470 del 1996 rigettava le domande proposte da M. G. e A.L..

In particolare, la Corte d’Appello affermava che non potevano esservi dubbi sull’applicabilità del citato comma 55 alle pensioni per cui era causa, nel senso che a partire dai ratei maturati dal 1 gennaio 1994 la perequazione generale doveva applicarsi a tutte le pensioni integrative dei dipendenti degli enti pubblici creditizi, qualunque fosse la data del pensionamento, inclusi cioè i pensionati di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 3.

Diversamente nulla cambiava per il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1990, la cui disciplina perequativa restava quella di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 9, comma 2.

5. Ricorrono per la cassazione della suddetta sentenza M. G. e A.L., prospettando un unico motivo di impugnazione.

6. Resiste con controricorso la società Intesa Sanpaolo IMI s.p.a., nella sua qualità di incorporante il Banco di Napoli, che ha, altresì, depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è prospettata erronea e falsa applicazione della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 55.

In ordine allo stesso veniva articolato il seguente quesito di diritto:

dica la Corte se la questione di incostituzionalità della norma di cui alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 55 sia non manifestamente infondata per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 24, 25, 36, 38, 39, 40, 41, 47, 53, 101, 102, 103, 104, 108 e 111 Cost. e, quindi, se l’odierno giudizio debba essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale;

dica la Corte se, stante l’illegittimità costituzionale della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 55, gli ex dipendenti del Banco di Napoli, già pensionati alla data del 31 dicembre 1990, debbano conservare, per tutto il periodo compreso tra il 1 gennaio 1994 e il 27 luglio 1996, il sistema di perequazione automatica delle pensioni così come preesistente all’entrata in vigore della L. n. 421 del 1992 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, e quindi, all’adeguamento dei trattamenti pensionistici mensili come per essi disciplinati dalla deliberazione del C.d.A. del Banco di Napoli del 17 gennaio 1993, con conseguente aggancio dei medesimi trattamenti alla retribuzione dei pari grado in servizio.

2. Il motivo non è fondato.

2.1. Occorre premettere che la Corte d’Appello riteneva che la controversia andava decisa nel senso che la perequazione di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 11, si applicava anche ai già pensionati al 31 dicembre 1990, di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 3.

2.2. E’ noto che sul problema della perequazione automatica delle pensioni integrative del personale del Banco di Napoli si era formata una giurisprudenza costante, sulla base della quale i lavoratori collocati a riposo prima del 31 dicembre 1990 conservavano il diritto all’integrazione, diritto che sopravvive alla L. n. 421 del 1992 ed al D.Lgs. n. 503 del 1992.

Tale regime perequativo termina il 26 luglio 1996: in tal senso “ex multis” Cass. S.U. n. 9023 e n. 9024 del 2001, cui la giurisprudenza successiva si è uniformata.

Con la L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 55, si è stabilito che la normativa sopra richiamata deve intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni, come prevista dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 1, si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 3.

Ne deriva, stante il carattere di interpretazione autentica del suddetto comma 55 (Corte cost., sentenza n. 362 del 2008, di cui infra), che tutto il contenzioso con gli ex dipendenti del Banco di Napoli inerente alla perequazione automatica secondo regole peculiari – e peraltro per un periodo di tempo limitato, come statuito dal giudice di appello – deve chiudersi con il rigetto delle domande attrici.

La suddetta norma di interpretazione autentica ha superato il vaglio di legittimità costituzionale, sollecitato da questa stessa Corte di cassazione sotto diversi profili, come da sentenza della Corte costituzionale n. 362 del 2008.

Stante la citata pronuncia della Corte Costituzionale, e non ravvisandosi ragione alcuna per sollevare nuovamente la stessa questione sotto altri profili, non rimane che dare applicazione alla norma di interpretazione autentica, così disattendendo la tesi di una pur limitata sopravvivenza del sistema di perequazione automatica invocato dagli attori (Cass. n. 20974 del 2009).

Ed invero, il Giudice delle Leggi ha affermato che la natura interpretativa della suddetta disposizione risulta chiara dal fatto che il legislatore si è limitato, con la stessa, ad assegnare alle disposizioni interpretate un significato rientrante tra le possibili letture del testo originario e che non era fondata la prospettata compromissione del ruolo nomofilattico della Corte di cassazione, perchè il legislatore può porre norme che precisino il significato di altre norme, non solo ove sussistano situazioni di incertezza nell’applicazione del diritto o siano insorti contrasti giurisprudenziali, ma pure in presenza di indirizzi omogenei (anche di legittimità), se la scelta imposta per vincolare il significato ascrivibile alla legge anteriore rientra tra le possibili varianti di senso del testo originario.

3.Per i suesposti motivi, il ricorso deve essere rigettato. Il fatto che sia intervenuta una legge di interpretazione autentica per dirimere una questione oggettivamente opinabile, induce a compensare le spese di giudizio, ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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