Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12800 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 13/05/2021), n.12800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30893-2019 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA Via GIOVANNI

NICOTERA n. 29, presso lo studio dell’avvocato GIULIA SARNARI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M.I.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BAIAMONTI N. 10, presso lo studio dell’Avvocato MARIA TERESA

MANENTE, rappresentata e difesa dall’Avvocato GIOVANNA FAVA;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE SUPREMA CASSAZIONE ROMA;

– intimato –

avverso il decreto della CORIE D’APPELLO di BOLOGNA, depositato il

14/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Bologna, con decreto n. 4081/2019 depositato il 14-7-2019 e notificato il 17-7-2019 ha parzialmente accolto il reclamo proposto da G.M.I.E. e, in riforma del decreto impugnato del Tribunale di Reggio Emilia, con il quale era stato revocato l’assegno divorzile di Euro 700 disposto in favore della reclamante con la sentenza dello stesso Tribunale di divorzio congiunto n. 1454/2006, ha ridotto, a far tempo da gennaio 2018, l’assegno divorzile in favore di G.M.I.E. e a carico di F.R., all’importo mensile di Euro350, oltre rivalutazione Istat dopo un anno dalla decisione.

2. Avverso detto provvedimento F.R. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, a cui resiste con controricorso G.M.I.E..

3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che la Corte di Appello di Bologna sia incorsa nella violazione art. 5 L. sul divorzio, laddove, in sede di modifica delle regolamentazioni economiche, è stato riconosciuto il diritto all’assegno divorzile in capo alla ex coniuge. Ad avviso del ricorrente era stata accertata la sopravvenuta mancanza di una apprezzabile sperequazione reddituale tra gli ex coniugi e nel processo non erano emersi elementi di prova sulla funzione compensativo perequativa dell’assegno divorzile.

3.1. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte di Appello di Bologna sia incorsa nella violazione dell’art. 2729 c.c., oltre che dell’art. 5 citato, per avere desunto in via presuntiva dai soli elementi fattuali della durata del matrimonio e dalla nascita di una figlia la prova della sussistenza della necessità compensativa – perequativa prevista dall’art. 5 L. sul divorzio e, quindi, di avere ritenuto fondata la pretesa dell’ex moglie di riconoscimento del diritto all’assegno divorzile.

3.2. Con il terzo motivo lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 5, e la nullità della decisione impugnata ex art. 132 c.p.c. comma 1, n. 4. Deduce di avere richiesto l’ammissione di prova per testimoni per dimostrare i ruoli familiari svolti da ciascun coniuge nel corso della vita matrimoniale e sul punto la Corte di Appello aveva omesso di esprimere ogni valutazione, nonostante i fatti fossero in contestazione tra le parti e decisivi per il giudizio in base alla nuova interpretazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287/18.

4. Il primo motivo è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.

4.1. Occorre premettere che la Corte d’appello, nel dare atto che la G. invocava, a sostegno delle proprie ragioni, l’orientamento di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287/2019 (pag. 2), ha rilevato che con la sentenza definitiva di divorzio consensuale del 2006 era stato attribuito all’ex moglie l’assegno divorzile di Euro 700 senza che fossero esplicitati gli elementi di fatto e le ragioni attributive dell’assegno concordato tra le parti ed ha ravvisato sussistente un peggioramento delle condizioni economiche dell’ex marito, tale da giustificare, quale motivo sopravvenuto, il dimezzamento dell’assegno divorzile a favore dell’ex moglie, nell’importo concordato tra le parti nel 2006 in sede di divorzio congiunto (Euro 350 in luogo di Euro 700).

4.2. Ciò posto, secondo il più recente e innovativo orientamento di questa Corte, consolidatosi a seguito della pronuncia n. 18287/2019 delle Sezioni Unite di questa Corte, citata anche nel decreto impugnato, la sproporzione economica di non modesta entità tra le situazioni patrimoniali complessive degli ex coniugi si configura come prerequisito fattuale e non è più il fattore primario per l’attribuzione dell’assegno divorzile (cfr. Cass. n. 32398/2019). Soprattutto, poi, la rilevanza dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente va accertata considerando che l’assegno è finalizzato a garantire un livello reddituale parametrato alle pregresse dinamiche familiari ed è perciò necessariamente collegato, secondo la composita declinazione delle sue tre componenti -assistenziale, perequativa e compensativa -, alla pregressa storia coniugale e familiare, senza che sia consentito travalicare nell’indebita locupletazione ai danni dell’altro coniuge. In quest’ottica, deve valutarsi il contributo di ciascuno degli ex coniugi alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali eventualmente sacrificate.

4.3. Tale innovativo indirizzo deve orientare l’indagine anche nel giudizio di revisione, ove, come nel caso in esame, sia stata accertata dai Giudici di merito la sopravvenienza di fatti nuovi (nella specie pensionamento dell’ex marito e significativa riduzione dei suoi redditi, a fronte di un incremento della consistenza patrimoniale della situazione dell’ex moglie e di una esigua riduzione del suo reddito, già da lavoro, a seguito del pensionamento). Pertanto, la sopravvenienza di fatti nuovi, astrattamente idonea ad integrare il giustificato motivo di riduzione o soppressione dell’assegno, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, deve inserirsi nel quadro di una rinnovata valutazione comparativa da effettuarsi, in applicazione dei nuovi criteri, con riguardo non solo alla situazione economica delle parti, ma anche al ruolo di ciascun ex coniuge nelle pregresse dinamiche familiari, e ciò al fine di accertare se il mutamento sopravvenuto sia oggettivamente idoneo ad alterare l’equilibrio già determinato al momento della pronuncia di divorzio.

Va, inoltre, ribadito che in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perchè possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali (Cass. n. 1119/2020), mentre non può ricomprendersi tra i “giustificati motivi” la, sola, diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, ossia senza che ricorra una sopravvenienza fattuale di rilevanza.

4.4. La Corte di merito non si è attenuta ai suesposti principi ed in particolare, dopo aver accertato il mutamento fattuale delle condizioni economiche delle parti, si è limitata a richiamare la durata della convivenza matrimoniale e la nascita di una figlia e non ha svolto alcuna indagine volta ad accertare se e in che misura il sopravvenuto venir meno dello squilibrio economico-patrimoniale tra gli ex coniugi abbia inciso, nel caso concreto, sulla finalità dell’assegno divorzile, che, come si è detto, è quella di garantire al coniuge beneficiario un livello reddituale parametrato al suo ruolo endo-familiare, in imprescindibile collegamento, secondo la complessa declinazione delle tre componenti -assistenziale, perequativa e compensativa-, con la pregressa storia coniugale e familiare.

5. Dall’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento dei motivi secondo e terzo.

6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, merita accoglimento, nei limiti precisati, il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri, con la cassazione del decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

PQM

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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