Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12800 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12800 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PICARONI ELISA

SENTENZA
sul ricorso 22119-2008 proposto da:
Dog- 6iz – 1, 0 111— P

SUELE DI MORBIDI SUSANNA ORA MORBIDI GIUSEPPE & C SAS

in persona del legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato
VENETO 96, presso lo

in ROMA, VIA VITTORIO

studio dell’avvocato LUCENTE

GIOVANNI, che lo rappresenta
2014

e difende unitamente

all’avvocato CRICCA GIAN CARLO;
– ricorrente –

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contro

BASTERI MAFALDA BSTMLD33D42F0230, LAZZINI PRIMO
LZZPRM31E13F023X, elettivamente domiciliati in ROMA,

Data pubblicazione: 06/06/2014

VICOLO ORBITELLI 31, presso lo studio dell’avvocato
ZENO ZENCOVICH VINCENZO, rappresentati e difesi
dall’avvocato ROSSI GIAN CARLO;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 236/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/03/2014 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI;
9 1/1249–od”

udito \(l’Avvocato ZENO ZENCOVICH Vincenzo, difensore
dei resistenti che si riporta alle difese depositate
ed insiste sull’inammissibilità del ricorso, ha
depositato nota spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il
rigetto dello stesso.

di GENOVA, depositata il 26/02/2008;

Ritenuto in tetto
l. – È impugnata la sentenza della Corte d’appello di Genova, notificata il 12 giugno 2008, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Massa, di condanna della Suele s.a.s.

confine con la proprietà di Primo Lazzini e di Mafalda Basteri, in violazione delle distanze legali, nonché al risarcimento dei danni.
1.1. – I sigg.ri Lazzini-Basteri, proprietari di un immobile sito in Massa a confine con la proprietà Suele s.a.s.,
avevano agito in giudizio deducendo che la predetta società,
in forza di concessione edilizia ottenuta per la ristrutturazione dell’immobile di sua proprietà, aveva demolito il precedente manufatto, realizzandone uno nuovo in violazione delle
distanze legali.
La Suele s.a.s. si era costituita contestando di aver ristrutturato il proprio immobile nel rispetto delle norme ed
aveva chiesto, in via riconvenzionale, la condanna degli attori all’arretramento di alcuni manufatti e al risarcimento dei
danni conseguenti a lavori edilizi effettuati nella loro proprietà.
1.2. – All’esito dell’istruttoria, durante la quale era
disposta CTU, il Tribunale di Massa aveva accolto la domanda
degli attori e rigettato la domanda riconvenzionale.

di Morbidi Susanna & C. a demolire il manufatto realizzato a

1.3. – Proponeva appello la Suele s.a.s., chiedendo
l’accoglimento delle conclusioni formulate in primo grado; si
costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello.
2. – Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, la Cor-

2.1. – Osservava in particolare la Corte d’appello che
dalla CTU emergeva chiaramente la realizzazione, da parte della Suele s.a.s., di una costruzione diversa, per volumetria e
struttura portante, da quella preesistente. Non si trattava,
pertanto, di ristrutturazione, e cioè di mera sostituzione del
vecchio con il nuovo ma, secondo i criteri affermati dalla
giurisprudenza di legittimità, di costruzione nuova, che avrebbe dovuto essere edificata rispettando la distanza di ,5
metri dalla proprietà confinante, prevista dal PRG. Analogamente, in quanto costruzione nuova e non ristrutturazione, la
preesistenza di un muro a distanza inferiore a quella indicata
dal PRG non valeva a rendere legittima la situazione.
2.2. – Neppure era decisiva, secondo la Corte d’appello,
la convenzione stipulata nel 1964 tra i sigg.ri LazziniBasteri e il dante causa della Suele s.a.s., con la quale si
consentiva a quest’ultimo di costruire «sempre a distanza di
tre metri dal confine, limitando però in altezza la erigenda
costruzione a tre metri». Occorreva, infatti, tenere conto
dell’intero contenuto della convenzione, alla luce della normativa sulle distanze allora vigente, rispetto alla quale la

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te d’appello di Genova rigettava il gravame.

suddetta convenzione era in alcuni punti limitativa. In particolare, la previsione specificamente invocata dalla società
appellante doveva essere letta in stretta correlazione con
quella contenuta nella clausola n. 2 della medesima convenzio-

ponente, allo scopo di non privare il terreno e la casa di
proprietà degli appellati della visuale su via Fiume. A ciò
seguiva che il vincolo a costruire ad altezza non superiore a
tre metri doveva ritenersi assoluto, e non collegato al mantenimento della distanza di tre metri dal confine.
L’interpretazione proposta dalla società appellante, secondo cui la convenzione avrebbe legittimato la costruzione di
un manufatto di qualsiasi altezza, purché posizionato a distanza, anche di pochi centimetri, superiore a tre metri, rendeva la convenzione sostanzialmente priva di significato.
2.3. – La Corte d’appello rilevava infine che non vi era
stata alcuna pronuncia del Tribunale riguardo alle terrazze,
che non erano interessate dalle demolizioni, sicché era evidente il difetto di interesse dell’appellante sul punto.
3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso la Suele s.a.s., sulla base di due motivi.
Resistono con controricorso i sigg.ri Lazzini-Basteri, i
quali depositano memoria in prossimità dell’udienza.
Considerato in diritto
l. – Il ricorso deve essere rigettato.

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ne, che escludeva l’edificabilità nella parte di terreno verso

1.1. – Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione di legge (art. 360, primo comma, n. 3) in riferimento
agli artt. 116 cod. proc. civ., 869 e 873 cod. civ.
La Corte d’appello di Genova avrebbe fornito una lettura

particolare avuto riguardo alla qualificazione dell’edificio
costruito a confine come nuova costruzione, in quanto tale
soggetta alla disciplina sulle distanze dettata dal PRG del
Comune di Massa.
Diversamente, secondo la ricorrente, dall’istruttoria era
emersa la preesistenza di un edificio di cui erano rimaste le
componenti essenziali, quali il muro perimetrale e le strutture orizzontali, oltre alla coincidenza della superficie occupata dal preesistente fabbricato e da quello in oggetto. Si
trattava dunque di ristrutturazione edilizia, eseguita sulla
base di concessione e nel rispetto della normativa antisismica, con ampliamento mediante sopraelevazione e posizionamento
del nuovo corpo di fabbrica alla distanza dal confine prescritta dalla normativa vigente.
1.2. – La ricorrente ha formulato il quesito di diritto,
in ossequio al disposto dell’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporís,

nei seguenti termini: «se il giu-

dice del merito può, nell’ambito dei poteri a lui concessi ex
art. 116 c.p.c., ed in considerazione delle norme di cui agli
artt. 869 e 873 c.c., in presenza di una regolare concessione

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semplicistica e riduttiva delle risultanze istruttorie, in

edilizia per ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione
ed alla luce di una consolidata giurisprudenza di segno contrario, considerare come edificio nuovo un manufatto valutandolo nella sua interezza, quindi prescindendo dal fatto che

il diritto di mantenere la costruzione preesistente alla distanza in essere ed il carattere di ristrutturazione almeno a
questa parte e nel far ciò ritenere che non siano coinvolti
aspetti meramente amministrativi, bensì lesi i diritti soggettivi del vicino, anche a detrimento dei diritti quesiti del
proprietario relativamente alla vecchia costruzione “incorporata” nella nuova; può, inoltre, determinare il carattere di
ristrutturazione solo in base alla portanza e collaborazione
della struttura delle pareti non abbattute, tenendo non in cale l’impossibilità per un cittadino di sottrarsi al rispetto
della normativa antisismica, che impone la demolizione delle
parti portanti non a norma e la loro integrale sostituzione;
può, infine, più genericamente, disconoscere il diritto di
conservare – relativamente alle superfici ed al volume del
vecchio manufatto – le minori distanze in essere, previo arretramento per le sole sopraelevazioni».
1.3. – La doglianza è in parte inammissibile e in parte
infondata.
1.3.1. – Come si evince dalla lettura del quesito, che cumula censure non omogenee, la ricorrente pone innanzitutto la

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una parte di esso fosse già esistente; di conseguenza negare

questione se la costruzione eseguita previa regolare concessione per ristrutturazione con ampliamento possa essere considerata nuova costruzione, ai fini del rispetto delle distanze
legali.

Costituisce principio indiscusso nella giurisprudenza di
questa Corte che la regolarità amministrativa dell’attività di
edificazione e il rispetto della disciplina dei rapporti tra
proprietari confinanti riguardano profili diversi, in quanto
tutelano interessi diversi

(ex plurimis, Cass., sez. un., sen-

tenza n. 333 del 1999).
Nessun rilievo assume, pertanto, la circostanza che la società ricorrente abbia costruito sulla base di regolare concessione né il fatto che quest’ultima fosse stata rilasciata
per ristrutturare.
1.3.2. – La ricorrente censura,

in secondo luogo, la valu-

tazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice
d’appello, sulla cui base è stato affermato che l’intero fabbricato oggetto di contestazione costituisce nuova costruzione, mentre tale poteva considerarsi soltanto la parte sopraelevata.
La censura è inammissibile, in quanto formalmente prospettata sub specie di violazione di legge, ma carente della indica dell’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte di
merito.

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La risposta a tale quesito è positiva.

Dalla lettura del ricorso emerge, in realtà, una critica
alla valutazione delle risultanze processuali, e cioè
all’attività propria del giudice di merito che può essere sindacata, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo del

2. – Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio
di motivazione in riferimento al fatto decisivo e controverso
della qualificazione del fabbricato oggetto di contestazione.
Si lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto in alcuna considerazione la circostanza che la concessione edilizia
rilasciata alla ricorrente indicasse la natura dell’intervento
come ristrutturazione, e, più in generale, che non sia stato
riconosciuto significato all’atto amministrativo, che pure
conteneva una valutazione sui presupposti dell’intervento edilizio anche con riferimento al rispetto delle distanze legali.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe pertanto \
segnata dalla insanabile contraddizione di avere stabilito,
contemporaneamente, l’illegittimità dell’opera edificata e la
piena legittimità del provvedimento che aveva autorizzato
l’opera stessa.
Ulteriore carenza motivazione, è individuata con riferimento alla valutazione del significato della convenzione inter
partes del 1964.
2.1. – La doglianza è infondata.

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vizio di motivazione.

La Corte d’appello non doveva giudicare della legittimità
della concessione edilizia ma del rispetto delle distanze legali tra opere realizzate su fondi confinanti, dunque non v’è
contraddizione tra la decisione cui è pervenuto il predetto

al paragrafo 1.3.1., si tratta di ambiti distinti, sottoposti
del resto al sindacato di giudici diversi.
2.1.1. – Quanto al significato attribuito dalla Corte
d’appello alla convenzione del 1964, si tratta di argomentazione non essenziale alla decisione, con la conseguenza che,
se anche fosse riscontrabile il denunciato limite motivazionale, non vi sarebbero ricadute.
La ratio su cui poggia la sentenza impugnata risiede nella
ritenuta novità della costruzione, cui segue la doverosità del
rispetto delle distanze vigenti al momento della edificazione.
La Corte d’appello è giunta a tale conclusione sulla base
di un percorso argomentativo, peraltro immune da vizi logici,
che trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità sul
tema

(ex plurimis,

Cass., sez. Il, sentenza n. 5741 del 2008;

da ultimo, Cass., sez. un., ordinanza n. 21578 del 2011), secondo la quale rientrano nella nozione di nuova costruzione
anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione
dell’entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo
complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.

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giudice e la sorte dell’atto amministrativo. Come si è detto

Nella specie, la Corte di merito ha evidenziato che in
luogo di una costruzione abitativa singola, è stata edificata
una costruzione che contiene sei appartamenti, con aumento
considerevole della volumetria e mantenimento soltanto di una

3. – Al rigetto del ricorso, segue la condanna della parte
soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nella misura indicata in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in complessivi euro 3.770,00, di cui euro 200,00 per
esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 marzo
2014.

porzione di muro esterno con funzioni di tamponamento.

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