Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 128 del 08/01/2020

Cassazione civile sez. III, 08/01/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 08/01/2020), n.128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15207/2018 proposto da:

S.L., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

GIOVANNI CAIAZZO, GENNARO CAIAZZO;

– ricorrente –

contro

SC.CI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO COSSA

13, presso lo studio dell’avvocato MARIA TROPIANO, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE CARRANO, PAOLO CARRANO, LUIGI

CARRANO;

– controricorrente –

e contro

C.F., CONDOMINIO (OMISSIS), G.P.,

E.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1482/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 30 aprile-2 maggio 2018 S.L. impugna la sentenza numero 1482-2017 resa dalla Corte d’appello di Napoli, depositata il 31 marzo 2017, con la quale è stata condannata a risarcire Sc.Ci. dei danni provocati dalle infiltrazioni di acqua irrigua provenienti dal suo terrazzo in data (OMISSIS), accertate mediante ATP (accertamento tecnico preventivo) e verbale di sopralluogo dei Vigili del fuoco intervenuti sul luogo. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, resa dal Tribunale di Napoli, e in particolare: i) rilevava la validità della relazione di ATP come prova atipica, nonostante il mancato esperimento nel contraddittorio con la proprietaria dell’immobile, in quanto quest’ultima, nel giudizio di merito, aveva potuto interloquire in merito agli accertamenti fatti in sua assenza (ma in presenza dell’allora suo convivente, cui per errore era stata indirizzata la notifica del ricorso); ii) riteneva infondate le censure mosse in ordine all’accertamento sulle cause delle infiltrazioni, in quanto non risultava che il giudice di prime cure avesse travisato il tenore del rapporto dei vigili del fuoco o della ATP. Riformava quindi la sentenza solo nella parte relativa alle spese di lite, che aveva posto quelle per la fase di ATP a carico della convenuta appellante qui ricorrente.

2. Il ricorso è affidato a due motivi ai quali ha replicato la controparte con notifica

di controricorso. Il controricorrente depositava memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. In limine, deve osservarsi che l’istanza di sospensione della sentenza impugnata è stata presentata innanzi al giudice di legittimità incompetente in materia, dovendosi essa indirizzare alla Corte d’appello che ha emesso la sentenza impugnata ex art. 373 c.p.c..

2. Quanto al 1 motivo, si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere opponibile alla parte che non ha partecipato alla ATP le risultanze della relazione.

2.1. Il motivo è palesemente inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 2. Nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio cosiddetto dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 5409 del 25/02/2019). La Corte d’appello, invero, ha respinto l’eccezione di nullità della ATP in ragione del fatto che la relazione espletata dal CTU è stata oggetto di discussione nel contraddittorio svoltosi nel giudizio di merito con la parte pretermessa nella fase cautelare, ed è stata valutata come “prova atipica” unitamente ad un ulteriore elemento probatorio acquisito (la relazione dei Vigili del Fuoco), ritenuta collimante con le risultanze della ATP. Sul punto si richiama quanto statuito dalla Corte Suprema, laddove ha ritenuto che “l’acquisizione della relazione ATP non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l’abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la ritualità dell’acquisizione e l’impossibilità di esame delle risultanze dell’indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito alle stesse” (cfr. Cassazione civile numero 6591-2016; Cassazione civile numero 23.6932009; cassazione civile numero 17.790-2004). Conseguentemente, il giudice del merito, in virtù del principio del libero convincimento, ha facoltà di apprezzare in piena autonomia tutti gli elementi presi in esame dal consulente tecnico e le considerazioni da lui espresse che ritenga utili ai fini della decisione, onde ben può trarre materia di convincimento anche dalla consulenza espletata in sede di accertamento preventivo, pur se il consulente abbia ecceduto i limiti del mandato conferito, una volta che la relazione di quest’ultimo sia stata ritualmente acquisita agli atti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5658 del 09/03/2010).

2.2. Nel caso di specie, non è dunque ravvisabile la denunciata lesione del diritto di difesa, tenuto anche conto che le spese dell’accertamento tecnico preventivo sono state correttamente espunte dal carico di spese poste a carico della ricorrente che non vi aveva preso parte, in accoglimento parziale dell’appello.

3. Quanto al 2 motivo, si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 2043 c.c., erronea o parziale valutazione degli elementi istruttori acquisiti in atti – e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per il fatto che nelle due relazioni acquisite le cause delle infiltrazioni sono indicate come “probabilmente”, e non “certamente” – come invece indicato dai giudici di merito – determinate dall’impianto di irrigazione della proprietà della ricorrente, senza considerare che nelle relazioni si riferiva che vi erano tracce di pregresse infiltrazioni conseguenti al l’errata costruzione del muro di contenimento della proprietaria del fondo sottostante il terrazzo.

3.1. Il motivo è inammissibile in quanto tende a mettere in discussione una valutazione in fatto, fatta dalla torte di merito alla luce delle risultanze acquisite, come tale incensurabile, in quanto riferita a valutazioni corrispondenti ai principi che governano il giudizio di causalità giuridica in materia di illecito civile. In tema di responsabilità aquiliana, nella comparazione delle diverse concause di un evento illecito, nessuna delle quali appaia del tutto inverosimile e assuma con evidenza una efficacia esclusiva rispetto all’evento, è compito del giudice valutare quale di esse appaia “più probabile che non” rispetto alle altre nella determinazione dell’evento (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 23933 del 22/10/2013; Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008). In particolare, la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 2043 c.c., non è prospettabile in termini di violazione di norme che regolano l’attività istruttoria fino a ricomprendere intangibili valutazioni in fatto sul grado di certezza o meno raggiunto in ordine alla causa di determinazione dell’evento, se effettuate alla luce delle prove ritualmente acquisite, posto che anche la valutazione in termini di probabilità, effettuata dal consulente tecnico, varrebbe ad accertare l’esistenza di un nesso causale, in assenza di altre cause concomitanti e ugualmente valide a dare maggiore certezza, secondo il principio di adeguatezza causale che sorregge il giudizio civile di responsabilità.

3.2. Piuttosto, i giudici di merito hanno dimostrato di avere apprezzato le dichiarazioni rese ai Vigili del fuoco dal compagno della ricorrente, presente al momento del loro intervento, non specificamente contestate dalla ricorrente. Ed invero, la dottrina, tradizionalmente, distingue la prova dichiarativa dalla valutazione del perito nei termini che seguono: il primo espone un fatto che ha percepito, fornendo una prova rappresentativa-dichiarativa, il secondo valuta e spiega un fatto avvalendosi delle sue competenze di esperto in materia, fornendo una prova critica-tecnica. In sostanza, ciò che accomuna i due mezzi istruttori è la circostanza che entrambi trasmettono le informazioni di cui sono a conoscenza. Per prova dichiarativa, pertanto, si intende quell’atto comunicativo con il quale un emittente trasmette, attraverso il linguaggio verbale, fatti percettivi o valutazioni di cui sia a conoscenza e che siano rilevanti ai fini della decisione. Nel caso di specie, la valutazione fatta, in termini di certezza, sulla sussistenza di un nesso causale tra condotta tenuta dalla proprietaria del fondo superiore ed evento è stata “liberamente” tratta dal giudice dalle dichiarazioni del compagno convivente con la ricorrente, contenute nella relazione dei Vigili del Fuoco che ha considerato la causa più prossima dell’evento (l’annaffiamento incontrollato delle piante), ed è quindi il risultato di una valutazione complessiva delle circostanze del caso che non sconfina nell’arbitrio.

3.3. Il motivo correlato alla violazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, è ugualmente inammissibile, in quanto non si confronta con il tenore della decisione che, alla luce di tutti gli elementi raccolti, senza omissione di alcun fatto o circostanza di rilievo, ha ritenuto che il danno da infiltrazione fosse certamente collegato alla recente eccessiva irrigazione proveniente dal sovrastante terrazzo di proprietà della ricorrente. Il fatto omesso, dunque, per avere rilievo come vizio della motivazione, dovrebbe riguardare un evento o un dato obiettivo, oggetto di prova, avente autonoma rilevanza nel giudizio, mentre in questo caso la censura riguarda più propriamente il “diverso giudizio”, in termini di causalità, espresso nelle relazioni tecniche, e dunque non risulta avere tale qualità, poichè la valutazione del giudice è piuttosto espressione di un autonomo apprezzamento del materiale probatorio acquisito, svolto nel rispetto del margine di discrezionalità rinvenibile nel principio del libero convincimento del giudice indicato nell’art. 116 c.p.c., comma 1, come sopra detto. Resta pertanto fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

4. Conclusivamente il ricorso viene dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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