Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 128 del 04/01/2011

Cassazione civile sez. I, 04/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 04/01/2011), n.128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2083-2010 proposto da:

C.M.P. ((OMISSIS)), C.A.

((OMISSIS)), D.L. ((OMISSIS)) nella

loro qualità di eredi di C.F., elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio

dell’avvocato FRISANI PIETRO L., che le rappresenta e difende, giuste

procure speciali in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il Decreto n. 874 del 2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

del 5.3.09, depositato il 02/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DIDONE Antonio;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SCARDACCIONE

Eduardo Vittorio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Par. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- Con decreto depositato il 2.3.2009 la Corte di appello di Venezia ha accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze da C.F. (e altri, non ricorrenti) in relazione alla durata irragionevole di un procedimento instaurato (unitamente ad altri ricorrenti) dinanzi alla Corte dei Conti – sez. giurisdizionale per il Veneto – in data 6.8.1996 e definito con sentenza del 20.4.2007, avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione della pensione.

La Corte di merito ha determinato in tre anni la durata ragionevole del processo e, per il ritardo di sette anni e otto mesi, ha liquidato a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.070,00 in favore del ricorrente, tenuto conto della natura collettiva del ricorso, compensando per metà le spese processuali.

Contro il decreto C.A., C.M.P. e D.L. – quali eredi di C.F. – hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato non ha notificato controricorso.

2.1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, art. 6 Par. 1 CEDU in relazione all’art. 2056 c.c. e formulano il quesito: se la Corte territoriale sia incorsa in violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 par. 1 CEDU in relazione all’art. 2056 c.c. nel decreto impugnato, determinando l’entità del risarcimento del danno morale da eccessiva durata del processo nella somma di Euro 400,00 ad anno in considerazione del carattere collettivo del ricorso, precisando, altresì, se detta liquidazione sia conforme ai criteri di liquidazione del quantum individuati dalla CEDU. 2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione in relazione all’entità del danno liquidato.

3.- Il ricorso appare manifestamente fondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza della S.C., la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, la cui connotazione in termini di irragionevolezza è, potrebbe dirsi, ancor più marcata in presenza di domande palesemente infondate e, come tali, suscettibili di immediata risoluzione, non può essere superata, tra l’altro, dalla circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria, sia stato proposto da una pluralità di attori, considerato che la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul gruppo, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008). In proposito va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte Europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili (Sez. U, Sentenza n. 1340 del 26/01/2004). Non appare ragionevole, per contro, il dimezzamento della misura dell’indennizzo per la sola caratteristica di ricorso collettivo della domanda proposta dal dante causa delle ricorrenti.

Peraltro, la somma liquidata non appare in linea neppure con la più recente giurisprudenza di questa Sezione e con i criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI c. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in camera di consiglio”.

Par. 2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Pertanto, cassato il decreto impugnato, la Corte, in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Corte e della CEDU richiamata nella relazione, stante la durata di oltre dieci anni del processo presupposto, può decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c. liquidando ai ricorrenti, nella loro qualità di eredi, la somma di Euro 6.000,00.

Le spese – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere ai ricorrenti, nella qualità in atti, la somma di Euro 6.000,00, per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50 per esborsi, Euro 600,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

e per il giudizio di legittimità in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2011

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