Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12799 del 06/06/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 12799 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE
SENTENZA
sul ricorso 19166-2009 proposto da:
PALAZZETTI GIULIANA PLZGLN30L51G478N, PISELLO MARIO
PSLMRA22E10G478A, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VAL DI FASSA 54 PRESSO STUDIO LEGALE ASSOCIATO
FELLI, presso lo studio dell’avvocato SALCIARINI
STEFANO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti contro
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rtQ< 49 5.AMORUSO GIUSEPPE, AMETRANO C L AS K
EMILIA, elettivamente if 9 - 2- ( domiciliati in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92, presso
lo studio dell'avvocato NARDONE ELISABETTA, Data pubblicazione: 06/06/2014 rappresentati e difesi dagli avvocati TELLINI
CRISTINA, DOMINICI FABIO;
- controricorrenti nonchè contro BACCONI FLAVIA, BISCARINI PAOLO, BISCARINI ROBERTA, - intimati - avverso la sentenza n. 276/2008 della CORTE D'APPELLO
di PERUGIA, depositata il 25/06/2008; udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/03/2014 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l'Avvocato SALCIARINI Stefano, difensore dei
ricorrenti che si è riportato alle difese depositate
ed ha insistito per l'accoglimento delle stesse;
udito l'Avvocato DOMINICI Fabio, difensore dei
resistenti che si è riportato al contenuto del
controricorso ed ha insistito sull'inammissibilità
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l'inammissibilità, in subordine per il rigetto del
ricorso. FRUGIS GIULIANO, SANTARELLI SILVANA; SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Bruno Biscarini e Flavia Bacconi, proprietari di una casa per civile
abitazione posta in loc. S. Lucia — Rimbocchi, Perugia, agivano nei confronti
di Mario Pisello e di Giuliana Palazzetti, proprietari di un lotto di terreno campagna la strada, interna al detto lotto, che costeggiava il muro di cinta
della loro proprietà. Precisavano, al riguardo, che i convenuti avevano rialzato
la strada con materiale di riporto ed eretto un muro di contenimento in
appoggio al loro muro di recinzione.
I convenuti resistevano deducendo di aver rispettato l'originario piano di
campagna e di aver realizzato il muro solo dopo e a causa della radicale
modifica dei luoghi operata lungo la linea di confine dagli attori.
Intervenivano in causa i coniugi Giuliano Frugis e Silvana Santarelli,
proprietari di un fondo vicino, che vantavano una servitù di passaggio
carrabile sulla strada dei convenuti, chiedendo l'accoglimento della domanda
proposta dagli attori. Ciò in quanto l'innalzamento di detta strada aveva creato
un dislivello tale da impedire l'esercizio della servitù.
Con sentenza pubblicata il 27.10.2005, resa nei confronti degli eredi di
Bruno Biscarini ; nelle more deceduto, il Tribunale rigettava la domanda
principale ed accoglieva quella degli intervenuti, condannando i PiselloPalazzetti ad eseguire le opere necessarie a consentire ai Frugis-Santarelli
l'esercizio della servitù.
Adita in via principale dai Pisello-Palazzetti e in via incidentale da Flavia
Bacconi e da Paolo e Roberta Biscarini, eredi di Bruno Biscarini, la Corte
d'appello di Perugia confermava la pronuncia di primo grado, con sentenza n.
3 confinante, per sentirli condannare a riportare al precedente piano di 276/08 resa anche nei confronti di Giuseppe Amoruso e di Emilia Ametrano,
intervenuti quali terzi acquirenti del fondo di proprietà dei Frugis-Santarelli.
Dichiarato inammissibile, perché tardivo, l'appello incidentale, la Corte
perugina respingeva la censura di extrapetizione mossa alla sentenza esercitato un'azione autonoma, fondata sul diritto di servitù, distinta rispetto a
quella degli attori e ad essa collegata solo in via di fatto.
Nel merito osservava che nel contratto col quale i Pisello-Pala77etti
avevano acquistato il loro terreno, la realizzazione della strada, necessaria
all'esercizio della servitù coevamente costituita a vantaggio della residua
proprietà della parte venditrice, proprietà poi alienata ai Frugis-Santarelli, era
stata posta a carico della venditrice stessa. Tale circostanza, riteneva, non
valeva a dimostrare la tesi degli appellanti, ossia che la strada dovesse essere
perciò creata innalzando il fondo più basso fra i due, cioè quello dominante,
poiché detta clausola aveva disposto solo in ordine alle spese e non anche in
merito alla tecnica di realizzazione della strada.
Riteneva, quindi, inammissibili, i restanti motivi d'appello, perché basati
su considerazioni volte a ricostruire quale fosse la situazione di fatto anteriore
al reinterro, mentre la sentenza di primo grado aveva ritenuto irrilevante tale
accertamento, essendo decisivo il solo obbligo dei convenuti di non impedire
l'esercizio della servitù.
Infine, "superflua" per la decisione dell'appello, "ma opportuna ai fini
della valutazione del carico delle spese", l'osservazione, fra altr, che la tesi
degli appellanti, per cui il dislivello tra la strada e il fondo dominante sarebbe
stato creato dai proprietari di quest'ultimo, era confutata dalla presenza,
4 impugnata, atteso che con il loro intervento i Frugis-Santarelli avevano rilevata dal c.t.u., di un ceppo di ulivo in prossimità del confine, in posizione
tale che se vi fosse stato un significativo abbassamento del fondo di proprietà
Frugis, l'ulivo sarebbe stato scalzato.
Per la cassazione di tale sentenza Mario Pisello e Giuliana Palazzetti prossimità dell'udienza.
Resistono con controricorso Giuseppe Amoruso ed Emilia Ametrano.
Flavia Bacconi e Paolo e Roberta Biscarini, la prima anche in proprio, tutti
e tre quali eredi di Bruno Biscarini, non hanno svolto attività difensiva.
Così pure Silvana Santarelli, nonché Flavio, Valter e Daniela Frugis, la
prima anche in proprio, tutti quali eredi di Giuliano Frugis.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Col primo motivo di ricorso, corredato da quesito di diritto ex art. 366bis c.p.c., applicabile ratione temporis, è dedotta la nullità della sentenza e del
procedimento pe violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione al n. 4 dell'art.
360 c.p.c.
Gli intervenienti Frugis-Santarelli, sostiene la parte ricorrente, si limitarono
a chiedere semplicemente l'accoglimento della domanda degli attori, senza
chiedere l'accertamento in via autonoma del loro diritto di servitù di passo, né
tanto meno domandarono la condanna dei convenuti ad attuare in concreto le
modalità di realizzazione di tale diritto. Del resto, la circostanza che nell'atto
d'intervento essi si riservarono ogni altro diritto, azione o ragione verso i
convenuti, dimostra che l'intervento era diretto unicamente a beneficiare
dell'effetto che sarebbe derivato anche ai terzi nell'ipotesi di accoglimento 5 propongono ricorso, affidato a cinque motivi, illustrati poi da memoria in della domanda. Entrambi i giudici di merito, invece, hanno riconosciuto loro
un diritto di passo che nessuno aveva in realtà chiesto che fosse accertato.
2. - Il secondo mezzo espone la nullità della sentenza e del procedimento
per violazione degli artt. 342 e 112 c.p.c., in relazione ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 La Corte d'appello, sostiene parte ricorrente, ha ritenuto che gli appellanti
non avrebbero efficacemente criticato la decisione di prime cure, basata
unicamente su ciò, che era onere dei proprietari del fondo servente non
impedire l'esercizio della servitù. Al contrario, gli appellanti hannò contestato
entrambe le ragioni poste a base della decisione di primo grado, vale a dire sia
l'affermata irrilevanza dei fatti antecedenti alla creazione del dislivello
ostativo l'esercizio del passo, sia la sussistenza dell'obbligo di non impedire
l'esercizio della servitù. L'una ratio è stata contestata deducendo che il
collegamento tra la strada superiore di lottizzazione e i lotti alienati dalle
comuni danti causa delle parti non è mai esistito, dato che fino alla
lottizzazione i terreni erano scoscesi e a gradoni; l'altra è stata confutata in
base a ciò, che i proprietari del fondo dominante non avevano mai esercitato il
loro diritto, e che anzi erano stati i Frugis nel 1979 a creare
quell'abbassamento del terreno che ha poi reso impossibile il collegamento tra
il fondo servente e quello dominante.
3. - Il terzo mezzo denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione al n.
5 dell'art. 360 c.p.c., nonché l'omessa valutazione di documenti, fotografici e
scritti, e la carente interpretazione degli atti. 6 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che la Corte di merito ha totalmente omesso di
considerare elementi di fatto assolutamente decisivi, dando per scontato che
l'esercizio della servitù sarebbe esistito in favore dei signori Frugis
anteriormente all'instaurazione del giudizio, e che solo a causa del reinterro, diritto, ossia la strada di raccordo fra le proprietà Pisello e Frugis, che in realtà
secondo parte ricorrente non sarebbe mai esistita.
Al riguardo il motivo lamenta il mancato esame dell'atto notaio Duranti
dell'11.10.1997, col quale le venditrici, nel trasferire ai Pisello-Palazzetti la
proprietà del terreno edificabile, si riservarono un diritto di passo carrabile su
di una strada "da realizzare" a spese delle stesse venditrici, a dimostrazione
che il passo non era ancora attuato e che la creazione del relativo /ocus non
era a carico degli attuali ricorrenti; di una foto panoramica dimostrativa dello
stato originale dei luoghi prima sia della verticalizzazione della linea di
confine operata dal Biscarini, sia dello scasso realizzato dai Frugis, foto a sua
volta da confrontarsi con altre pure prodotte in giudizio; della
documentazione proveniente dall'ufficio controlli edilizia privata del comune
di Perugia, a dimostrazione della responsabilità dei Frugis nell'operazione di
sterro che, per trarre un aumento di cubatura, precluse loro di realizzare nel
proprio terreno il tratto di strada necessario per ricongiungersi a quello già
esistente nella proprietà Pisello; dell'iniziale carteggio fra i rispettivi
procuratori e tecnici di parte, che pure dimostrerebbe tutto quanto sopra
considerato.
4. - Il quarto motivo denuncia, del pari, l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, in relazione
7 realizzato dai signori Pisello si sarebbe determinata la perdita dell'oggetto del all'art. 360, n. 5 c.p.c., lamentando la "erronea e carente interpretazione degli
atti del processo".
Deduce parte ricorrente che le foto di parte Biscarini esaminate dal c.t.u. al
fine di ricostruire l'originario livello di campagna, sono state mal interpretate portico della proprietà Pisello-Palazzetti, unico ad essere posto "in voltata",
dette foto rilevano il terreno compreso fra l'abitazione di questi ultimi ed il
confine con l'abitazione Frugis-Santarelli, e non già il confine BiscariniBacconi. Ne deriva, prosegue parte ricorrente, che il terreno ritratto non ha
niente a che fare con la strada ed il passo in questione, che rispetto ad esso si
sviluppa perpendicolarmente.
Lamenta, inoltre, che la Corte territoriale abbia trascurato di esaminare in
maniera analitica i rilievi mossi all'accertamento operato dal c.t.u.
5. - Il quinto mezzo denuncia ancora l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in
relazione al n. 5 dell'art. 360 c.p.c., deducendo "ulteriori profili di illogicità
ed incongruenza della sentenza impugnata".
Sostiene parte ricorrente che la sentenza d'appello è ulteriormente
criticabile nella parte in cui, al punto c), afferma che l'abbassamento del
sedime della strada, che sarebbe stato realizzato dai Frugis allo scopo di
rendere più agevole il passo, avrebbe al più comportato una loro obbligazione
risarcitoria ma non la perdita del diritto, né avrebbe legittimato un
insormontabile ostacolo all'esercizio di esso. Per il resto, il motivo ribadisce
considerazioni di merito già esposte nei precedenti mezzi d'annullamento.
6. - Il primo motivo è manifestamente infondato.
8 dall'ausiliario e dalla Corte territoriale. Riprese dal cancello d'ingresso al 6.1. - In disparte la più che dubbia ammissibilità del quesito, che sollecita
l'affermazione di un principio ovvio (la nullità della sentenza pronunciata
ultra petita) alterando il fatto processuale (id est, la proposizione di una
domanda di accertamento della servitù) accertato dalla Corte perugina; ciò a l'interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove
questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata
— e che era compresa nel thema decidendum, tale statuizione, ancorché in
ipotesi erronea non può essere direttamente censurata per ultra o
extrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una
motivazione sul punto, il vizio anzi detto non è logicamente verificabile prima
di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea; di riflesso, la
sentenza non può essere annullata per ultra o extrapetizione se
preliminarmente non si annulli quella parte di essa che spiega le ragioni che
hanno indotto il giudice di merito ad esaminare la domanda. In tal caso,
l'ipotetico errore non si configura come error in procedendo, ma attiene
esclusivamente al momento logico relativo all'accertamento in concreto della
volontà della parte, e non a quello inerente all'applicazione di principi
processuali. Conseguentemente, detto errore può concretizzare solo una
carenza nell'interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile
in sede di legittimità unicamente sotto il profilo di cui al n. 5 dell'art. 360
c.p.c., giacché la ricostruzione del contenuto di tali atti è compito istituzionale
del giudice del merito (cfr. Cass. nn. 2096/07, 8953/06 e 11639/04).
E tale vizio la parte ricorrente non ha dedotto. 9 parte, va osservato che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte 6.2. - Vale, inoltre, rimarcare, a conferma comunque dell'esattezza tecnicoprocessuale dell'interpretazione operata dalla Corte umbra, che ai sensi
dell'art. 105 c.p.c. l'intervento in causa può essere di tre specie, principale,
adesivo autonomo o litisconsortile e adesivo dipendente. Quest'ultimo, in dedotto in giudizio (ad es. subcontratto), efficacia riflessa del giudicato e non
ampliamento del thema decidendum — nessuno dei quali ricorre nella specie,
essendo la posizione degli intervenienti indipendente dal diritto azionato dagli
attori. Ne deriva che, escluso l'intervento principale (che si esercita nei
confronti di entrambe le parti), quello svolto dai coniugi Frugis-Santarelli è da
qualificarsi come intervento adesivo autonomo, che per sua stessa definizione
implica la proposizione di una domanda relativa all'oggetto dedotto nel
giudizio, proposta nei confronti di una sola delle parti.
7. - Anche il terzo ed il quarto motivo, da esaminare insieme per la
continuità argomentativa di puro merito che li connota, e con priorità rispetto
al secondo mezzo per la loro vocazione assorbente, sono infondati.
In disparte il difetto del momento di sintesi imposto dall'art. 366-bis c.p.c.,
dette censure già nella loro intitolazione evidenziano più che una critica
all'ordito logico _della decisione impugnata, l'opposizione a quest'ultima di
elementi di giudizio diversi e maggiormente conformi alle aspettative della
parte odierna ricorrente.
Tale modo di argomentare le doglianze si pone in contrasto frontale con il
costante orientamento di questa Corte sul disposto dell'art. 360, n. 5 c.p.c.,
secondo cui tale norma non conferisce alla Corte di cassazione il potere di
riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello
10 particolare, postula tre requisiti — interesse di diritto dipendente da quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica,
l'esame e la valutazione compiuti d9 1 giudice del merito, cui è riservato
l'apprezzamento dei fatti. Conseguentemente, alla cassazione della sentenza
per vizi di motivazione si può giungere solo quando tale vizio emerga che si riveli incompleto, incoerente e illogico, non già quando il giudice abbia
semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato
difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (cfr. fra le tante, Cass. nn.
9243/07, 15805/05 e 15693/04).
8. - La reiezione dei suddetti due motivi assorbe l'esame del secondo
mezzo, atteso che la sentenza, in realtà e contro la preliminare affermazione
d'inammissibilità del gravame, ha esaminato proprio le questioni di merito
poste dagli appellanti principali.
9. - Anche il quinto motivo non ha pregio, perché mira a contrastare una
parte del tutto inessenziale della motivazione della sentenza impugnata, lì
dove la Corte territoriale ha svolto un ragionamento che, reso con un periodo
ipotetico di terzo tipo (v. pag. 7 punto c), nulla aggiunge e nulla sottrae alle
ragioni logiche della decisione.
10. - In conclusione, il ricorso va respinto.
11. - Seguono le spese, liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in
E 3.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 6.3.2014. dall'esame del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza,