Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12797 del 22/05/2017
Cassazione civile, sez. un., 22/05/2017, (ud. 07/03/2017, dep.22/05/2017), n. 12797
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Pres. f. f. –
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al n.r.g. 27454/15) proposto da:
M.B. (c.f.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta
mandato a margine del ricorso, dall’avv. Angelo Convertini ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Fabiola
Trombetta in Roma, via Degli Anemoni n. 6/a;
– ricorrente –
contro
Comune di Milano (c.f. (OMISSIS)) in persona del Sindaco pro tempore
P.G., rappresentato e difeso, in forza di procura in
calce al controricorso, dagli avv.ti Antonello Mandarano; Elisabetta
D’Auria, Salvatore Pezzulo e Raffaele Izzo, con domicilio eletto
presso lo studio del quarto in Roma, lungotevere Marzio 3;
– controricorrente –
avente ad oggetto ricorso ex art. 362 c.p.c. avverso la sentenza del
Consiglio di Stato n. 2368 del 12 maggio 2015, non notificata.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/03/2017 dal Consigliere Dott. Bianchini Bruno;
uditi l’avv. Fabiola Trombetta, per delega dell’avv. Angelo
Convertini, per il ricorrente e l’avv. Porri per delega degli avv.ti
Izzo, D’auria, Mandarano e Pezzulo per il contro ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Il Comune di Milano notificò a M.B. un provvedimento di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, a suo tempo emesso dal Direttore della Direzione centrale Casa e Demanio, ai sensi dell’art. 18 del regolamento regionale del 10 febbraio 2004 n. 1, per aver abbandonato l’alloggio – di cui era conduttore – senza previa autorizzazione dell’Ente.
2 – Il M. impugnò innanzi al TAR tale provvedimento, chiedendo che venisse accertata la ragione delle sue assenze, dovute al suo stato di salute che lo avrebbe costretto a spostarsi in varie città della Lombardia per sottoporsi a cure, con l’assistenza dei figli che colà risiedevano.
3 – Il TAR rigettò il ricorso.
4 – il Consiglio di Stato respinse l’appello.
5 – Il M. ha proposto ricorso facendo valere, con il primo motivo, l’erronea interpretazione dell’art. 18, comma 1, lett. b) del regolamento della regione Lombardia n. 1 del 10 febbraio 2004 (art. 18 -Decadenza dall’assegnazione- 1. Il comune competente per territorio dispone con motivato provvedimento, anche su proposta dell’ente gestore, la decadenza dall’assegnazione nei confronti di chi si trova in almeno una delle seguenti condizioni: a) – a bis)…omissis…; b) nel corso dell’anno lasci inutilizzato l’alloggio assegnatogli assentandosi per un periodo superiore a sei mesi continuativi, a meno che non sia espressamente autorizzato dall’ente gestore per gravi motivi familiari o di salute o di lavoro) in ragione del fatto che il provvedimento di decadenza sarebbe stato adottato a seguito di accertamenti parziali e superficiali; con il secondo motivo è stata denunciata la violazione del principio di autodeterminazione, quale principio costituzionale, dal momento che il provvedimento adottato avrebbe avuto a base, sostanzialmente, la compressione del diritto del ricorrente di muoversi liberamente e di curare le sue patologie in strutture di propria scelta.
6 – Il ricorso è inammissibile perchè, a mente del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 110, (c.d. codice del processo amministrativo) e dell’art. 362 c.p.c., comma 1, le pronunce del Consiglio di Stato sono ricorribili innanzi alle sezioni Unite della Cassazione solo per motivi inerenti alla giurisdizione: il controllo demandato alla Cassazione si esplica dunque ab externo ed è diretto a verificare se il Consesso amministrativo abbia travalicato o meno i limiti della propria giurisdizione, impingendo nell’eccesso di potere – operando quindi una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione- o anche se abbia o meno negato in radice il ricorso al rimedio giurisdizionale garantito al cittadino (vizio di denegata giustizia): dunque gli eventuali errores in judicando – come, sia pure confusamente, appaiono dedotti nel ricorso- non possono formare oggetto di novellato scrutinio in sede di legittimità (vedi (vedi, ex multis: Cass. Sez. Un. n. 25628 del 14 dicembre 2016; n. 11380 del 31 maggio 2016; n. 21586 del 20 settembre 2013; n. 9443 del 28 aprile del 2011; n. 28263 del 21 dicembre 2005).
7. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese secondo quanto indicato in dispositivo. Dal momento che il ricorso è stato notificato il 26 marzo 2015 e dunque ben oltre il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge 24 dicembre 2012 n 228 che ha modificato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, sussistono i presupposti per porre a carico del ricorrente il pagamento di somma pari al contributo unificato dovuto per il ricorso, in applicazione del citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 3.000 (Euro tremila) per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00,(duecento) ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 7 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017