Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12793 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2011, (ud. 22/03/2011, dep. 10/06/2011), n.12793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNARDI Sergio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Società Older 94 s.r.l., in persona del legale rapp.te pro tempore,

elett.te dom.to in Roma, alla via Oderzo n. 29, presso lo studio

dell’avv. Andrea Petroni, rapp.to e difeso dall’avv. Rianna Arturo,

giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in

persona dei legali rapp.ti pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Campania n. 9248/05 depositatali 10/8/2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/3/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Irpeg ed Ilor per l’anno di imposta 1996, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Napoli nei confronti della Older 94 s.r.l. per indebite detrazioni di imposta relative ad operazioni inesistenti. Il ricorso proposto dalla soc. Older 94 veniva rigettato dalla CTP di Napoli con sentenza 403/39/2004; il successivo appello della società veniva rigettato dalla CTR della Campania con la sentenza n. 92/48/05 del 10/8/2005. La CTR, sulla base della contabilità della società, rilevava che le bolle di accompagnamento indicavano come luogo di destinazione e partenza delle merci una località inesistente – (OMISSIS); tale circostanza, secondo la CTR, contraddiceva la tesi difensiva, secondo la quale la società avrebbe chiesto ai propri fornitori di eseguire la consegna delle merci direttamente ai suoi clienti committenti. Il giudice di appello inoltre, sulla base dei bilanci degli anni in questione, dei dati risultanti dall’anagrafe tributaria e delle dichiarazioni fiscali- secondo cui la società era inquadrata con il codice attività “(OMISSIS)”- Commercio Ingrosso di abbigliamento” rilevava che l’attività stessa non avrebbe potuto svolgersi in assenza di una pur minima struttura produttiva; le rimanenze finali al 1997, pari a circa tre miliardi di lire, non potevano non trovare ubicazione che in magazzini di stoccaggio. La CTR affermava la ” non chiarezza contabile” anche alla luce di un c/c tenuto presso la Rolo Banca di (OMISSIS), utilizzato come transito per dare parvenza di legalità a finte fatture di acconto su presunte forniture di merci; nonchè la valenza probatoria delle testimonianze – di cui all’atto impugnato- rese dai fornitori alla G.d.F.. La CTR, infine, riteneva irrilevante la sentenza penale di assoluzione del Tribunale di Nola del 3/11- 10/12/2004, sia in quanto la società non ne aveva provato il passaggio in giudicato, sia in quanto la sentenza penale non impediva al giudice tributario una autonoma valutazione dei fatti.

Il ricorso sì articola in tre motivi. Nessuna attività difensiva hanno svolto il Ministero dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze che non è stato parte nel giudizio di appello; in assenza di costituzione vanno dichiarate irripetibili le relative spese di giudizio.

Nel merito la ricorrente con primo motivo (con cui deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 per violazione e falsa applicazione degli artt. 1731 e 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c.; violazione per non corrispondenza tra il chiesto e pronunziato, ultrapetizione, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) assume che la CTR, contrariamente a quanto dedotto dall’Amministrazione Finanziaria, avrebbe affermato che la società Older era una cartiera, escludendo la di lei figura giuridica di commissionaria. Tale qualità avrebbe dovuto riconoscersi alla luce dell’art. 1731 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2: i tratti distintivi e qualificatori della figura di commissionario sarebbero rinvenibili nell’ambito dell’operazione economica in concreto svolta dalla ricorrente. Dai verbali della G.d.F. risulterebbe che la società aveva agito in nome proprio e per conto altrui; sarebbe altresì acclarata la onerosità dell’acquisto; la consegna diretta della merce ai committenti, inoltre, avrebbe reso superflua l’esistenza di un proprio deposito. Il riferimento della CTR a dati emergenti dalla contabilità comporterebbe poi il vizio di ultrapetizione in quanto la sentenza sarebbe fondata su elementi diversi da quelli indicati nella motivazione dell’avviso di accertamento.

Inammissibile è la censura in ordine alla motivazione in assenza di una precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato (Sentenza n. 12052 del 23/05/2007).

Inammissibile è altresì la censura in ordine alla violazione dell’art. 1731 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2 in quanto priva di specifiche argomentazioni, intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità. Va ulteriormente rilevato che , in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – quale quella prospettata dalla ricorrente – è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito.

Inammissibile è la censura in ordine all’assunta violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2697 c.c. in assenza di una trascrizione integrale dell’intero contenuto dell’avviso di accertamento, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass 11886/06; 8960/06; 7610/06).

Con secondo motivo, (con il quale deduce “violazione e falsa applicazione dell’ari. 2697 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”) la ricorrente assume che la CTR avrebbe erroneamente interpretato il reale contenuto della contestazione rivolta dall’Ufficio, il quale aveva contestato alla società il ruolo di interposto fittizio.

La censura di violazione di legge è inammissibile in quanto la erronea interpretazione del contenuto della contestazione non integra la fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Infondata è la censura in ordine alla contraddittorietà della motivazione in quanto le ragioni poste a fondamento della decisione non risultano sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata.

Con terzo motivo (con cui deduce ” violazione e falsa applicazione degli artt. 648 e 654 c.p.c. per non aver considerato irrevocabile la sentenza penale di assoluzione e per contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 3609 c.p.c., n. 3 e n. 5″) la ricorrente assume che la CTR avrebbe erroneamente escluso l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza penale di assoluzione del legale rapp.te della società; e, non avrebbe motivato le ragioni per cui si sarebbe discostata dalla valutazione del giudice penale.

La censura è infondata. L’eccezione di giudicato risulta disattesa dalla CTR in quanto non provata: in proposito il giudice di appello dichiara “non è provato che la sentenza penale di assoluzione sia passata in giudicato (risulta depositata in cancelleria il 10/12/2004). La circostanza che la sentenza sia passata in giudicato successivo quattro febbraio” non risulta documentata in sede di merito. Infondata è nel resto la censura avendo la CTR diffusamente argomentato (pag. 5 della sentenza) circa i motivi di non condivisione, ai fini tributari, della sentenza del giudice penale.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dichiarando irripetibili le spese. Rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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