Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12790 del 22/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 11/04/2017, dep.22/05/2017),  n. 12790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10719-2016 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

32, presso lo studio dell’avvocato MARA CURTI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, GIANFRANCO MODOLO, GIOVANNI PONS,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAPRETTARI 70, presso lo

studio dell’avvocato VIRGINIA RIPA DI MEANA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAURIZIO MARTINETTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3392/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

rilevato che G.P. ha presentato ricorso per cassazione avverso sentenza 5 maggio-3 giugno 2015 della Corte d’appello di Roma, la quale ha accolto l’appello proposto dal Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A., Gianfranco Modolo e Giovanni Pons avverso sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto la domanda di condanna al risarcimento per diffamazione proposta nei loro confronti dall’attuale ricorrente;

rilevato che il ricorso si basa su tre motivi e che se ne difendono con un unico controricorso il Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A., Gianfranco Modolo e Giovanni Pons;

rilevato che il ricorrente ha altresì depositato memoria;

rilevato che il primo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 21 Cost., nonchè degli artt. 595, 51 e 57 c.p. e L. n. 69 del 1963, art. 2 adducendo l’inapplicabilità dell’esimente del diritto di cronaca in assenza del requisito della verità della notizia;

rilevato che il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione delle stesse norme quanto alla inapplicabilità dell’esimente del diritto di cronaca in assenza del requisito della pertinenza ovvero dell’interesse sociale della notizia;

rilevato che il terzo motivo denuncia ancora violazione e falsa applicazione delle stesse norme, aggiungendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e ciò nel senso della inapplicabilità della esimente del diritto di cronaca in assenza della prova dei suoi fatti costitutivi, con illegittima inversione dell’onere della prova;

ritenuto che, pur così formalmente prospettate nelle rispettive rubriche, in realtà nella loro effettiva sostanza tutte e tre le censure sono dirette ad ottenere dal giudice di legittimità una valutazione alternativa degli esiti del compendio probatorio (in questo venendosi a concretizzare, in ultima analisi, anche la pretesa violazione dell’art. 2697 c.c.) e quindi una cognizione fattuale, perseguendo, inammissibilmente, un terzo grado di merito, a ciò potendosi aggiungere, meramente ad abundantiam a questo punto, che la motivazione della sentenza impugnata è stata strutturata in modo adeguato ad esternare l’iter attraverso il quale il giudice d’appello, discostandosi dalla impostazione del giudice di prime cure, ha raggiunto un accertamento di merito orientato nel senso della inesistenza nell’operato dei giornalisti di alcuna valenza diffamatoria nei confronti dell’attuale ricorrente;

ritenuto, peraltro, che la particolarità della vicenda, tale da originarne in effetti valutazioni opposte da parte dei giudici di merito che l’hanno trattata, tenuto conto del testo dell’art. 92 c.p.c. ratione temporis applicabile, integra i giusti motivi atti a supportare la compensazione integrale delle spese del grado;

ritenuto che sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, stesso art..

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso, compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017

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