Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1279 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/01/2017, (ud. 05/10/2016, dep.19/01/2017),  n. 1279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11721/2015 proposto da:

CO.AD., C.M., quali usufruttuari, ed il loro

figlio CA.MA., quale nudo proprietario, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE COLLI PORTUENSI 187, presso lo studio

dell’avvocato DORINA FURNO, rappresentati e difesi dagli avvocati

ERIK FURNO, ERNESTO FURNO, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA (già UNIPOL ASSICURAZIONI SPA), in

persona del legale rappresentante pro tempore Dott.ssa

G.G., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO ROSARIO

VITIELLO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

M.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CARLO CARBONE giusta procura speciale in calce al controricorso;

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore

Dott. B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

GRISANTI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO CAPUTO

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1271/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato ERIK FURNO;

udito l’Avvocato MARCO FERRARI per delega;

udito l’Avvocato CARLO CARBONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2007 Co.Ad. e C.M., quali usufruttuari, e Ca.Ma., quale nudo proprietario di un appartamento sito in (OMISSIS), premesso che in tale immobile nel periodo settembre – ottobre 2005 si erano verificate copiose infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo scoperto, annesso all’appartamento di proprietà di M.M., convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, il M. e il Condominio di (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni subiti (ex art. 2043 c.c.) a seguito delle dette infiltrazioni.

Si costituivano sia il M., che deduceva che, essendo il terrazzo da cui si erano provenivano le infiltrazioni in parola solo in suo uso esclusivo, doveva rispondere ex art. 1226 c.c., soltanto per un terzo dei danni, sia il Condominio, che chiedeva di chiamare in causa la Di Maio Costruzioni s.a.s., appaltatrice dei lavori di impermeabilizzazione del terrazzo di copertura, e l’Aurora Assicurazioni. Il predetto condominio rinunziava poi alla autorizzata chiamata in causa della società appaltatrice/avendo appreso che la stessa era fallita.

Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 4 maggio 2010, rigettava la domanda.

Avverso tale decisione i soccombenti proponevano gravame cui resistevano gli appellati M.M., il Condominio (OMISSIS) e Unipol Assicurazioni S.p.a..

La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 16 marzo 2015, rigettava l’impugnazione e condannava gli appellanti in solido alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito Co.Ad., C.M. e Ca.Ma., nelle già dedotte qualità, hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di due motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi M.M., il Condominio di (OMISSIS) e la UnipolSai Assicurazioni S.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente rilevata la tardività della notificazione del controricorso della UnipolSai Assicurazioni S.p.a., datato 12 giugno 2015, che, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., avrebbe dovuto essere eseguita (Cass. 3/12/2015, n. 24639) entro 1’8 giugno 2015 (lunedì), mentre è stata effettuata in data 26 giugno 2015, con successivo perfezionamento, con conseguente inammissibilità del predetto atto (v. Cass. 21/04/2006, n. 9396, secondo cui è inammissibile il controricorso notificato e depositato oltre i termini previsti dall’art. 370 c.p.c. e da tale inammissibilità deriva il divieto per i giudici di conoscerne il contenuto e per il resistente di depositare memorie, fatta salva la facoltà di partecipazione del difensore di quest’ultimo alla discussione orale, facoltà nella specie non esercitata; v. in senso conforme Cass. 24/04/2007, n. 9897).

2. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2051 c.c. e art. 113 c.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostengono i ricorrenti che la Corte di appello “ha escluso la responsabilità ex art. 2051 c.c., a carico del condominio e del proprietario del terrazzo, sul mero presupposto che i danni s’erano verificati in occasione di lavori appaltati a terzi” e non avrebbe “fatto corretta applicazione nè della norma che disciplina la speciale responsabilità del custode della cosa (art. 2051 c.c.), nè di quella che definisce le attribuzioni dell’amministratore del condominio (art. 1130 c.c.)”, non risultando provato che nella specie “l’appalto in concreto commissionato abbia comportato il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sulla cosa”.

3. Con il secondo motivo si lamenta “omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’accertato stato di degrado in cui versava il terrazzo all’epoca dei fatti (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Si censura la sentenza impugnata per aver addebitato ogni responsabilità dell’accaduto all’impresa appaltatrice dei lavori, mandando assolti sia il Condominio che il proprietario esclusivo del terrazzo soprastante sulla scorta dell’elaborato peritale. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte di merito avrebbe, a tale riguardo, “colto solo la sintetica conclusione della relazione peritale, nella quale si è fatto riferimento alla esclusiva responsabilità della ditta appaltatrice per un singolo episodio meteorologico; il tutto senza tener conto che l’aver rilevato il C.T.U. la cattiva manutenzione di lastrici (e dei relativi annessi) e l’aver descritto le opere a farsi per evitare il verificarsi di future infiltrazioni dimostra che tutta la fattispecie non può essere ricondotta ad un limitato periodo e a un singolo episodio, ma deve essere estesa a quella obbligazione propter rem del Condominio e del titolare dell’uso esclusivo del lastrico, di cui la stessa sentenza discetta nella prima parte della motivazione”.

4. I motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, vanno disattesi.

4.1. Non sussistono le lamentate violazioni di legge.

Ed invero la Corte di merito ha accertato che, nel caso di specie, il fatto dannoso è collegabile ad un errore esecutivo dei lavori da parte dell’impresa, che non ha adottato gli accorgimenti idonei ad evitare le infiltrazioni nei locali sottostanti in caso di pioggia, ha ritenuto non potersi neppure presumere una colpa in eligendo nella scelta dell’impresa da parte del committente, non risultando provato che la società appaltatrice non fosse adeguata per l’esecuzione delle opere dell’appalto ed ha escluso la responsabilità degli appellati ex art. 2051 c.c., in qualità di proprietari e custodi del terrazzo, richiamando il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui l’autonomia dell’appaltatore, il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione e apprestandone i mezzi, nonchè curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera; una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive (v., ex multis, 1/06/2006, n. 13131 e tra le più recenti Cass. 25/01/2016, n. 1234).

Inoltre, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, cui va data continuità, in caso di appalto, la consegna è sufficiente a trasferire il potere di fatto sul bene all’appaltatore che deve eseguirvi opere di riparazione, e, quindi, la relativa custodia, con conseguente configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c.. Peraltro, se il bene continua ad essere destinato all’uso precedente, come nel caso in cui una strada resti aperta al pubblico transito di persone e veicoli, la custodia permane anche in capo all’ente proprietario, che è pertanto chiamato a rispondere, unitamente all’appaltatore, degli eventuali danni a terzi (Cass. 26/09/2006, n. 20825; Cass. 22/01/2015, n. 1146).

Nel caso all’esame, mentre non risulta contestata la consegna del terrazzo di cui si discute in causa all’impresa per l’esecuzione dei lavori, non risulta in alcun modo acclarata (v. sentenza impugnata) la circostanza su cui in realtà si fonda la tesi dei ricorrenti (v. quesito non necessario ma comunque articolato a p. 16 del ricorso) e cioè che nella specie l’appalto in questione non abbia implicato il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sulla cosa, con i connessi oneri di custodia, sicchè non è configurabile con certezza la responsabilità del condominio e del proprietario esclusivo del terrazzo ex art. 2051 c.c..

4.2. Quanto poi al lamentato omesso esame del fatto decisivo, costituito dai ricorrenti dalle carenze manutentive del terrazzo e acclarato dalla c.t.u., si evidenzia che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014 hanno affermato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – applicabile ratione temporis nel caso di specie -, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha invece esaminato tale fatto pur se ne ha tratto conseguenze diverse da quelle auspicate dai ricorrenti (v. sentenza p. 2 e 3).

4.3. A quanto precede va aggiunto che, con entrambi i mezzi all’esame, al di là dei riferimenti nella rubrica del primo di essi a violazioni di legge, i ricorrenti finiscono per riproporre, in sostanza, questioni di fatto, che sono invece rimesse alla valutazione del giudice di merito.

5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con la precisazione che il controricorso inammissibile (nella specie, per tardività della notificazione) della UnipolSai Assicurazioni S.p.a. non può essere posto a carico dei ricorrenti soccombenti nel computo dell’onorario di difesa da rimborsare alla stessa, cui l’onorario avrebbe potuto essere limitato alla discussione della causa, qualora, diversamente da quanto verificatosi nella specie, la difesa di detta parte si fosse avvalsa della facoltà di partecipare alla discussione nella pubblica udienza (Cass. 2/11/2010, n. 22269; Cass. 16/05/1962, n. 1094).

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge ciascuno, in favore del Condominio di (OMISSIS) e di M.M.; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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