Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12787 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25865-2012 proposto da:

A.A.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FELICE

GROSSI GONDI, 62, presso lo studio dell’avvocato CARLO SEBASTIANO

FOTI, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) ROMA UFFICIO

CONTROLLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– EQUITALIA SUD SPA, GRUPPO EQUITALIA SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

G.P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato FABIO

FRANCESCO FRANCO, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 369/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 29/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2020 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso per difetto di autosufficienza;

udito per l’Agenzia delle Entrate l’Avvocato PELUSO che si riporta

agli scritti;

udito per Equitalia Sud Spa l’Avvocato FRANCO che si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente impugnava la cartella di pagamento ritirata il 6 giugno 2008 relativa ad avviso di accertamento per l’anno d’imposta 1996, relativo ad Irpef, Ilor, Contributo al Servizio Sanitario Nazionale e al Contributo Straordinario per l’Europa, accertamento dichiarato esecutivo per essere stato notificato il 28 dicembre 2001 senza che seguisse ricorso.

Sollevava plurime censure di forma, procedura e sostanza che venivano apprezzate dalla commissione di prossimità, ove da un lato verificava la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento sotteso, e dall’altro riconosceva la decadenza del concessionario per tardività della notifica della cartella, avvenuta oltre i termini decadenziali di cui alla L. n. 156 del 2005, rilevandone altresì l’irregolarità procedurale.

2. Interponeva appello l’Ufficio, affermando che la cartella non fosse soggetta al regime della L. n. 156 del 2005, sia perchè le norme ivi disposte in via generale riguardavano solo l’avvenire, quindi per le procedure successive al 9 agosto 2005, sia perchè le norme transitorie riguardavano solo le procedure di accertamento automatizzato di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, mentre nel caso di specie si controverte di accertamento d’ufficio. Affermava altresì che la tempestività del ricorso avesse valenza sanante della notifica, per aver raggiunto il suo scopo.

Anche la concessionaria per la riscossione argomentava sulla correttezza della notificazione della cartella impugnata, mentre la parte contribuente controdeduceva, spiegando altresì appello incidentale avverso il capo di sentenza che aveva pronunciato sulla correttezza della notifica dell’atto impositivo sottostante.

Il giudice del gravame accoglieva l’appello dell’Ufficio, ricostruendo il regime temporale della notifica della cartella esattoriale e pervenendo all’applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale. Altresì ripercorreva la regolarità della procedura di notifica della cartella sulla scorta della documentazione prodotta dalla concessionaria – agente per la riscossione, richiamando altresì l’orientamento di questa Corte sull’efficacia sanante della proposizione del ricorso introduttivo. Infine, pronunciando sull’appello incidentale di parte contribuente, la CTR dava atto della regolarità della procedura di notificazione dell’atto impositivo sottostante, dichiarando condivisibile la disamina del giudice di prime cure.

Ricorre per cassazione il contribuente, sviluppando otto articolati motivi di gravame, cui replicano con tempestivi controricorsi sia il patrono erariale che quello dell’agente per la riscossione

Diritto

RAGIONI DELLE DECISIONE

Vengono proposti otto motivi di ricorso.

0. Preliminarmente, va rilevata la carenza di legittimazione processuale dell’intimato Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte del giudizio di secondo grado ed è ormai estraneo al contenzioso tributario, dopo la creazione delle agenzie fiscali. La chiamata del Ministero in cassazione è, dunque, inammissibile ed il ricorso della parte contribuente va esaminato riguardo all’Agenzia delle entrate ed Equitalia Sud s.p.a., uniche legittimate ad causam (cfr. Cass. VI – 5, n. 15451/2017).

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione D.P.R. n. 634 del 1972, art. 76, lamentando che la disposizione richiamata dalla gravata sentenza disponga il termine prescrizionale decennale per l’imposta di registro, mentre nel presente caso si controverte di Irpef, Ilor, contributo SSN, contributo straordinario per l’Europa. Dalla lettura della sentenza si intende che il richiamo è stato fatto a titolo esemplificativo per affermare un termine generale e sussidiario di prescrizione decennale delle obbligazioni tributarie, peraltro già riconosciuto da questa Suprema Corte (Cfr. Cass. V, n. 7241/2019, n. 16001/2019). Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.L. n. 105 del 2005, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, come convertito dalla L. n. 156 del 2005. Nella sostanza, si lamenta non sia stato applicato il termine di decadenza per la notifica della cartella, ancorato come dies a quo alla presentazione della dichiarazione dei redditi introdotto dalla norma in oggetto. Più in particolare, si evidenzia come la disposizione citata sorga da (e debba quindi essere coordinata con) una pronuncia della Corte costituzionale, la n. 280/2005, ove si è dichiarata incostituzionale l’assenza di un termine decadenziale nel settore in esame, non colmabile con una pronuncia additiva e provocando l’intervento urgente del legislatore che al comma 5 ter, ha fissato quindi un termine per la notifica della cartella, specifico per gli accertamenti d’ufficio.

La ricostruzione del dato normativo porta ad altre conclusioni. Occorre ricordare che l’intervento della Consulta riguarda gli accertamenti automatizzati di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e nasce dalla disciplina del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, che nella versione antecedente dal 9 giugno 2001 richiedeva la notifica della cartella entro quattro mesi dalla consegna del ruolo, che nel caso di specie è avvenuta il 2 ottobre 2002, quindi la notifica sarebbe dovuta avvenire al 2 febbraio 2003. Tuttavia, alla data di consegna del ruolo era già entrato in vigore al 9 giugno 2001 il D.Lgs. n. 193 del 2001, eliminando il termine di quattro mesi

dalla consegna del ruolo, senza sostituirlo con altro. Di qui la citata pronuncia della Consulta, ove richiede al legislatore la fissazione di un termine, segnatamente per gli accertamenti automatici di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis. La risposta alla sollecitazione del giudice delle leggi arriva con la novella all’esame, ove all’art. 5 ter, vengono disposti i diversi termini decadenziali, ciascuno per il tipo di accertamento in rapporto alla data di presentazione dei redditi, mentre all’art. 5 bis, vengono disposte le misure transitorie unicamente per le procedure automatizzate di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis.

L’accertamento qui in discussione ha pacificamente natura di accertamento d’ufficio, cui non possono applicarsi le procedure transitorie del citato art. 5 bis, ma non possono nemmeno applicarsi quelle dell’art. 5 ter che non ha natura interpretativa retroattiva, nè valenza di norma transitoria, ma di disciplina ordinaria, con entrata in vigore a far data dal 9 agosto 2005, quindi vigente -ratione temporis – per le cartelle da notificarsi relative ad accertamenti svolti successivamente a quella data. In definitiva, per accertamenti diversi da quello automatizzato, avvenuti prima del 9 agosto 2005, non vi è un termine decadenziale di notifica della cartella, donde è applicabile quello decennale di prescrizione del credito. Questa Corte ha fin da subito espresso questa linea interpretativa, per cui “Alla cartella esattoriale emessa a seguito di accertamento tributario divenuto definitivo non è applicabile, in via analogica, il termine perentorio di notifica, decorrente dalla dichiarazione del contribuente, stabilito nel D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5-bis, lett. c), convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1, in quanto tale previsione normativa, emanata in ossequio alla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale, riguarda esclusivamente le cartelle relative alle liquidazioni, fondate su un’attività di verifica meramente formale, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, mentre in caso di accertamento definitivo, essendo la cartella preceduta da un’attività istruttoria da compiere in termini decadenziali predeterminati, non si determina quella indefinita soggezione temporale alla verifica del fisco che la Corte costituzionale ha inteso censurare con la predetta sentenza”, (Così Cass. V, n. 6148/2009, n. 1388/2011, n. 26055/2015). A tali principi ermeneutici si è attenuta la gravata sentenza, per cui il motivo è infondato.

3. Con il terzo motivo si prospetta parimenti eccezione ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli art. 140 e 156 c.p.c., nel concreto censurando la procedura di notifica e, soprattutto, l’effetto sanante della costituzione qualora i tentativi di notifica prima del deposito presso la casa comunale (dove poi è stato comunque ritirato da incaricata del contribuente) siano viziati in modo aberrante. Nello specifico la parte contribuente stigmatizza come un atto destinato ad un indirizzo in un comune finisca presso la casa comunale di un altro. La difesa erariale ha sul punto evidenziato come l’indirizzo originario risultasse dall’anagrafe tributaria, dimostrando la diligenza dell’Ufficio, ma in ogni caso la CTR ha fatto leva sull’indirizzo di questa Corte per cui l’impugnazione tempestiva da parte del contribuente ha efficacia sanante di ogni vizio di notifica, dimostrando che la notificazione ha raggiunto il proprio scopo, mantenendo un legame fra atto e suo destinatario. Sulla base della pronuncia di questa Corte a Sezioni unite n. 19854/2004, anche di recente è stato ribadito che In tema di notifica della cartella di pagamento, l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, tra cui, in particolare, i vizi relativi all’individuazione del luogo di esecuzione, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello scopo (cfr. Cass. V, n. 21865/2016).

La CTR si è attenuta ai principi enunciati da questa Corte di legittimità, per cui il motivo è infondato.

4. Con il quarto motivo si profila violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione, laddove rigettando il ricorso incidentale si limita affermare che la definitività dell’accertamento deriva dall’ampia disamina del giudice di primo grado, ritenuta pienamente condivisibile.

Sul punto è intervenuta questa Corte affermando che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purchè resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. Civ., 8 gennaio 2015, n. 107; Cass. Civ., 6 marzo 2018, n. 5209; Cass. Civ., 14 febbraio 2003, n. 2196). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. Civ., 22022 del 2017). Tale è il caso in poggetto, poichè non è ricostruibile -nè nella parte motiva, nè nella parte narrativa, da dove il giudicante abbia dedotto la correttezza delle operazioni svolte dal primo giudice e quali esse siano state.

Il motivo è quindi fondato e merita accoglimento.

5. Con il quinto motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente motivazione circa il medesimo punto che precede, ovvero la rituale (o meno) notificazione dell’accertamento a monte della cartella. Il motivo è fondato per le medesime ragioni che precedono.

6. Con il sesto motivo si profila censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli art. 115,116 e 210 c.p.c., per non aver considerato le argomentazioni contenute nella memoria di parte privata ed aderito alle richieste istruttorie che avrebbero dimostrato la mancata notifica dell’atto di accertamento presupposto. Il motivo può ritenersi assorbito nell’accoglimento di quello che precede.

7. Con il settimo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione art. 112 c.p.c., omessa pronuncia, laddove l’appello incidentale non si limitava ad accertare la nullità della notifica dell’accertamento presupposto, ma altresì una subordinata, però con le stesse conclusioni ove fosse stato accolto l’appello principale (relativo ai termini di notifica della cartella), nonchè ulteriore domanda nel dichiarare nulla dovuto dal contribuente per i titoli di cui è causa, cui segue la richiesta di condanna dell’Ufficio e dell’Agente per la riscossione a titolo di danni e per lite temeraria. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento dei motivi 4 e 5.

8. Con l’ottavo ed ultimo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 4, e violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’appello incidentale del concessionario – agente per la riscossione, contestandone la tempestività e l’adeguatezza dei documenti prodotti in copia ad attestazione della ritualità della notifica della cartella esattoriale.

Il motivo coglie una sola delle rationes decidendi sul punto, poichè se la gravata sentenza tiene conto del citato apporto probatorio, non di meno attesta la sanatoria della (ir)regolarità della notifica sulla circostanza che il contribuente abbia saputo impugnare nei termini l’atto (comunque) notificato. Il motivo è quindi inammissibile.

In definitiva, il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione e merita accoglimento.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e finanza, accoglie i motivi n. 4 e 5; rigetta i motivi n. 1, 2 e 3; dichiara assorbiti i motivi n. 6 e 7; dichiara inammissibile il motivo n. 8, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR per il Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la definizione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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