Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12785 del 22/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.22/05/2017), n. 12785
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16202-2016 proposto da:
L.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASQUALE
LEONARDI CATTOLICA 3, presso lo studio dell’avvocato MARCO OLIVETI,
che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ALLIANZ SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2675/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 27/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che, con sentenza resa in data 27/4/2016, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dalla Allianz s.p.a., e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda avanzata da L.B.A. per la condanna della Allianz s.p.a. (già Lloyd Adriatico s.p.a.) al pagamento, in proprio favore, dell’indennità relativa un contratto di assicurazione per infortuni professionali concluso tra le parti;
che, sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il danno alla persona denunciato dal L.B. non fosse causalmente riconducibile all’infortunio professionale dedotto in giudizio (siccome dipendente da condizioni fisiche o patologiche preesistenti), con la conseguente estraneità delle conseguenze dannose alla copertura prevista dal contratto di assicurazione evocato in giudizio;
che, avverso la sentenza d’appello, L.B.A. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
che la Allianz S.p.A. non ha svolto difese in questa sede;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria;
considerato che, con il ricorso proposto, il L.B. censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente escluso che le conseguenze lesive sofferte dallo stesso non fossero dipese dall’infortunio professionale dedotto in giudizio, essendosi le stesse manifestate a seguito di una causa esterna e violenta incompatibile con qualsivoglia patologia preesistente;
che al riguardo, osserva il collegio come, attraverso la censura critica articolata con il ricorso, il l.B., lungi dal dedurre l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo controverso (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), si sia inammissibilmente spinto a prospettare la rinnovazione, in questa sede di legittimità, del riesame nel merito della vicenda oggetto di lite, come tale sottratto alle prerogative della Corte di cassazione;
che deve infatti qui ribadirsi il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);
che, nella specie, la Corte d’appello di Roma ha espressamente evidenziato come dall’esame degli elaborati tecnici eseguiti nel corso del procedimento, fosse emersa con sufficiente certezza e inequivocità la non riconducibilità causale dei danni alla persona dedotti dal ricorrente all’infortunio professionale denunciato;
che il giudice d’appello ha elaborato tali considerazioni nell’esercizio della discrezionalità valutativa ad esso spettante, nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica dell’interpretazione e di congruità dell’argomentazione, immuni da vizi d’indole logica o giuridica e, come tali, del tutto idonee a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
che, sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere rilevata l’inammissibilità del ricorso;
che alla dichiarazione dell’inammissibilità del ricorso non segue l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo la società intimata svolto difese in questa sede.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 6 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017