Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12784 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12784 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 16774-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
1755

SVAMPA GIUSEPPE;
– intimato \

avverso la sentenza n. 121/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 28/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 19/06/2015

udienza del 06/05/2015 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per

Z’

16774/10
Fatto
Con sentenza n. 121/1/09, depositata i128.4.2009, la Commissione Tributaria
Regionale delle Marche rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate
avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Macerata n.
106/02/2006 che aveva accolto il ricorso del sig. Svampa Giuseppe avverso la
delle rate di condono, ex art. 9 bis 1. 289/2002, successiva alla prima, non inficiasse
la validità della relativa istanza presentata dal contribuente.
L’ Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione o falsa applicazione dell’art.9 bis, comma uno, 1. 289/02, in relazione
all’articolo 360, numero tre, c.p.c., rilevando come, a differenza di altre forme di
sanatoria previste alla L. n. 289 del 2002 (artt. 7, 8, 9, 15 e 16), I’ art.9 bis,
comma uno, 1. 289/02,non ha previsto l’efficacia della sanatoria anche
nell’ipotesi di tardivo o omesso versamento di una o più rate successive alla
prima;
b) violazione o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1, lett. a) d.p.r. 602/73,
vigente ratione temporis, e, sotto altro profilo, dell’art.9 bis, comma uno, 1.
289/02, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c.,rilevando l’erroneità della
decisione impugnata avendo la CTR annullato integralmente la cartella di
pagamento e non solo limitatamente alla irrogazione delle sanzioni in misura
intera sulle somme corrisposte tempestivamente;
L’ intimato non si è costituito nel giudizio di legittimità.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 6.5.2015, in cui il PG ha concluso
come in epigrafe.
Motivi della decisione
È fondato il primo motivo di ricorso, assorbente del secondo.
Le disposizioni in materia di condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali
dell’ordinamento tributario ed integrano sistemi compiuti di natura eccezionale. Ne
consegue che anche ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste
dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, costituisce una propria specifica disciplina, di
stretta interpretazione, non suscettibile di essere integrata in via ermeneutica né dalle
norme generali dell’ordinamento tributario, né da quelle dettate per altre forme di
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cartella di pagamento Irpef, per l’anno 2000, ritenendo che il ritardato pagamento

definizione, persino se contemplate dalla medesima legge, dovendosi, quindi,
escludere l’applicabilità dei principi elaborati con riguardo all’ipotesi di condono
fiscale regolati dall’art. 62 bis della legge 30 dicembre 1991, n. 413, alla previsione
di cui all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, in quanto solo con riguardo a
quest’ultima ipotesi (di condono cosiddetto clemenziale) è necessaria, non venendo in
discussione la sussistenza dei debiti tributari emergenti dalle dichiarazioni dello
stesso contribuente, l’integrità e la tempestività di tutti i versamenti in sanatoria
(Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25238 del 08/11/2013)
Infatti il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis ha struttura e funzione
diversa rispetto alle altre forme di sanatoria previste alla L. n. 289 del 2002 (arti. 7, 8,
9, 15 e 16). Infatti, mentre le seconde introducono un “condono tributario premiale”,
riconoscendo al contribuente il diritto potestativo di chiedere che il suo rapporto
giuridico tributario sia sottoposto ad un accertamento straordinario, da effettuarsi
cioè secondo regole diverse da quelle ordinarie, l’art. 9 bis concerne invece un
“condono tributario clemenziale”, che, basandosi sul presupposto di un illecito
tributario, elimina o riduce le sanzioni e, a determinate condizioni, concede modalità
di favore per il loro pagamento, ma senza prevedere aldina forma di accertamento
tributario straordinario (sulle due specie di condono tributario (Corte cass. 12.3.2004,
n. 5077; id. V sez. 31.8.2007 n. 18353).
Il condono “demenziale” non richiede, quindi, una necessaria attività di
liquidazione ex art. 36 bis D.P.R. n. 600 del 1973, non comportando alcuna
incertezza in ordine al “quantum” da versarsi da parte del contribuente per definire
favorevolmente la vicenda fiscale, trattandosi dell’ammontare dal medesimo indicato
nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi
come previsti dal comma 4.
La definizione agevolata ai sensi dell’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle
imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31
dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale
data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini
e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali

quelle contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che considerano
efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che
sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di
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e

condono, di carattere eccezionale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21364 del 30/11/2012)
Ne consegue che, in ipotesi di pagamento rateale previsto dall’art. 9 bis (come
modificato dalla legge n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, legge finanziaria per il
2004), il condono -in quanto rimesso alla mera attività di liquidazione e versamento
della somma da parte del contribuente- produce la definizione della lite pendente
soltanto con l’integrale pagamento delle rate dovute nei termini prescritti dal comma
1 dell’art. 9 bis legge n. 289/2002, essendo legittimata l’Amministrazione
della originaria imposta dovuta (cfr Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25238 del
08/11/2013, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10650 del 07/05/2013, Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 19546 del 23/09/2011, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20746 del 06/10/2010,
Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20745 del 06/10/2010).
Pertanto “al condono legge n. 289 de 2002, ex art. 9 bis non può ritenersi applicabile
il principio da questa Corte affermato con riferimento alla chiusura delle liti fiscali
pendenti prevista dalla legge n. 289 del 2002, art. 16 in base al quale nel caso in cui il
contribuente si avvalga della facoltà, prevista dal comma 2 di detta disposizione, di
versare ratealmente l’importo dovuto, soltanto l’omesso versamento della prima rata
comporta l’inefficacia dell’istanza di condono, con la conseguente perdita della
possibilità di avvalersi della definizione agevolata, mentre in caso di mancato
versamento delle rate successive si procede ad iscrizione a ruolo (a titolo definitivo)
dell’importo dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14 con addebito di una
sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate (ridotta alla
metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza
della rata), oltre agli interessi legali (cfr Cass. 6.10.2010 n. 20745; Cass. 23.7.2010
n. 17396, in motivazione Cass., 23/10/2006, n. 22788, Cass., 28/5/2007, n. 12410,
Cass., 22/3/2006, n. 6370.
La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito,
ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente, non
essendo contestato che l’importo richiesto con la cartella, come affermato
dall’Ufficio, era stato calcolato al netto delle somme corrisposte dal contribuente in
occasione dell’istanza di definizione.
Essendosi l’orientamento giurisprudenziale consolidato in epoca successiva alla
presentazione del ricorso sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese
dell’intero giudizio.
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,v

finanziaria, in difetto del perfezionamento della definizione della lite, al recupero

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata e decidendo la causa nel merito rigetta il ricorso introduttivo del
contribuente.
Dichiara compensate le spese relative all’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 6.5.2015

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