Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12781 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 10/06/2011), n.12781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33533/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

VETRO INFISSI PIETRO SCIARRA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio

dell’avvocato MAGNANI Cristiana, che lo rappresenta e difende, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato MAGNANI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.r.l. Vetro Infissi Pietro Sciarra impugnò un avviso di accertamento per Irpeg e Ilor relativo all’anno d’imposta 1989, deducendo di aver presentato una proposta di accertamento con adesione e provveduto ai relativi versamenti.

L’amministrazione finanziaria controdedusse che la proposta in questione, in quanto non proveniente dall’ufficio, non potevasi ritenere determinativa di effetti.

La commissione tributaria provinciale di Roma accolse il ricorso e la relativa pronuncia venne confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio con la sentenza n. 144/20/2005. Il giudice d’appello premise che l’ordinamento tributario consente anche al contribuente di proporre istanza di adesione nell’ipotesi di avviso di rettifica, di accessi, ispezioni e verifiche, e che a dette istanze “segue l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di formulare invito al contribuente a comparire”. Sostenne quindi che, nella specie, la società aveva presentato una sua proposta per gli anni dal 1988 al 1993, pagando il dovuto; sicchè valutò che il silenzio serbato dall’ufficio tributario “non solo a fronte della proposta ma, altresì, in presenza di pagamenti per somme non esigue” dovesse costituire “implicita adesione all’integrazione reddituale e di imposta avanzata dalla società”.

Avverso questa sentenza il Ministero dell’economia e l’agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione affidato a un motivo. La società resiste con controricorso illustrato anche da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Deducendo violazione e falsa applicazione del D.L. n. 564 del 1994, artt. 2 bis e 3, conv. con mod. in L. n. 656 del 1994, nonchè del D.P.R. n. 177 del 1995, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, l’amministrazione censura la sentenza sostenendo che l’atto unilaterale del contribuente, che manifesta la volontà di rettificare il reddito mediante accertamento con adesione, sebbene seguito dal pagamento dell’imposta, non consente di ritenere perfezionato l’istituto “venendo a mancare sia l’elemento essenziale del contraddittorio, che l’adesione alla proposta dell’ufficio finanziario”.

Sostiene altresì che, seppure il contribuente può formulare una proposta di accertamento con adesione, il silenzio dell’amministrazione non può essere considerato come adesione implicita alla proposta medesima, “in quanto la normativa richiamata prevede espressamente che, qualora sia il contribuente a formulare la proposta (..), l’ufficio è tenuto a verificare che non ricorrano le condizioni ostative e solo in tal caso manifestare il proprio assenso”. Aggiunge che, quand’anche si volesse ritenere l’accertamento con adesione espressione di un accordo di natura negoziale tra l’amministrazione e il contribuente, l’accertamento, in conformità al principio generale che vige in materia di contratti della p.a., dovrebbe risultare da atto scritto.

A siffatta tesi la società controricorrente oppone che, nei propri confronti, non sussistevano cause ostative all’ammissione al concordato, sicchè l’ufficio finanziario, ricevuta la proposta, avrebbe dovuto necessariamente ammetterla; donde l’applicabilità alla fattispecie del principio del silenzio-assenso.

2. – Devesi preliminarmente dichiarare l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto dal Ministero dell’economia e finanze, che non fu parte degli anteriori gradi di merito e che è soggetto distinto dall’agenzia fiscale, ente a sua volta dotato di autonomia soggettiva di diritto pubblico ex D.Lgs. n. 300 del 1999.

Risulta dalla sentenza esservi stata, negli anteriori gradi di merito, assunzione in via esclusiva, da parte dell’agenzia delle entrate, della gestione del contenzioso, con conseguente spettanza a essa soltanto dell’esercizio dei correlati poteri processuali in ordine all’impugnazione in sede di legittimità (per tutte, sez. un. 2006/3116).

3. – La questione posta col ricorso prioritariamente attiene alla necessità di stabilire se sia o meno consentito, al contribuente che non abbia ricevuto la proposta di accertamento con adesione per anni pregressi (D.L. n. 564 del 1994, art. 3), di formulare lui direttamente la proposta e di pagare gli importi dovuti in base alla rettifica reddituale conseguente.

Sul punto questa Corte ha precisato che “in tema di accertamento con adesione del contribuente per anni pregressi (cosiddetto concordato di massa), di cui al D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994 n. 656, la mancata ricezione di una proposta di definizione da parte dell’ufficio entro il 31 agosto 1995, per le annualità fino al 1992, ed entro il 15 ottobre 1995, per l’annualità 1993, non consente al contribuente di procedere all’autoliquidazione, ma solo di chiedere all’ufficio la formulazione di una nuova proposta – semprechè non ricorrano cause ostative – come stabilito dall’art. 6, comma 5, del regolamento approvato con D.P.R. 13 aprile 1995, n. 177 e previsto dal citato D.L. n. 564 del 1994, art. 3” (Cass. n. 1630/1999).

Il principio è stato ribadito, più di recente, nel quadro di una generale affermazione di non sufficienza della iniziativa mera del contribuente: “In tema di accertamento con adesione, la revoca del diniego – opposto in presenza di cause ostative di carattere penale – del beneficio previsto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, conv. in L. 30 novembre 1994, n. 656, a seguito dell’abrogazione dell’art. 2 bis del decreto, che tali preclusioni stabiliva, disposta dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 17, non comporta di per sè, ancorchè sia stato versato il quantum definitorio, l’accoglimento dell’istanza di accertamento con adesione originariamente avanzata, in quanto, una volta accertata da parte dell’ufficio l’eliminazione dell’ostacolo all’ammissibilità della procedura rappresentato dalla caduta della preclusione penale, la validità dell’istanza stessa è pur sempre condizionata alla verifica della sussistenza degli altri presupposti di legge, tra i quali sono comprese le modalità di formazione della proposta dell’amministrazione destinata all’adesione del contribuente. Nel sistema regolato dal D.L. n. 564 del 1994, e definito dai regolamenti di attuazione degli artt. 2 bis e 3, infatti, l’adesione, che pure è rimessa alla valutazione di convenienza del contribuente a prescindere dal formale avvio del contraddittorio con l’ufficio finanziario, richiede pur sempre l’invio all’interessato dell’avviso contenente la proposta di accertamento (alla quale, nella specie, non si era mai pervenuti), e dunque un atto di impulso dell’amministrazione non surrogabile dalla mera iniziativa della parte, cui compete l’accettazione a perfezionamento dell’accordo mediante pagamento, ovvero la richiesta di formulazione di una nuova proposta, non essendo, perciò, configurabile un versamento in autoliquidazione della maggiori somme dovute con ammissione automatica all’agevolazione in virtù del meccanismo del silenzio accoglimento” (così Cass. n. 676/2007).

4. – Non è quindi determinante, nell’ottica appena evidenziata, la circostanza – sottolineata nel controricorso della società e ripresa in memoria – che non esistano (o non siano eccepite) cause ostative al concordato.

L’accertamento con adesione del contribuente per gli anni pregressi, pur facendo riferimento a elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria, che tengano conto – per ciascuna categoria economica – della distribuzione dei contribuenti per fasce di ricavi o di compensi e di redditività risultante dalle dichiarazioni secondo modalità e criteri specificati nel regolamento attuativo, in ogni caso presuppone l’accettazione di importi elaborati e proposti dagli uffici, ancorchè in mancanza di discrezionalità nella fissazione degli stessi secondo la misura di legge.

Il che equivale a dire, da un lato, che l’istituto non si perfeziona in mancanza del suo schema tipico, e, dall’altro, che, a prescindere dal formale avvio del contraddittorio con l’ufficio, l’atto contenente la proposta (che appunto compete solo all’ufficio) non è surrogabile mediante il silenzio sull’avversa iniziativa di parte, cui invece compete la sola accettazione in alternativa alla richiesta di formulazione di una nuova proposta (D.P.R. n. 177 del 1995, art. 6, comma 5).

5. – La sentenza impugnata non si è attenuta ai principi appena esposti e dunque va soggetta a cassazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può la Corte pronunciare nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e rigettare l’originaria impugnazione avverso l’avviso di accertamento.

L’esiguità del valore della controversia giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e finanze. Accoglie il ricorso dell’agenzia delle entrate; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso avverso l’avviso di accertamento. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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