Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12780 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6821/2012 R.G. proposto da:

Cementedil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via XX Settembre n. 3, presso lo

studio dell’avv. Fabrizio Cipollaro, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 32/09/11, depositata il 10 febbraio 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio

2020 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con la sentenza n. 32/09/11 del 10/02/2011, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dalla Cementedil s.r.l. avverso la sentenza n. 487/23/07 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da Cementedil s.r.l. avverso gli avvisi di accertamento per IRPEG, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2003 e 2004;

1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata e per quanto ancora interessa in questa sede, gli avvisi di accertamento erano stati emessi per violazioni tributarie connesse all’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello della società contribuente osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) non costituiva “condizione di invalidità dell’accertamento, la mancata alligazione del PVC quando questo sia noto, per essere stato redatto alla presenza del contribuente e da quest’ultimo sottoscritto, come nel caso di specie”; b) la Tekno Costruzioni s.r.l. non aveva “svolto alcuna attività in favore della Cementedil srl e pertanto i costi dalla stessa addebitati alla Cementedil medesima” non erano deducibili; c) la qualità di “cartiera” della Tekno Costruzioni s.r.l. è supportata dalla assenza di contratti di appalto e della mancanza di mezzi e personale dipendente e, a fronte di tali emergenze istruttorie, non costituiva prova idonea il pagamento delle forniture con assegni non trasferibili;

2. Cementedil s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso Cementedil s.r.l. deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non essendosi la CTR pronunciata in merito all’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento impugnati per mancata allegazione agli avvisi medesimi e al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza sia del verbale di verifica e contestazione a carico del terzo Tekno Costruzioni s.r.l., sia degli altri atti investigativi e verbali compilati a carico di terzi;

2. il motivo è fondato;

2.1. effettivamente la CTR ha omesso qualsiasi riferimento alla specifica contestazione formulata in primo e secondo grado dalla società contribuente;

2.2. in proposito, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, “nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento” (Cass. n. 1906 del 29/01/2008; Cass. n. 28058 del 30/12/2009; Cass. n. 6914 del 25/03/2011; Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017);

2.2.1. pertanto, la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto richiamato dall’avviso di accertamento non si realizza necessariamente, con la pedissequa trascrizione delle sue parti rilevanti nel contesto dell’atto impositivo, ma anche con la semplice indicazione, in forma riassuntiva, del suo contenuto essenziale, per come apprezzato e valutato dall’Amministrazione finanziaria e, quindi, posto a sostegno della pretesa impositiva;

2.2.2. ne consegue che l’obbligo di allegazione riguarda i soli atti che non siano stati riprodotti nella loro parte essenziale nell’avviso di accertamento, con esclusione, altresì: a) di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur essendo considerati irrilevanti ai fini della motivazione, sono comunque utilizzabili per la prova della pretesa impositiva (Cass. n. 24417 del 05/10/2018); b) di quelli di cui il contribuente abbia già integrale o legale conoscenza (Cass. 9323 del 2017, cit.; Cass. n. 407 del 14/01/2015; Cass. n. 18073 del 02/07/2008), tra i quali rientrano certamente anche quelli comunicati al contribuente poi fallito, dovendosi presumere la conoscenza degli stessi da parte del curatore (Cass. n. 24254 del 27/11/2015; Cass. n. 20166 del 07/10/2016; Cass. n. 27628 del 30/10/2018);

2.3. la sentenza impugnata va, dunque, cassata in parte qua e rimessa alla CTR del Lazio, che dovrà procedere a nuovo esame tenuto conto dei principi di diritto più sopra menzionati;

3. con il secondo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR omesso di pronunciare sulla domanda con la quale la società contribuente ha chiesto di non considerare relative ad operazioni inesistenti le fatture emesse con riferimento ai cantieri di Roma, località Parco dei Medici, Roma, via Pietro Mascagni, e Fiumicino, via Portuense, in ordine alle quali non sussisterebbero riscontri certi;

4. il motivo è infondato;

4.1. la CTR ha ritenuto inesistenti tutte le fatture concernenti i rapporti tra Tekno Costruzioni s.r.l. e Cementedil s.r.l., sicchè deve ritenersi che si sia pronunciata, sia pure indirettamente, sulla domanda proposta dalla ricorrente;

5. con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo la CTR preso in considerazione le circostanze allegate dalla ricorrente e idonee a dimostrare la buona fede della stessa e la sua estraneità alla frode perpetrata;

6. il motivo è fondato;

6.1. non è in contestazione che le fatture emesse da Tekno Costruzioni s.r.l. in favore di Cementedil s.r.l. attengano ad operazioni soggettivamente inesistenti in quanto i lavori cui le stesse si riferiscono sono stati effettivamente realizzati: ciò che l’Amministrazione finanziaria contesta e che tali opere siano state realizzate da Tekno Costruzioni s.r.l., società priva di mezzi e di personale e, quindi, impossibilitata a realizzare la prestazione fatturata;

6.2. ciò premesso, “l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta;

la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente;

incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda, anche per riferimenti relativi alla giurisprudenza unionale);

6.3. il compito dell’Amministrazione finanziaria è, quindi, quello di fornire elementi indiziari: a) relativi alla fittizietà del contraente (la società cd. “cartiera”); b) concernenti la consapevolezza della contribuente circa la propria partecipazione alla frode (in tal caso gli elementi indiziari allegati non possono essere gli stessi concernenti la mera fittizietà del contraente);

6.4. la CTR ha concentrato la propria attenzione unicamente sul requisito sub a), affermando la sussistenza di fondate prove presuntive della interposizione fittizia di una società cartiera, ma nulla ha dedotto in ordine alla diversa questione della consapevolezza della frode in capo alla società contribuente, trascurando del tutto la valutazione degli elementi indiziari forniti da Cementedil s.r.l. (e consistenti essenzialmente nella regolare sussistenza di una posizione previdenziale in capo a Tekno Costruzioni s.r.l. e nello svolgimento di trattative con tale S.L., legale rappresentante di quest’ultima e di altra società pure contraente con la contribuente);

6.5. la sentenza impugnata va, dunque, cassata in parte qua affinchè il giudice di rinvio riesamini la documentazione prodotta anche al fine di verificare la consapevolezza della frode in capo alla Cementedil s.r.l.;

7. con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (ora 109), (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, a fronte di fatture soggettivamente inesistenti, i costi sono comunque deducibili;

8. il motivo è fondato;

8.1. il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, conv. con modif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44, ha sostituito la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, nel modo che segue: “Nella determinazione dei redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 c.p.p., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 del citato codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 c.p.. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p., ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p., fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 c.p.p., compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”;

8.1.1. il cit. art. 8, comma 3, ha poi stabilito, per quanto qui interessa, che le disposizioni di cui al cit. comma 1 “si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore” dello stesso comma 1, “ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al cit. comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi”;

8.2. sul tema, posta l’assoluta indetraibilità dell’IVA (ex multis, Cass. n. 24426 del 30/10/2013), questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, anche sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 16 del 2012, che la nuova normativa comporta che, poichè nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, i beni acquistati – di regola (e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perchè non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità;

8.3. va, pertanto, ribadito il principio di diritto in virtù del quale, in tema di imposte sui redditi, a norma della L. n. 37 del 1993, art. 14, comma 4 bis, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato), anche per l’ipotesi che l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (cfr. Cass. n. 10167 del 20/06/2012; Cass. n. 24426 del 30/10/2013; Cass. n. 26461 del 17/12/2014; Cass. n. 25249 del 07/12/2016);

8.4. tale disciplina, stante il chiaro disposto del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 3, ha efficacia retroattiva, sicchè essa trova applicazione anche alla fattispecie concreta, ancorchè la vicenda, relativa agli anni d’imposta 2003 e 2004, ne preceda l’entrata in vigore;

9. in conclusione, vanno accolti il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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