Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12780 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/06/2016, (ud. 01/06/2016, dep. 21/06/2016), n.12780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7819-2010 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

DELLE MILIZIE 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

CATTARULLA, rappresentato e difeso dagli avvocati CONCETTA GAMBINO,

FABRIZIO GRANATA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 218/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 23/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito per il controricorrente l’Avvocato GUIDA che si richiama agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Commissione tributaria regionale di Napoli – Sez. Salerno, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Avellino, ha confermato l’accertamento, per l’anno d’imposta 2000, ai fini dell’Iva e dell’Irpef (nonchè dell’Irap) notificato, anche a seguito del contraddittorio con il contribuente, ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies (conv. nella L. n. 427 del 1993), al sig. R.P. il cui ricorso era stato accolto in prime cure, facendo valere l’errore commesso con l’inserire al rigo RG7, anzichè a quello RG8, le rimanenze finali relative ad opere, forniture e servizi pluriennali.

1.1. Il giudice di appello, per quello che qui ancora rileva ed interessa, dopo aver osservato che l’accertamento era legittimo, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, in base agli studi di settore per la determinazione presuntiva dei ricavi, compensi e volume di affari, ha affermato che il contribuente non aveva provato che “tratta(va)si di lavori di durata pluriennale”, non bastando, al riguardo, la produzione del prospetto riguardante le opere, forniture e servizi in corso di esecuzione, a firma del contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 60, comma 6, essendo necessaria, invece, l’esibizione delle fatture relative all’esecuzione dei lavori che, essendo iniziati nel corso dell’anno 2000, erano sicuramente ultimati al momento del giudizio.

2. Avverso tale pronuncia ricorre il contribuente, con ricorso affidato a quattro mezzi.

3. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo (Violazione o falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies L. n. 212 del 200, art. 12, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e artt. 3, 24, 53, 97 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 il ricorrente censura la sentenza impugnata perchè l’AF avrebbe determinato il reddito sulla base delle sole risultanze degli studi di settore, nonostante l’erroneità della loro applicazione, in considerazione delle rimanenze finali, ai sensi del D.P.R. n. 600, art. 60 che erano state indicate al rigo G7 anzichè G8 della propria dichiarazione, come chiarito in sede di contraddittorio amministrativo, con la rettifica dell’errore, correzione ignorata dall’Ufficio che avrebbe perciò applicato gli studi di settore.

1.1. La CTR avrebbe errato ritenendo inconferenti le risultanze delle scritture contabili obbligatorie ed il dettaglio delle rimanenze, così non facendo applicazione dei principi sulla rettificabilità della dichiarazione fiscale affetta da errori.

1.2. La CTR avrebbe errato anche nel non motivare in ordine alle discrasie risultanti tra le risultanze delle scritture contabili e la dichiarazione nonchè nello scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dallo studio di settore, pur posto a base dell’applicazione della rettifica utilizzando gli studi di settore.

2.Con il secondo Violazione o falsa applicazione D.P.R. n. 917 del 1986, art. 60 (oggi art. 93) TUIR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 il ricorrente censura la sentenza impugnata perchè la CTR non avrebbe osservato la disposizione richiamata, in base alla quale il prospetto delle rimanenze costituirebbe l’unico elemento probatorio idoneo a dimostrare sia l’ammontare che l’esistenza delle rimanenze finali relativi ai lavori pluriennali, avendo affermato che il dettaglio non fosse sufficiente ed idoneo a contrastare le risultanze dello studio di settore.

2.1. Infatti, ove si fosse tenuto conto dell’importo relativo ai lavori di durata ultrannuale, lo scostamento sarebbe risultato sensibilmente inferiore rispetto alle emergenze dello studio di settore.

3. Con il terzo (Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5; Violazione dell’art. 11 Cost., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) si lamenta la mancanza della motivazione in ordine alla pretesa inidoneità del prospetto delle rimanenze finali e del suo impatto sull’applicazione dello studio di settore.

3.1. la carenza motivazionale sarebbe tale da integrare la violazione di legge.

4.Con il quarto (Violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente censura la sentenza impugnata perchè la CTR non avrebbe motivato in ordine all’inidoneità della documentazione depositata a giustificare lo scostamento dallo studio di settore e le ragioni circa l’insufficienza o inidoneità dei registri obbligatori e del dettaglio delle rimanenze a dimostrare l’errore commesso in sede di dichiarazione.

5. I quattro mezzi, tra di loro connessi, possono essere trattati congiuntamente essendo tra di loro strettamente connessi.

5.1. La sentenza impugnata ha posto a base della reiezione dell’appello l’affermazione – qui censurata – secondo cui il contribuente non aveva provato che “tratta(va)si di lavori di durata pluriennale”, non bastando, al riguardo, la produzione del prospetto riguardante le opere, forniture e servizi in corso di esecuzione, a firma del contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 60, comma 6, essendo necessaria, semmai, l’esibizione delle fatture relative all’esecuzione dei lavori che, essendo iniziati nel corso dell’anno 2000, erano sicuramente ultimati al momento del giudizio.

5.2. Tale affermazione, non è, come si assume di contro, in contrasto con il tenore della disposizione richiamata (il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 60, comma 6) secondo cui “6. Alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante l’indicazione degli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della collocazione di tali elementi nei conti dell’impresa.”.

5.3. Invero, ai sensi del comma 1 della disposizione in esame è stabilito che “l. Le opere, le forniture e i servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale concorrono a formare il reddito, come rimanenze finali di ciascun esercizio al termine del quale sono in corso di esecuzione e come esistenze iniziali dello esercizio successivo, per il valore complessivo della parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto, salvo il disposto del comma 4.”.

5.3.1. Vale a dire che, per tali tipi di opere, con oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, le rimanenze finali di ciascun esercizio (che poi risultano anche come rimanenze iniziali di quello successivo) concorrono a formare il reddito d’impresa “per il valore complessivo della parte eseguita fin dall’inizio dell’esecuzione del contratto”, con le ulteriori precisazioni stabilite dal comma 4 dello stesso articolo.

5.4. Il contribuente ha rivendicato l’errore compiuto nell’indicazione della cifra corrispondente a tale voce di reddito in un rigo della dichiarazione piuttosto che nell’altro successivo (al rigo G7 anzichè G8), senza che tale errore sia stato ritenuto rilevante, non avendo la CTR considerato sufficiente l’allegata documentazione consistita nel prospetto prescritto dal comma 6 successivo, sulla base della considerazione che il contribuente non aveva provato affatto che “tratta(va)si di lavori di durata pluriennale”, non bastando, al riguardo, la produzione del prospetto.

5.5. Tale ragionamento, ad avviso del Collegio, non contrasta con la previsione del richiamato comma 6, poichè tale disposizione non esaurisce la prova relativa al carattere ultrannuale delle opere oggetto del contratto di appalto che, ove non chiare e dimostrative, devono essere integrabili attraverso ulteriori documenti, anche se non necessariamente attraverso le fatture, come affermato nella sentenza impugnata in questa sede.

5.6. Pertanto, l’interpretazione data dalla CTR alla disposizione richiamata (il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 60, comma 6) è conforme alla legge poichè non è stato contestata la correttezza dell’apposito prospetto ma l’impossibilità di desumere da esso la natura pluriennale dell’opera da eseguire non bastando l’indicazione di tutti gli elementi richiamati per permettere di verificare, in presenza dei dubbi nati al riguardo, la realizzazione di un’opera ultrannuale.

5.7. Nè la ricorrente ha ipotizzato un travisamento dei dati esposti o una loro incomprensione da parte dei giudici di merito.

5.8. In ossequio agli enunciati principi di diritto, il ricorso va respinto e le spese di questa fase, poste a carico della ricorrente, liquidate come da dispositivo.

PQM

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado di giudizio, che liquida – in favore della resistente – in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 1 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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