Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12779 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12779 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: MARULLI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 6585-2013 proposto da:
CEB SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA C.SO
VITTORIO EMANUELE II 287, presso lo

studio

dell’avvocato ANTONIO IORIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPE FALCONE con procura speciale
2015
1667

del Not. Dr. GIORGIO CARIANI in VIGNOLA rep. n. 82744
del 06/02/2013;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 19/06/2015

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 69/2012 della COMM.TRIB.REG. di
BOLOGNA, depositata il 20/09/2012;

udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
MARULLI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FALCONE che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A seguito di un invito a produrre, tra l’altro, i contratti di vendita degli
immobili conclusi nel biennio 2003-2005 e delle successive attività istruttorie
— dalle quali era emersa l’omessa contabilizzazione di ricavi per operazioni

dell’anno 2005 — l’ufficio 1 dell’Agenzia delle Entrate di Bologna notificava
alla C.E.B s.r.l. un avviso di accertamento, con cui recependo le viste
risultanze di indagine e, segnatamente, rilevando la sottofatturazione dei
corrispettivi determinata in base alla differenza tra i prezzi di vendita
dichiarati ed il valore degli immobili ceduti, procedeva a rettificare le
dichiarazioni IVA, IRAP ed IRES della parte per il corrispondente anno di
imposta, liquidava quindi le imposte evase ed applicava interessi e sanzioni
conseguenti.
La sentenza di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente,
era appellata da costei avanti alla CTR Emilia Roma, che con la sentenza
qui impugnata rigettava l’atto di gravame ritenendo che nessuno degli svolti
motivi di impugnazione potesse trovare accoglimento. In particolare, i giudici
di appello replicavano alla dedotta nullità dell’atto impugnato per
l’illegittimità del criterio induttivo utilizzato dai verificatori, chiarendo che
l’ufficio “aveva provveduto a riparametrare i valori delle unità immobiliari in
proporzione alla metratura dei singoli immobili”, dopo aver acquisito la
documentazione rilevante ed aver constatato, nel raffronto con i dati tratti
dall’Osservatorio del mercato immobiliare attivo presso l’Agenzia del
territorio, “l’inattendibilità dei corrispettivi dichiarati nei contratti di vendita”,
potendo invero “gli uffici rettificare le dichiarazioni IVA senza dover fornire
prove ulteriori … ogni volta che i corrispettivi dichiarati in sede di cessione
beni immobili risultino inferiore al valore normale di cui all’art. 14 D. .R.
633/72 e all’art. 9,comma terzo, Tuir”. Respingevano poi le dogli e in
ordine alle modalità operative seguite dall’ufficio, osservand
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Co

st o si

attive consistite nella vendita di 9 unità immobiliari avvenuta nel corso

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era si indotto alle successive attività istruttorie in forza delle presunzioni
semplici generate dal confronto tra prezzi dichiarati e valori dei beni su base
OMI, ma non si era limitato ad assumere a parametri questi ultimi valori,
“avendo invero tenuto presente anche ulteriori elementi tra cui la descrizione e
costruzione”, non ultimo, tra questi, la perizia di stima fatta eseguire da un
istituto bancario ai fini della concessione di un mutuo all’acquirente Battistini
— segnalante una disparità tra la somma finanziata ed il prezzo dichiarato —,
che essendo stata acquisita ai sensi dell’art. 32 D.P.R. 600/73 “ha assunto il
rango di presunzione legale relativa, utilizzabile per le operazioni di rettifica
ed accertamento secondo il principio dell’inversione dell’onere della prova a
carico del contribuente” e la cui attendibilità è indubbia, essendo “redatta
secondo un criterio prudenziale”.
La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dalla parte con un ricorso affidato
a tre motivi illustrati pure con memoria ex art. 378 c.p.c.
Resiste con controricorso la parte pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente censura l’impugnata
decisione per gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. in relazione agli
artt. 2727, 2728 e 2729 c.c. e 39, comma primo, lett. d), D.P.R. 600/73, poiché
la CTR, ragionando nei predetti e riferiti termini circa la efficacia probatoria
della perizia di stima, ha mostrato di conferire “valore di presunzione legale
relativa o, comunque, di presunzione semplice ad una valutazione espressa da
un terzo, formulata al di fuori di un giudizio, in una c.d. perizia di parte,
valutazione non riconducibile né alla norma sulle presunzioni legali di cui
all’art. 2728 c.c., né alla norma sulle presunzioni semplici di cui agli art. 2729
c.c. e 39, comma primo, lett. d) D.P.R. 600/73, dal momento che la c.d. perizia
di parte non solo non è prevista da alcuna norma come fonte di prestmzio e
legale, ma non costituisce alcun fatto noto utilizzabile per confi are,
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la localizzazione dell’immobile, lo stato conservativo ed il periodo di

neanche una presunzione semplice, contenendo essa solo una valutazione e,
quindi una opinione, come tale assolutamente inidonea a fondare una
presunzione”
2.2. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.

non contabilizzati originati dalla rilevata discrepanza tra i prezzi dichiarati
all’atto della rogitazione ed il valore che i beni compravenduti assumono nelle
ordinarie negoziazioni di mercato, ancorchè sia venuto a trovare attendibile
riscontro nella perizia di stima redatta dal tecnico su incarico della banca, a cui
uno degli acquirenti si era rivolto per la concessione di un mutuo ed acquisita
dai verificatori nel quadro delle attività di controllo dispiegate a mente degli
artt. 32, comma primo, n. 7, D.P.R. 600/73 e 51, comma secondo. n. 7, D.P:R
633 — alla luce della quale, annota la CTR, constava “l’indicazione del valore
di euro 185.000,00 superiore al prezzo rogitato (euro125.000,00)” — non si
fonda solo su questo elemento istruttorio costituito dalla perizia oggetto della
specifica censura, che sotto il profilo della sua adesione alle norme in tema di
procedimento presuntivo la società ricorrente muove alla decisione impugnata.
Poiché, ben diversamente da quello che mostra di credere la ricorrente — che,
nel limitare le ragioni del proprio dissenso al solo profilo della attribuita natura
al citato documento di presunzione legale, si sottrae al compito di sottoporre
ad una critica complessiva l’insieme degli argomenti accolti dal giudice
d’appello per confermare in parte qua la decisione di primo grado — la
sentenza impugnata, ripercorrendo analiticamente 1′ iter operativo seguito
dall’ufficio, attraverso le sue varie fasi (“nel contesto del piano di controllo
fiscale indotto nei confronti di società immobiliari e di costruzione,
l’amministrazione finanziaria ha acquisito come primo dato il valore o.na.i.
degli immobili venduti dalla contribuente, in particolare laddove, come nel
caso di specie, risultasse superiore al prezzo pagato come corrispett o
indicato negli atti di compravendita. Sulla base di tali differenze ..ha
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Come invero riferisce l’impugnata sentenza, l’accertamento di maggiori ricavi

proceduto all’acquisizione di ulteriori elementi, così avviando un’indagine
finalizzata a rilevare un’eventuale sottofatturazione da pare della società
cedente in sede di vendita degli immobili”) ha preso e dato atto che “nel
rettificare i valori delle compravendite l’ufficio … ha tenuto presente anche

stato conservativo ed il periodo di costruzione, rilevando inoltre evidenti
anomalie dal raffronto fra loro dei valori dei n. 9 appartamenti dell’unica
palazzina”) e che solo nel corso di tali indagini, come appunto ancora si legge
in essa,’ “è emerso un ulteriore … indice di non congruità del valore dichiarato
in atto” — rappresentato per l’appunto dalla perizia di stima redatta dal tecnico
incaricato dalla banca —, chiarendo in tal modo “che l’accertamento
dell’ufficio ha trovato fondamento probatorio in una serie di elementi
concorrenti tra loro”, rispetto ai quali la perizia di stima contestata nella sua
efficacia presuntiva dalla contribuente costituisce solo “un ulteriore
elemento”, pur se significativo, emerso nel corso delle successive attività di
indagine. Ne discende perciò che il ragionamento probatorio
complessivamente sviluppato dall’ufficio a conforto della pretesa trova
sostegno, non solo e non esclusivamente, nel citato documento bancario, che
costituisce solo un tassello, sia pur non trascurabile, nella ricostruzione
indiziaria della condotta evasiva imputata alla società, poiché, come la
sentenza si dà cura puntualmente di sottolineare, esso si vale di un tessuto
complessivo di risultanze in grado comunque di assicurarne l’attendibilità.
Sicché discettare se la perizia di stima rinvenuta nel corso delle indagini
bancarie presso l’istituto richiesto da uno degli acquirenti dell’erogazione di
un mutuo sia fonte o meno di una presunzione legale, come asserito dalla CTR
e contestato dalla parte, sollecita il giudizio della Corte su una questione priva
di interesse ai fini dell’accoglimento del ricorso, essendo invero inifluente per
sindacare la legittimità o meno dell’accertamento presuntivo operato nella
specie dall’ufficio sciogliere il detto interrogativo, quando, carne vi o, il
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Con

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ulteriori elementi, tra cui la descrizione e la localizzazione dell’immobile, lo

citato documento costituisca solo “un ulteriore elemento” ed altri non meno
significativi siano i riscontri indiziari oggetto della complessiva attività
accertatrice dispiegata dall’ufficio.
3.1. Il secondo motivo di ricorso denuncia ex art. 360, comma primo, n. 3

223/06, 39, comma primo, lett. d), D.P.R. 600/73 e 54 D.P.R. 633/72 e
consistito “nell’aver assegnato valore di presunzione alla concessione di
/
mutuo nei confronti della signora Battistini, sia perché la CTR ha applicato
una norma abrogata sia perché la Battistini ha dichiarato una somma maggiore
del mutuo”, ammontando questo a 55.000,00 euro ed essendo stato viceversa
dichiarato nel rogito il prezzo di euro 125.000,00 curo.
3.2. Il motivo è inammissibile tanto con riferimento alla prima contestazione
(“la CTR ha applicato una norma abrogata”) quanto con riferimento alla
seconda (“la Battistini ha dichiarato una somma maggiore del mutuo”).
Lo è intanto con riferimento alla prima contestazione — con cui si intende
sottoporre a censura il fatto che la CTR avrebbe applicato una norma abrogata
(“la norma che ha stabilito in astratto una presunzione derivante dal mutuo
concesso ad un acquirente di un appartamento da un costruttore è entrata in
vigore nel 2006 .ed è stata abrogata nel 2009, mentre il fatto al quale la CTR
ha applicato la presunzione è stato commesso nel 2005”) — per difetto di
autosufficienza del motivo. Ricordato previamente che la disposizione di cui
all’art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c. “costituente la conseguenza del
principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per
cassazione”, impone di indicare specificamente, a pena di inammissibilità,
oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, “gli atti processuali ed i
documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del
contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione
indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde
l’indiretta riproduzione” (1142/14), va qui rilevato che l’allegazione ope ata
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c.p.c. l’errore di diritto consumato dalla CTR in relazione agli art. 35 D.I.

dalla parte al riguardo si rivela lacunosa sotto il profilo in considerazione, dal
momento che l’impugnante, pur lamentando la denunciata violazione, non ha
tuttavia provveduto ad assolvere compiutamente il dovere di dare di essa piena
rappresentazione, non avendo invero provveduto né a riprodurre nel ricorso lo

norma censurata né ad indicare specificatamente in quale parte della sentenza
la norma in parola sarebbe stata applicata.
Anche con riferimento alla seconda contestazione — a mezzo della quale si
pretende di censurare il giudizio della CTR in ordine all’entità del mutuo
erogato all’acquirente Battistini (“nel caso della signora Battistini è stato
concesso un mutuo per euro 55.000 … mentre l’acquirente ha dichiarato nel
rogito di avere pagato euro 125.000”) — si impone il medesimo referto, la
censura sottoponendo inammissibilmente al vaglio di questa Corte un
accertamento di fatto che non compete ad essa essendo riservato
esclusivamente al giudice di merito, il cui apprezzamento a questo riguardo è
sindacabile in sede di legittimità solo sotto l’aspetto della logicità della
motivazione adottata e non sotto quello della legalità della decisione assunta.
4.1. Violazione e/o falsa applicazione di legge a mente dell’art. 360, comma
primo, n. 4 c.p.e. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. 2727, 2728 e 2729 c.c.
e 39, comma primo, lett. d), D.P.R. 600/73, nonché nullità del procedimento e
della sentenza per violazione delle norme in tema di giusto processo (artt. 24 e
111 Cost e 6 CEDU) la ricorrente lamenta con il terzo motivo di ricorso, posto
che la CTR avrebbe “rigettato l’appello e confermato la responsabilità della
società anche a fini sanzionatori senza avere nel processo alcuna prova, tale
non potendosi considerare le presunzioni configurate dalla CTR con
riferimento alla c.d. perizia della banca e al mutuo concesso ad una degli
acquirenti di un appartamento”
4.2. Vale al riguardo il medesimo responso di inammissibilità che si è
pronunciato riguardo alla seconda contestazione formulata con il oti o che
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specifico passaggio motivazionale in cui la CTR ha fatto applicazione della

precede, intendendosi invero con la dispiegata censura qui in disamina,
richiedersi alla Corte la rinnovazione di un giudizio di fatto che non compete
ad essa, essendo, come detto, riservato in via esclusiva ai gradi di merito e che
non è quindi consentito sottoporre ex novo alla Corte — che, come ricordato
malriposto auspicio che un nuovo apprezzamento delle risultanze di fatto
cristallizzate nei pregressi gradi di giudizio possa risultare più favorevole per
l’impugnante.
5. Il ricorso va dunque dichiarato complessivamente inammissibile.
Le spese riflettono la soccombenza.

PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento
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delle spese di giudizio che liquida in euro 7500,00V.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/02 dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte ricorrente principale dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della V sezione civile il
28.4.2015

dalle SS.UU. 7931/13 non costituisce un giudice di terzo grado — nel

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