Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12777 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12777 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: MARULLI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 8102-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona

del

Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2015
1663

contro
VIVAI CANAVESANI SCARL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio
dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati NATALE MANGANO,

Data pubblicazione: 19/06/2015

UMBERTO GIARDINI giusta delega a margine;

contronicorrente

avverso la sentenza n. 64/2007 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata 111/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MARULLI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha
chiesto 1’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato LUCISANO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rinvio a nuovo ruolo in attesa decisione SS.UU., in
d I
subordindaccoglimento del ricorso.

udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. MARCO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 12.2.2005 l’ufficio di Ivrea dell’Agenzia delle Entrate faceva notificare
alla Vivai Canavesani società cooperativa agricola a r.1., società facente parte
del consorzio Manital, un avviso di accertamento con cui, recependo le

essa consorziata — verifiche, dalle quali era risultato che il consorzio aveva
adottato una procedura anomala di contabilizzazione dei costi e dei ricavi
consistente in particolare nell’effettuare nei rapporti con le consorziate “una
sorta di compensazione tra le operazioni attive e passive soggette a
fatturazione” — procedeva a rettifica« le dichiarazioni IVA, IRPEG e IRAP
della parte per l’anno 1999 e determinava il maggior carico fiscale perciò
dovuto, liquidando imposte, interessi e sanzioni.
Impugnata dall’Agenzia, la decisione di primo grado — che aveva accolto il
ricorso della contribuente sul rilievo che la pretesa tributaria era carente di
prova — era confermata dalla CTR Piemonte con la sentenza qui impugnata
sulla base di analoghe considerazioni. Osservava, in particolare, il giudice
d’appello che nella specie l’avviso di accertamento oggetto di ricorso “porta
come unico presupposto a sostegno delle contestate violazioni fiscali il rinvio
integrale ai rilievi addebitati al consorzio, senza fornire alcun ulteriore
argomento e/o elemento di prova a fondamento della pretesa tributaria
imputabile direttamente all’impresa consorziata … L’appello dell’ufficio, con
il quale si censura sostanzialmente la carenza di prova della pretesa tributaria
rilevata dai primi giudici, risultando l’accertamento basato su mere
presunzioni, è dunque infondato e va respinto non essendo ravvisabile
contraddizione né difetto di motivazione nella sentenza impugnata”. Del resto,
a maggior conferma della carenza probatoria già ravvisata in primo grado,
“fondata sulla valutazione in concreto dell’insufficienza delle risultanze
dell’accertamento condotto in capo al consorzio”, andava ora pure rilevato che
“la circostanza che l’appellata non avesse partecipato nell’ o 1999 ad
RG 8102/09 Ag. Entrate-Vivai

Co .. . Marulli 1

risultanze emerse nel corso delle verifiche condotte su detto consorzio e su

alcuna commessa non è stata smentita dall’ufficio” e che non risultava provato
“che il consorzio avesse effettuato, nell’annualità in discorso, il ribaltamento
sulle consorziate di proventi e costi’: così come non erano, da ultimo,
trascurabili le motivazioni adottate dal giudice penale per disporre
medesima vicenda.
Per la cassazione di detta sentenza la ricorrente Agenzia si affida ad un ricorso
su tre motivi.
Resiste con controricorso la parte privata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ricorrente si duole ex art. 360,
comma primo, n. 3, c.p.c. della violazione di legge consumata dal giudice
territoriale nell’applicazione degli arti. 41-bis D.P.R. 600/73, 54, comma
quinto e 55 conuni 1 e 2, nn. 2 e 3, D.P.R. 633/72, poiché, posto che le norme
in parola autorizzano l’amministrazione a procedere ad accertamento parziale
quando essa sia a conoscenza di elementi reddituali rilevanti, nella specie
l’accertamento era appunto fondato “non sulla scorta di presunzioni come
erroneamente reputato dalla CTR, ma sulla documentazione contabile, in
grado di dare attendibilità allo schema del ribaltamento, proprio perché i dati
complessivi della produzione, dei costi e dei ricavi erano stati rilevati nel
corso del controllo sul consorzio”.
2.2. il motivo è inammissibile trattandosi di questione non precedentemente
prospettata nei precedenti gradi di giudizio e non sottoposta perciò al vaglio
del giudice di appello.
Dedotta infatti dal ricorrente avanti ai primi giudici a supporto della dispiegata
impugnativa la nullità dell’avviso per carenza di motivazione e per difetto dei
presupposti impositivi, non consta dal ricorso odierno, limitandosi esso a
riferire che l’amministrazione si fosse costituita “contestando ogni motivo di
ricorso del contribuente”, che in quella sede fosse stata sollev ta essa
RG 8102/09 Ag. Entrate-Vivai

Cons.

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l’archiviazione del procedimento aperto a carico della Manital in relazione alla

resistente pure la questione qui in discussione ovvero che l’accertamento
operato nella specie corrispondesse ai canoni operativi dell’accertamento
parziale, cui si richiamano le disposizioni . citate in rubrica, ed in particolare
che, contrariamente a quanto poi affermato dal decidente — dell’avviso che la

“sulla base di mere presunzioni” —, nella specie la ripresa non avesse alcun
fondamento presuntivo, essendo direttamente attestata dagli elementi contabili
emersi in corso di verifica e “dell’automatismo argomentativo”, che ad essi si
annette e che prescinde dalla potestà valutativa dell’ufficio. Né, peraltro,
l’argomento è stato sviluppato in sede di appello, vero che in appello
l’Agenzia appellante, secondo quel che si apprende dalla sentenza qui
impugnata, aveva eccepito preliminarmente “la contraddittorietà della
motivazione” e opposto nel merito “le ragioni già dedotte in primo grado a
fondamento della legittimità e correttezza dell’avviso di accertamento
impugnato”, mentre il ricorso — sul punto pure palesando un difetto di
autosufficienza — si limita a riferire che l’appellante aveva lamentato, “tra
l’altro”, la mancata considerazione da parte della CTP del fatto che “la
contribuente non avesse fornito agli accertatori tutta la documentazione loro
richiesta”.
L’introduzione della questione per la prima volta in questa sede urta dunque
contro il consolidato principio affermato dalla Corte secondo cui “non sono
prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non
appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito,
né rilevabili di ufficio” (17041/13), atteso invero che il giudizio di cassazione
“ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità
formale del processo ed alle questioni di diritto proposte” (4787/12).
3.2. Il secondo motivo del ricorso erariale imputa alla sentenza impugnata per
gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., errore di diritto
nell’applicazione dell’art. 21, comma primo, D.P.R. 633/72 ‘ co binato
RG 8102/09 Ag. Entrate-Vivai

Co

Marulli 3

pretesa tributaria fosse nella specie “carente di prova”, essendo argomentata

disposto con l’art. 2602 c.c. poiché, malgrado dalla verifica fosse emerso che
la fatturazione eseguita dalle consorziate era inferiore al valore della
commessa, in quanto operata al netto dei costi per la gestione ed il
funzionamento degli organi consortili, i giudici di appello avevano ritenuto

comportato una serie di violazioni in materia di fatturazione IVA”, che
risultava invece nella specie inosservata sia perché “la consorziata avrebbe
dovuto fatturare al consorzio la parte di proventi spettanti sulla commessa in
proporzione alla quota consortile”, sia perché a sua volta “il consorzio avrebbe
dovuto ribaltare costi specifici e di gestione, in proporzione alla quota
consortile”, provvedendovi in difetto la stessa consorziata.
3.2. Il motivo, che investe questione già al vaglio delle Sezioni Unite (951/15),
è tuttavia affetto da un pregiudiziale rilievo di inammissibilità, mancando di
critica di pertinenza alla ratio decidendi adottata dal giudice territoriale.
Invero il carattere vincolato che assume nel nostro ordinamento il giudizio di
cassazione impone, com’è noto, che il ricorso sia veicolato attraverso uno dei
motivi tassitativamente previsti dall’art. 360 c.p.c. e che nell’esposizione del
motivo trovino espressione le ragioni del dissenso, formulate in termini tali da
soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità alla
decisione impugnata proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una
critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno
indotto l’adozione. Non a caso si afferma ricorrentemente, a riprova del
principio, che è infatti affetto da inammissibilità il ricorso per cassazione che,
di fronte ad una pluralità di rationes decidendi dedotte a fondamento della
.4′.

decisione, non le censuri tutte ma solo alcune, con ciò intendendosi
sottolineare, certo, l’inoppugnabile legge del giudicato, ma pure, dallo speciale
angolo di osservazione del sistema delle impugnazioni, l’ineluttabile
correlazione che nel giudizio di cassazione si dà tra motivo del ricors e
ragione della decisione.
RG 8102/09 Ag. Entrate-Vivai

Cons.

111 4

erroneamente che “l’impianto contabile adottato dal consorzio non avesse

Consegue appunto da ciò, venendo al caso di specie, che il motivo in disamina
non asseconda la peculiare impostazione del giudizio di cassazione, in quanto
non si risolve in una critica pertinente alle ragioni della decisione impugnata.
Il giudice d’appello, infatti, ha ritenuto di dover respingere il gravame erariale

l’operato dell’ufficio, “porta come unico presupposto a sostegno delle
contestate violazioni fiscali il rinvio integrale ai rilievi addebitati al consorzio,
senza fornire alcun ulteriore argomento e/o elemento di prova a fondamento
della pretesa tributaria imputabile direttamente all’impresa consorziata. La
rettifica è il risultato di operazioni e calcoli su valori aggregati presuntivi,
ottenuto mediante l’automatico ribaltamento di proventi ed oneri estrapolati
dal pvc redatto a carico del consorzio, in proporzione alla quota consortile, a
prescindere dall’accertata effettiva partecipazione della Vivai Canevasani alle
commesse e dalla prova della ripartizione degli utili ed addebito dei costi
nell’anno in contestazione. L’appello dell’ufficio, con il quale si censura
sostanzialmente la carenza di prova della pretesa tributaria rilevata dai primi
giudici, risultando l’accertamento basato su mere presunzioni, è dunque
infondato e va respinto non essendo ravvisabile contraddizione né difetto di
motivazione nella sentenza impugnata”.
Dunque, nel ragionamento decisorio sviluppato dal giudice di appello è
argomento decisivo la carenza probatoria che affetta l’accertamento delle
irregolarità contestate dall’ufficio che risulta fondato, come detto, “su mere
presunzioni”. Sia pure, perciò, se la contestazione prende avvio dalle
riscontrate anomalie nell’impostazione contabile adottata dal consorzio per
ribaltare sulle singole consorziate i costi di gestione senza fatturarli, operando,
come visto, una sorta di parziale compensazione tra operazioni attive,
rappresentate dai costi, ed operazioni passive, rappresentate dai proventi
corrisposti alle singolt consorziate in dipendenza delle commesse •

TO

affidate, nondimeno la CTR si astiene dal prendere posizione sull imità
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Cons.

lli

5

poiché, alla luce degli elementi di cognizione offerti alla sua valutazione,

preliminare alla valutazione nel merito del tema oggetto di censura,
limitandosi infatti a prendere e a dare atto che l’accertamento così operato è
probatoriamente lacunoso e non ha perciò fondamento. Di modo che la
censura sollevata dall’ufficio con il presente motivo risulta perciò estranea alla
ragioni informatrici della decisione.
4.1. Vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. sotto il profilo
dell’insufficienza di quella adottata dal decidente per escludere che nell’anno
oggetto di verifica la consorziata non avesse partecipato ad alcuna commessa,
poiché a fronte della precisa allegazione dell’amministrazione dell’esistenza di
commesse per l’anno 1999 debitamente documentate negli atti istruttori, “la
CTR ha trascurato di dare alcun rilievo probatorio a tali documenti né ha
illustrato le ragioni per le quali essi non risultano probanti”, assumendo anzi
che l’ufficio ne avesse riconosciuto l’inesistenza in applicazione del principio
di non contestazione, sebbene proprio il detto principio avrebbe dovuto
imporre che “i giudici spendessero una parola sulla valutazione, sia pure
negativa, da loro compiuta sui documenti acquisiti in giudizio”.
4.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
E’ noto, infatti, come questa Corte ha precisato a più riprese e ribadito, anche
recentemente (7984/15; 7869/15; 7558/15), che a seguito della novellazione
dell’art. 366 c.p.c. ad opera dell’art. 5 1. 40/06 — che ha aggiunto ai precedenti
il numero 6, in forza del quale “il ricorso deve contenere a pena di
inammissibilità … la specifica indicazione degli atti processuali, dei
documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”,
codificando in tal modo il principio di autosufficienza — il ricorso deve
contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la
cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della
fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti
esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti resso
RG 8102/09 Ag. Entrate-Vivai

Cons. stIMruI1i 6

ii

o meno di detto procedimento, arrestando il suo giudizio su una soglia

i

giudizio di merito (15952/07). In particolare si è precisato (7558115;
27043/14; 26174/14), proprio con riferimento al vizio che ne occupa, che ove
il ricorrente intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un
documento da parte del giudice del merito, il requisito in parola si intende

contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in
quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento; il
secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il suo
esatto contenuto. Occorre perciò non solo che la parte precisi dove e quando il
documento asseritamente ignorato dai primi giudici o da essi erroneamente
interpretato sia stato prodotto nella sequenza procedimentale che porta la
vicenda al vaglio di legittimità; ma al fine di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere
all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte, occorre altresì che detto documento
ovvero quella parte di esso su cui si fonda il gravame sia puntualmente
riportata nel ricorso nei suoi esatti termini.
Nella specie la ricorrente si è attenuta solo a questo secondo onere avendo
dettagliatamente riprodotto nel ricorso il contenuto del documento di cui si
imputa alla sentenza impugnata l’omessa valutazione – rappresentato più
esattamente dall’allegato n. 3 al p.v.c redatto dalla Guardia di Finanza in esito
alla verifica, dalla cui consultazione si apprende che la società verificata è
stata assegnataria di svariate commesse anche nel corso del 1999 -, ma nella
stesura del motivo omette di indicare dove detto documento nella sequenza
procedimentale degli atti sottoposti al vaglio dei giudici di merito sia stato
prodotto, limitandosi invero ad argomentarne la concludenza probatoria senza
tuttavia offrire alcun ragguaglio sulla circostanza, altrimenti decisiva ai fmi
del puntuale assolvimento dell’onere in punto di autosufficienza del ricorso, se
ed in quale degli atti in questione il detto documento sia stato richiamato, di
modo che la sua mancata considerazione da parte del giudice di ap ell possa
RG 8102109 Ag. Entrate-Vivai

Com.

arulli 7

soddisfatto, allorché si produca il documento agli atti e se ne riproduca il

ESENTE DAREdISTRAZPME

AI SENSI DEL D.P.R. 2i)/4/1986
N. 131 TAB. ÀLL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

assumere rilevanza ai fini del sollecitato controllo di logicità della motivazione
da esso adottata.
4. Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza.

La Corte Suprema di Cassazione
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio che liquida nella somma di euro 7500,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre oneri di legge.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della V sezione civile il
28.4.2015
Il Cons. est.
Do

Il Presidente

PQM

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