Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12774 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 26/06/2020), n.12774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8026-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMPAGNIA IMPRESA LAVORATORI PORTUALI S.R.L.U. INCORPORANTE DELLA

TERMINAL ALTO FONDALE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PO

9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA MILITERNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 139/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO, depositata il 25/09/2013;

udita la relazione della Causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

che:

La Soc. Terminal Alto Fondale S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con cui l’Agenzia del Territorio, a seguito dell’istanza del Comune di Livorno, lasciando inalterata la categoria catastale, rettificava la rendita di un immobile sito in Livorno, censito al F. 14 part. 190 (ora F. 14 part. 398 sub. 601). Successivamente, a seguito di ulteriore istanza del Comune, l’Ufficio rettificava in autotutela la categoria portandola da E/1 “Stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi ed aerei” a D/8 “Fabbricati costruiti ed adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale”, notificando l’avviso n. (OMISSIS). La Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, con sentenza 11/3/2012, accoglieva il ricorso della società, rilevando che l’avviso di accertamento risultava carente di motivazione. L’Ufficio spiegava appello, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 139/23/13, sulla base del rilievo che l’atto impugnato non indicava chiaramente i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato la variazione. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo un solo motivo. La Compagnia Impresa Lavoratori Portuale s.r.l.u., incorporante Dole Term S.r.l., denominazione della Soc. Terminal Alto Fondale S.r.l., si è costituita con controricorso ed ha presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la decisione della Commissione Tributaria Regionale dichiara illegittima la determinazione della rendita catastale da parte dell’Ufficio, sul presupposto della insufficienza della motivazione, mancando nell’avviso impugnato l’enunciazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche hanno determinato la variazione. Si deduce che, nel caso di specie, l’avviso di classamento, oltre a contenere tutti gli elementi previsti dalle norme vigenti (estimi catastali, ubicazione, rendita catastale), risulterebbe correlato da una relazione tecnica idonea a porre la società contribuente nelle condizioni di predisporre un’adeguata difesa. Si precisa, infine, che la comparazione con immobili similari sarebbe del tutto estranea ed incompatibile con le categorie D ed E, in ragione della destinazione speciale e particolare delle unità nelle stesse ricomprese.

2. La prospettata censura, riguardante l’asserito difetto di motivazione dell’atto impugnato, è inammissibile per carenza di autosufficienza, in ragione delle seguenti considerazioni.

a) Il giudizio di cassazione, in quanto giudizio a critica vincolata, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, esige una precisa emanazione dei motivi medesimi, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., e, secondo il principio di autosufficienza, si impone che esso contenga tutti gli elementi necessari in modo da porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una compieta cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 767 del 2011).

b) Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate. I requisiti di contenuto – forma previsti, a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, “dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi ed in quale fase processuale sia stato depositato”(Cass. n. 29093 del 2018).

c) Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumomo rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso o ad indicare esattamente nel ricorso in quale fascicolo è possibile rinvenire tali atti, ed in quale fase del giudizio di merito siano stati depositati.

Con specifico riferimento alle denunce riferite al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017). A tale onere processuale il ricorrente non risulta avere ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015).

Nella specie, infatti, non risulta sufficiente avere riportato in ricorso uno stralcio della relazione tecnica che si assume essere stata allegata all’atto impugnato, essendo necessario che i dati riportati siano letti con riferimento all’atto a cui si riferiscono, in ragione di una visione globale del percorso motivazionale dell’avviso di accertamento, di cui si censura la completezza della motivazione.

Sempre in tema di autosufficienza, questa Corte ha, altresì, precisato che: “l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena di inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da una elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tale fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte” (Cass. n. 23452 del 2017). Orbene, non risulta neppure che nella elencazione contenuta in calce al ricorso sia stato indicato, come allegato, l’avviso di accertamento impugnato.

3. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile e la parte soccombente è tenuta al pagamento delle spese di lite liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 7.200,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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