Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12773 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12773 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 20080-2008 proposto da:
VALENTI GIOACCHINO nq di titolare della Ditta
individuale, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato DI
PAOLA NUNZIO SANTI GIUSEPPE con studio in CATANIA
2014
1455

CORSO ITALIA 171 (avviso postale), giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE DI ROMA;
– intimato –

Data pubblicazione: 06/06/2014

nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
resistente con atto di costituzione

avverso la sentenza n. 99/2007 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata
il 01/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/04/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto e in subordine accoglimento per quanto di
ragione del ricorso.

R.G. 20080/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n.99/28/07, depositata il 1.10.2007,
confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Enna n.17/01/2004 che
riteneva la legittimità dell’ avviso di irrogazioni sanzioni, relativo all’anno 2003, nei confronti del
sig. Gioachino Valenti,titolare della omonima ditta individuale ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, a
seguito di verbale di accertamento Inps in data 7.2.2003 per l’impiego di un lavoratore

Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Igs 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., rilevando come, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 14472005, era onere
del datore di lavoro produrre documentazione idonea a provare che i lavoratori sorpresi a lavorare
presso di lui non erano suoi dipendenti, dovendo la CTR tener conto di tale prova che risulta dagli
atti del processo;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, fosse onere della A.F.
dare specifica prova dei fatti posti a base della irrogazione delle sanzioni;
d) difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi del’art. 360 n.
5 c.p.c., in relazione all’erronea valutazione e al travisamento delle risultanze probatorie relative
alla insussistenza del rapporto di lavoro subordinato;
e) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c.,per la mancata allegazione al’atto impositivo del processo verbale di accertamento, mai
comunicato al ricorrente;
f) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in relazione all’art. 360, n. tre,
c.p.c., ritenendo doversi applicare il nuovo disposto, più favorevole, dell’art. 3, comma 3, D.L.
12/2002.
L’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.

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subordinato non iscritti nei libri obbligatori.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 16.4.2014 , in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
1. In relazione al primo motivo va osservato che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale
n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992,
art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla

anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in
esame), la presente controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U.
15846/2008).
Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione
del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. S.U. 24 gennaio
2013, n. 1706; Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza

giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari,

n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n.
26019 del 30/10/2008.
2.La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3 ,
comma 3, 1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di
giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
2

z

È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del
giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ.

3. Vanno disattesi anche il secondo, terzo e quarto motivo, esaminati congiuntamente in quanto

In tema di sanzioni amministrative per impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture
obbligatorie, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato che il D.L. 22 febbraio 2002, n. 12,
art. 3, comma 3, conv. nella L. 23 aprile 2002, n. 73 – il quale prevede l’applicazione della sanzione
amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del
lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra
l’inizio dell’anno e la data della contestazione della violazione – è stato introdotto per inasprire
ulteriormente il trattamento sanzionatorio per coloro che continuino ad impiegare lavoratori
irregolarmente, nonostante le agevolazioni di varia natura volte ad incentivare l’emersione del
lavoro sommerso e che il predetto meccanismo presuntivo esclude qualsiasi obbligo dell’ente che
irroga la sanzione di provare l’effettiva prestazione di attività lavorativa subordinata per il periodo
intermedio compreso tra il giorno di accertamento dell’infrazione ed il primo gennaio dello stesso
anno e prescrive al medesimo ente di commisurare la sanzione a quella durata, fino a prova
contraria, facente carico all’autore della violazione (v. SU n. 356 del 2010).
Più in particolare, le Sezioni Unite di questa Corte hanno anche affermato che, in tema di sanzioni
amministrative per l’impiego di lavoratori non regolarmente denunciati, si presume, in difetto di
prova contraria – ammessa a seguito della sentenza n. 144 del 2005 della Corte costituzionale e il
cui onere è a carico del datore di lavoro – che il rapporto di lavoro decorra dal primo gennaio
dell’anno dell’accertamento e non dal giorno di quest’ultimo, con la conseguenza che incorre nel
vizio di omessa motivazione la sentenza che, pur in assenza di detta prova, abbia annullato l’atto di
irrogazione delle sanzioni (v. SU n. 23206 del 2009).
Nella specie, i giudici d’appello non hanno in alcun modo accennato alla produzione della prova
contraria da parte del datore di lavoro nè tanto meno hanno valutato tale eventuale prova.
Peraltro, considerato che la norma in esame espressamente contempla una presunzione legale anche intesa ad inasprire ulteriormente il trattamento sanzionatorio – contro la quale è ammessa una
prova contraria di cui è gravato il datore di lavoro, deve escludersi che tale prova contraria sia in
qualche modo “fungibile”, ovvero, come avvenuto nella specie, sic et simpliciter sostituibile da un
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logicamente connessi.

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N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
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accertamento Inps sia perché tale accertamento non risulta disciplinato da un regime di
distribuzione dell’onere probatorio quale quello previsto dalla norma in esame in quanto tale
accertamento non vincola il giudice tributario.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonchè sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresì, fornire utili elementi di giudizio,

desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)
Peraltro il verbale ispettivo dà. contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Inoltre la comunicazione di assunzione del lavoratore in questione risulta inviata alla sezione
circoscrizionale per l’impiego di Leonforte in data 7 febbraio 2003, in epoca successiva
all’ispezione INPS.
4. Parimenti infondato è il quinto motivo, emergendo dalla sentenza impugnata come l’ufficio abbia
indicato nell’avviso di irrogazione sanzione tutti gli elementi necessari per far conoscere al
contribuente le ragioni della pretesa erariale e per consentirgli di approntare adeguate difese.
L’ultimo motivo costituisce domanda nuova che, dall’esame della sentenza impugnata, prodotta
con il ricorso, non risulta formulato in grado di appello, né la ricorrente ha riprodotto la parte del

liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver

ricorso in appello in cui veniva dedotta la questione oggetto di censura, con conseguente violazione
del principio dell’autosufficienza del ricorso
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.
Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimata.
PQM
Rigetta il ricorso
Così deciso in Roma, il 16.4.2014

DEPOSITATO IN CANCELLERiA

k.6

21»4
Il Funzi
Marcello

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