Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12772 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 26/06/2020), n.12772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10946/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

LA CAROVANA SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Di Porto,

elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, viale

Glorioso, n. 18.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

sezione n. 1, n. 204/01/11, pronunciata il 15/02/2011, depositata il

14/03/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre

2019 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti de La Carovana Srl, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, menzionata in epigrafe, con la quale – in una controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, in relazione a maggiore IRPEF dovuta dalla contribuente, quale sostituto d’imposta, per il 2002, per omesse ritenute d’acconto su compensi per lavoro dipendente corrisposti a 50 lavoratori, non iscritti nei libri obbligatori – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società;

il giudice d’appello, dato atto che l’accertamento scaturiva da un verbale di constatazione della Guardia di Finanza, che presumeva rapporti di lavoro in nero e, quindi, la mancata riscossione e il mancato versamento delle ritenute sulle retribuzioni dei dipendenti della società verificata, sulla base delle risposte ai questionari delle persone rintracciate e di alcune annotazioni sull’agenda telefonica del titolare dell’impresa, ha qualificato tali dichiarazioni come meri indizi, e non come presunzioni giuridiche, gravi precise e concordanti, che avrebbero dovuto essere avvalorati da altri elementi probatori (anche indiziari), che l’ufficio aveva omesso di allegare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 33, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere posto in dubbio – sia pure utilizzando la formula “ammesso e non concesso” – che la potestà d’indagine dell’Amministrazione finanziaria comprenda anche la possibilità di assumere informazioni provenienti da terzi (nella specie, i lavoratori della società verificata) che, sul piano probatorio, hanno natura indiziaria;

2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, del D.Lgs. n. 471 del 2997, art. 13, degli artt. 27272729 c.c., l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere affermato, da un lato, che le informazioni che gli accertatori avevano assunto da alcuni soggetti (i lavoratori), al fine di essere utilizzate contro la società datrice di lavoro, fossero “meri indizi di fatto, non certo delle presunzioni giuridiche, che andavano semmai avvalorate con altri elementi probatori, anche di natura indiziaria” (pag. 3 della sentenza); dall’altro, che, nel caso di presunzioni semplici, “ammesso che quelle di cui si discute lo siano” (ibidem), incombe sull’Amministrazione finanziaria dimostrare che esse siano gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.), trascurando che anche un solo elemento presuntivo, purchè grave, può costituire la prova del fatto ignoto e, ancora, che la valutazione della prova è un compito del giudice e non può costituire un onere della parte;

3. con il terzo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere vagliato gli elementi di fatto che erano stati forniti dall’organo di controllo, che corroboravano le dichiarazioni rese alla GdF dai lavoratori, consistenti nella presenza, nella sede della società (al momento dell’accesso dei militari verbalizzanti) dei lavoratori, non regolarmente registrati, e nel rinvenimento di due agende con le annotazioni dei numeri di telefono e delle mansioni dei lavoratori (cuoco, cameriere, lavapiatti etc.);

4. i tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati;

questa sezione tributaria (Cass. 18/07/2014, n. 16463; conf.: n. 16462/2014), in altra pronuncia resa nei confronti della medesima società, riguardante l’accertamento delle omesse ritenute IRPEF, sui compensi per lavoro dipendente, per altra annualità (2000), ha avuto modo di affermare che: “Nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla G.d.F. e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice unitamente ad altri elementi (Cass. 20.4.2007 n. 9402, Cass. 15.1.2007 n. 703; Cass. 9876/2011; Cass. 8369/2013). Il tutto, se riveste i caratteri all’art. 2729 c.c., dà luogo a presunzioni semplici (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39), generalmente ammissibili nel contenzioso tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale (Cass. 9402/2007) (…) Le dichiarazioni (…) dei terzi raccolte da verificatori o finanzieri e inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento (cfr. Cass. 20032/2011; Cass. 21812/2012). Alla luce dei principi che precedono è inesatto pretendere, come sostenuto nella sentenza, che gli indizi possano assurgere a fonte di prova solo se confortati da ulteriori indagini, da eseguire necessariamente da parte dell’Ufficio per provare la fondatezza delle informazioni rese fornite dal terzo. Il giudice “a quo” avrebbe dovuto procedere all’esame degli indizi disponibili (le risposte date dai terzi ai questionari inviati nonchè quelle fornite dai lavoratori presenti in loco al momento dell’accesso), posti a fondamento e motivazione dell’avviso; al fine di stabilire, con giudizio di merito, logicamente e congruamente motivato, l’eventuale sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, in presenza dei quali la pretesa erariale sarebbe fondata (Euro 9402/2007).”;

5. nella specie, la CTR non si è attenuta a questi principi di diritto (il che priva di fondamento l’eccezione della contribuente d’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1) e, per di più, ha completamente omesso di esaminare gli elementi offerti dall’ufficio a supporto delle dichiarazioni rese dai lavoratori, vale a dire: l’effettiva presenza di lavoratori irregolari, presso la società, al momento dell’accesso dei verificatori; il contenuto delle agende sequestrate (nelle erano trascritti i numeri di telefono e le mansioni dei lavoratori irregolari);

6. ne consegue che, accolto il ricorso, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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