Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12771 del 22/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.22/05/2017), n. 12771
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13042-2016 proposto da:
M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE 18, presso lo studio GREZ, rappresentata e difesa
dagli avvocati GIOVANNI PAOLO CASTELLANETA e FABRIZIO LOFOCO;
– ricorrente –
contro
ITALFONDIARIO S.P.A., nella sua qualità di mandataria della CASTELLO
FINANCE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY
28, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO PAVONI, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
TIBERIUS SPV SRL (già UNICREDIT BANCA DI ROMA SPA),in persona del
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL
TRITONE 102, presso lo studio dell’avvocato ROCCO NANNA, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
F.F., D.M.T., F.F.,
C.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1816/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 12/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con ricorso affidato ad un unico motivo, M.F. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bari, in data 12 novembre 2015, che aveva rigettato l’appello proposto dalla medesima attuale ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Bari che, a sua volta, aveva accolto la domanda di revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., della vendita, in data 6 maggio 1997, intercorsa tra essa M., acquirente, e D.M.T., alienante e fideiussore della Fiore Frutta s.r.l., società fallita il (OMISSIS) ed esposta per oltre Lire 400 milioni con la Banca di Roma S.p.A. (poi Unicredit Banca di Roma S.p.A.);
che resistono con controricorso la Tiberius SPV rappresentata dalla Phoenix Asset Management S.p.A., cessionaria del credito tutelato con l’azione revocatoria per cui è causa, nonchè Italfondiario S.p.A. (già intervenuta in primo grado); non hanno svolto attività difensiva in questa sede D.M.T., C.R., F.F. e F.F.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente e la Italfondiario S.p.A. hanno depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che, con l’unico mezzo, è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per omesso esame di una richiesta istruttoria tempestivamente formulata in primo grado e delle contestazione mosse in ordine alla c.t.u.”;
che il motivo è inammissibile in tutta la sua articolazione;
che, quanto al dedotto esame di richiesta istruttoria, esso difetta di indicare specificamente il contenuto della prova testimoniale disattesa dal primo giudice, nonchè se la stessa sia stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado e in che termini in sede di gravame, essendo assente, ai predetti fini, ogni puntuale localizzazione (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) degli atti processuali rilevanti;
che, peraltro, dal sommario accenno che se ne fa in ricorso (senza che la memoria depositata dalla ricorrente, che ha solo funzione illustrativa, possa integrarne carenze o emendarne vizi), trattasi di circostanze che il giudice di appello ha comunque tenuto presenti in base alle stesse difese della appellante (p. 4 della sentenza impugnata) e che, del resto, l’attuale ricorrente riferisce essere proprio quelle a conferma di quanto dichiarato in sede di interrogatorio; in tal senso, non soltanto si palesa insussistente l’omesso esame dedotto, ma anche la decisività della prova;
che, quanto, infine, alla censura riferita alla c.t.u., trattasi di doglianza del tutto generica, priva di ogni puntuale riferimento ai complessivi contenuti della c.t.u. e che, in via dirimente, non attiene ad un omesso esame di fatto storico, ma ad una valutazione di carattere probatorio;
che, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014;
che non occorre provvedere sul regolamento delle anzidette spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede;
che non sussistono i presupposti per la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, richiesta da Tiberius SPV s.r.l..
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00, per compensi, in favore di Italfondiario S.p.A., e in Euro 5.600,00, per compensi, in favore di Tiberius SPV s.r.l., oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore di entrambe le predette parti controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017