Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12769 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 25/05/2010), n.12769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso

la stessa domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 76/4/06, depositata il 20 settembre 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 febbraio 2010 dal Relatore Cons. GRECO Antonio.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, n. 74 recte: 76/4/06, depositata il 20 settembre 2006, che, accogliendo l’appello di B.M., medico odontoiatra, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999 e 2000, riformando la sentenza di primo grado, la quale aveva ritenuto che l’eccezione dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Bologna (OMISSIS), secondo cui, essendosi avvalso il contribuente del condono tombale previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 aveva implicitamente rinunciato al rimborso richiesto, oltre che priva di pregio nel merito, fosse inammissibile perche’ nuova, in quanto formulata in appello.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione.

Il contribuente non ha svolto attivita’ nella presente sede.

Il ricorso contiene quattro motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate censura la sentenza per aver considerato inammissibile in quanto nuova l’eccezione, sollevata solo in appello, concernente gli effetti della presentazione dell’istanza di condono; con il secondo, lamenta che la decisione non abbia rilevato che il condono tombale determina l’estinzione dell’eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualita’ d’imposta oggetto di definizione; con il terzo motivo denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione; con il quarto, vizio di motivazione.

Questa Corte ha affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 l’esercizio della facolta’ di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresi’ affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilita’ di rimborso per le annualita’ d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilita’ di riflessi o interferenze con quanto eventualmente gia’ corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e 380 bis c.p.c., il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbiti il terzo ed il quarto, possano essere decisi in camera di consiglio in quanto manifestamente fondati”;

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo ed il secondo motivo del ricorso devono essere accolti, assorbiti il terzo e il quarto, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

 

 

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