Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12769 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12769 Anno 2014
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 4326-2011 proposto da:
COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco in carica e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA F. DENZA 50-A, presso lo
studio dell’avvocato LAURENTI LUCIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato FERRARI FABIO MARIA giusta delega
2014

in calce;
– ricorrente –

1451
contro
FINMECCANICA SPA;

– intimato Nonché da:

Data pubblicazione: 06/06/2014

FINMECCANICA SPA in proprio e nq di incorporante della
ANSALDO TRASPORTI SPA in persona del Procuratore
speciale, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
BULTRINI, rappresentato e difeso dall’avvocato POTITO

controricorrente incidentale contro
COMUNE DI NAPOLI;

intimato

avverso la sentenza n. 26/2010 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 26/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/04/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LAURENTI delega
Avvocato FERRARI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato POTITO che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

ENRICO giusta delega a margine;

4326-11

Svolgimento del processo
La Finmeccanica s.p.a. impugnò un’ingiunzione di pagamento
notificata dal comune di Napoli in relazione alla quota di
tariffa di fognatura e depurazione relativa all’anno 2001.
Nel contraddittorio col comune, l’adita commissione

argomentando che, in base a sentenze della magistratura
delle acque, l’alveo Sperone e i suoi affluenti, tra i
quali il Fosso reale del Cozzone (qui rilevante),
ricadevano nel comprensorio del consorzio di bonifica di
Napoli e Volla e appartenevano al demanio idrico; sicché
ne dedusse che le acque reflue, confluenti nel canale di
competenza del consorzio, dovevano essere assoggettate al
solo contributo di bonifica, non anche al canone di
fognatura preteso dal comune.
La sentenza è stata confermata in appello.
La commissione tributaria regionale della Campania ha
affermato che il Fosso del Cozzone era rimasto sempre nel
possesso del consorzio di bonifica e che nessuno
sversamento di acqua di scarico era stato effettuato in
detto canale. Il che era “comprovato dalla copia del
provvedimento emanato dal servizio fognatura del comune di
Napoli con il quale [era] stata rilasciata
l’autorizzazione alla Ansaldo Breda s.p.a. allo scarico
delle acque reflue nel manufatto fognario denominato
collettrice di via Nuova Brecce ed in epoca successiva
all’anno d’imposta in contestazione”. Invero inesatta

tributaria provinciale di Napoli accolse il ricorso,

doveva ritenersi l’affermazione del comune secondo la
quale il canone era dovuto anche nel caso di fognatura
sprovvista di impianti centralizzati di depurazione ovvero
di impianti attivi, tenuto conto della declaratoria di
incostituzionalità dell’art. 14 della 1. “n. 46”

(rectius

36) del 1994.

Contro la sentenza d’appello il comune di Napoli ha
proposto ricorso per cassazione in unico motivo.
La società ha replicato con controricorso e ricorso
incidentale condizionato, affidato a un motivo.
Motivi della decisione
I. – Il comune di Napoli impugna la sentenza d’appello per
“violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Motivazione omessa,
controversa ed insufficiente in merito ad un fatto
controverso e decisivo per il giudizio”.
Sostiene il comune che il percorso argomentativo della
commissione tributaria si fonda pressoché esclusivamente
sulla supposta appartenenza al demanio idrico statuale del
Fosso reale del Cozzone, il quale, per questa ragione, non
farebbe parte della rete fognaria territoriale. Di contro
la sentenza non offre motivazione in ordine al punto
decisivo dell’inserimento nella rete fognaria comunale del
Fosso de quo, circostanza che il comune aveva provato per
il fatto di essere stato il Fosso (assieme agli altri
canali tributari del collettore Sperone) qualificato come
manufatto fognario pubblico dal servizio fognature del
comune medesimo con nota n. 1990 del 17-9-1999, per
effetto della esecuzione di opere a ciò destinate.

2

Conseguentemente, secondo il comune, anche a voler
sostenere che non vi fosse stato allacciamento dell’utenza
di Finmeccanica all’impianto centralizzato di fognatura,
il presupposto per il pagamento della tariffa dovevasi
considerare esistente.
II. – Il motivo è fondato nei limiti di seguito esposti.

La controversia concerne il pagamento della tariffa di
fognatura e di depurazione relativa all’anno 2001.
Devesi in tal guisa innanzi tutto ricordare che il canone
per il servizio di fognatura e di depurazione delle acque
reflue integrava un tributo comunale fino alla data del 3
ottobre 2000, dopo la quale, invece, esso ha cessato di
essere considerato tale per effetto dell’art. 24 del
d.lgs. 18 agosto 2000 n. 258, che ha soppresso i commi 50
e 6° dell’art. 62 d.lgs. 11 maggio 1999 n. 152 e ha fatto
venir

meno,

il

per

futuro,

il

differimento

dell’abrogazione della previgente disciplina (che appunto
considerava detto

canone un tributo),

il quale

differimento era stato disposto fino all’applicazione
della tariffa del servizio idrico integrato di cui agli
art. 13 e ss. 1. 5 gennaio 1994 n. 36 (v. infatti sez. un.
n. 1086-03; sez. un. 14902-10; sez. un. n. 7937-13).
Alla innovata disciplina del servizio idrico integrato non
pertengono direttamente i precedenti di questa corte
citati dal comune. Quei precedenti (segnatamente Cass. n.
3718-10 e n. 3715-10, ma anche Cass. n. 96-05 e, potrebbe
aggiungersi,

Cass.

n.

26688-09),

nell’affermare

la

sufficienza del riconoscimento della natura e della

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funzione del collettore di smaltimento di scarichi fognari
ai fini della debenza del canone, sono incisi dalla
circostanza che si discuteva – in quei casi – giustappunto
del tributo comunale, secondo la anteriore versione ex 1.
n. 319-76, non della tariffa integrata.
E anzi giova precisare – sebbene senza diretta rilevanza

in causa, essendosi formato sul punto un giudicato
implicito contrario, per mancata rilevazione del vizio in
appello: v. sez. un. 14828-10 – che, in relazione alle
annualità successive al 2000 (come quella di specie)
neppure la giurisdizione tributaria poteva affermarsi,
essendo principio pacifico che le controversie relative
alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per
lo scarico e la depurazione delle acque reflue spettano
alla giurisdizione del giudice ordinario (v. sez. un. n.
14902-10), anche se promosse successivamente al 3 dicembre
2005, data di entrata in vigore dell’art. 3-bis, 1° co.,
lett. b, d.l. 30 settembre 2005 n. 203, conv., con mod.,
dall’art. 1,

10 co., l. 2 dicembre 2005 n. 248, che ha

modificato l’art. 2, 2° co., secondo periodo, d. lgs. 31
dicembre 1992 n. 546. La corte costituzionale ha infatti
dichiarato l’illegittimità costituzionale della predetta
disposizione, nella parte in cui attribuiva tali
controversie alla giurisdizione del giudice tributario,
sia in relazione alla disciplina del canone prevista dagli
art. 13 e 14 1. 5 gennaio 1994 n. 36 sia riguardo
all’analoga disciplina dettata dagli art. 154 e 155 d.
lgs. 3 aprile 2006 n. 152 per le controversie relative

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alla debenza del canone a partire dal 29 aprile 2006 (v.
c. cost. n. 39-10).
III. – Sennonché, in rapporto alla tariffa di fognatura e
di depurazione soggetta alla innovata disciplina, questa
corte ha affermato che i comuni non possono chiedere il
pagamento dell’apposita tariffa ove non diano prova di

esser forniti di impianti di depurazione delle acque
reflue (v. Cass. n. 8318-11; n. 14042-13).
Invero la quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione è divenuta, appunto, una componente della
complessiva tariffa del servizio idrico integrato,
configurato come corrispettivo di una prestazione
commerciale complessa che, per quanto determinata nel suo
ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto
autoritativo direttamente incidente sul patrimonio
dell’utente, bensì nel contratto di utenza. Sicché, tenuto
conto della declaratoria di incostituzionalità dell’art.
14, 1° co., della 1. 5 gennaio 1994, n. 36 – sia nel
testo originario, sia nel testo modificato dalla l. 31
luglio 2002, n. 179, art. 28, (Disposizioni in materia
ambientale) – nella parte in cui prevedeva che la quota
di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse
dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui la fognatura
sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o
questi siano temporaneamente inattivi” (v. c. cost. n.
335-08), va affermato il principio secondo il quale, in
caso di mancata fruizione, da parte dell’utente, del
servizio di depurazione, per fatto a lui non imputabile, è

5

irragionevole, per mancanza della controprestazione,
l’imposizione dell’obbligo del pagamento della quota
riferita a detto servizio.
L’impugnata sentenza non appare tuttavia allineata al
principio suddetto, essendosi limitata a escludere la
debenza della tariffa in ragione dell’irrilevante

circostanza della appartenenza del fosso del Cozzone al
demanio pubblico soggetto all’attività del consorzio di
bonifica di Napoli e Volla. E, in correlazione con
l’errore di diritto, essa è inficiata nella motivazione
sul presupposto di fatto. Invero, in rapporto
all’atteggiarsi del profilo giuridico della controversia,
la commissione doveva accertare se – come il comune aveva
dedotto (nel ricorso è difatti riportata la corrispondente
allegazione) – era in effetti avvenuta l’esecuzione delle
pertinenti opere

finalizzate

a

garantire

altresì

l’operatività del fosso quale manufatto fognario pubblico;
vale a dire se la destinazione del canale a collettore di
acque reflue fosse stata attuata mediante la effettiva
predisposizione e attivazione degli impianti fognari di
depurazione, indipendentemente dall’allacciamento operato
dalla società.
Su tale specifico profilo, decisivo per quanto detto, la
motivazione della sentenza è carente.
In ipotesi affermativa, non si sarebbe potuto prospettare,
rispetto all’eccepito

pagamento del

contributo di

bonifica, il ventilato

assoggettamento

(ritenuto dal

giudice di primo grado

e implicitamente

condiviso dal

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giudice d’appello) a doppia imposizione, attesa la
diversità di presupposto della pretesa tariffaria da
correlare alla predisposizione e attivazione, da parte del
comune, dell’impianto di recapito fognario.
TV. – Il ricorso incidentale condizionato, che ripropone
una questione preliminare di merito in ordine alla

corretta individuazione del soggetto tenuto al pagamento
4JAL
gra====tzr=ggettrir, va ritenuto inammissibile.

Invero la società è rimasta totalmente vittoriosa nel
giudizio a quo,

in cui la questione è stata considerata

implicitamente assorbita dall’ impugnata sentenza; sicché
essa potrà essere riproposta davanti al giudice del rinvio
(v. per tutte, secondo un insegnamento costante, Cass. n.
3796-08; n. 22501-05).
V. – Conclusivamente, va accolto il ricorso principale e
dichiarato inammissibile l’incidentale.
La sentenza va cassata con rinvio alla medesima
commissione tributaria regionale, diversa sezione, la
quale provvederà all’accertamento sopra evidenziato
uniformandosi al corrispondente principio di diritto.
La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio
di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara
inammissibile l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e
rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione,
alla commissione tributaria regionale della Campania.

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Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

sezione civile, addì 15 aprile 2014.

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