Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12768 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/06/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 21/06/2016), n.12768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CONSORZIO BONIFICA DI BRADANO E METAPONTO, in persona del

Commissario Straordinario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI 9, presso lo studio dell’avvocato GUZZO ARCANGELO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COOP. AGRICOLA COREBS CONSORZIO PRODUTTORI BIETICOLI SACCARIFERI,

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 253/2013 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 23/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUZZO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Il Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto-Matera propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 253/3/13 del 23 ottobre 2013, con la quale la commissione tributaria regionale di Potenza, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittima la cartella notificata alla coop. agricola COREBS – Consorzio Produttori Bieticoli Saccariferi per il pagamento di contributi consortili di bonifica (art. 862 c.c.; R.D. n. 215 del 1933; L.R. Basilicata n. 33 del 2001) per l’anno 2005.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere dalle parti intimate coop. COREBS ed Equitalia Sud s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso il consorzio deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 860 c.c., R.D. n. 215 del 1933, artt. 10 e 11 e L.R. Basilicata n. 33 del 2001, art. 9, in relazione all’art. 2697 c.c.. Ciò, per avere la commissione tributaria regionale ritenuto non dovuti i contributi consortili in oggetto, stante la mancata prova – da parte di esso consorzio di bonifica – di un vantaggio o beneficio fondiario riportato dai fondi agricoli della cooperativa in dipendenza causale delle opere di bonifica. Là dove, essendo la cartella di pagamento in oggetto basata su un “piano di classifica” ed un “piano di contribuenza” regolarmente approvati ex L.R. n. 33 del 2001 cit., e non impugnati dalla cooperativa, era se mai quest’ultima a dover fornire la prova della mancata vantaggiosità delle opere.

2.1 Il motivo è fondato.

Va considerato che l’attività di bonifica idraulica del territorio in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muove – L.R. Basilicata n. 33 del 2001, ex art. 9 cit. – dalla previa approvazione da parte della Giunta Regionale di un “piano di classifica”, individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l’elaborazione dei relativi indici di quantificazione. La ripartizione dei contributi tra i vari consorziati è poi fatta oggetto dell’approvazione di un “piano di riparto” che tiene conto della concreta incidenza delle opere di bonifica in ciascuno dei sub-

comprensori nei quali è suddiviso l’intero territorio affidato al consorzio; ed al cui interno si collocano gli immobili dei singoli consorziati, i quali vengono autonomamente in rilievo sulla base delle caratteristiche fondamentali di ciascuno (ubicazione;

superficie; destinazione ecc…).

Orbene, su tale premessa, va qui richiamato quanto già stabilito da questa corte di legittimità, secondo cui: – l’adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; – qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c.; – qualora, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato.

Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che:

“quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell'”an” del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).

Tale principio si pone nel solco di SSUU n. 26009 del 30/10/2008, secondo cui: “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”.

Cass. 17066/10 ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica –

l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario disapplicare, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 5, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo.

Questo principio è poi stato più recentemente ribadito da Cass. n. 20681/14 e da Cass. n. 21176/14, secondo cui: “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.

Questo orientamento richiama direttamente quanto osservato da Cass. 9104/12, secondo cui: “(…) occorre rilevare che la “contestazione” formulata dal consorziato non investe vizi di legittimità del piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione nè attiene ad inesattezze del contenuto di tali provvedimenti (come ad es. nel caso in cui si contesti la inclusione del fondo nella delimitazione del territorio del comprensorio), ma concerne esclusivamente il malfunzionamento degli impianti e la omessa manutenzione della rete idrica, da cui deriverebbe la mancata realizzazione del presupposto impositivo (nesso di derivazione causale dalle opere di bonifica del concreto e diretto vantaggio per il fondo di proprietà del contribuente). Ne segue che, non essendo stata contestata dal consorziato la corrispondenza tra atto presupposto (Piano di classificazione e riparto) ed atto consequenziale (atto impositivo), persiste l’attuale presunzione di legittimità della pretesa tributaria avanzata dal Consorzio, fondata sul presupposto impositivo del conseguimento o della conseguibilità del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione R.D. n. 215 del 1933, ex art. 10 (come valutato nel Piano), non dovendo l’ente pubblico fornire ulteriori elementi probatori del credito, trasferendosi l’onere della prova contraria sul consorziato il quale, ove contesti la inesistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito (come nella specie, per assenza di un concreto vantaggio conseguito dal fondo per mancato funzionamento degli impianti di bonifica) è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, nonchè all’onere di indicare ed esperire i relativi mezzi di prova”; in termini, anche Cass. 9099/12.

2.2 Ciò premesso, si osserva come la sentenza qui impugnata non abbia fatto buon governo dei principi fin qui ricostruiti; risultando pertanto affetta dal vizio denunciato.

Nel riformare la sentenza di primo grado (tranne che sul punto della affermata legittimità formale della cartella di pagamento, perchè facente motivato riferimento ai presupposti fattuali e giuridici dell’imposizione) la commissione tributaria regionale ha sostenuto l’infondatezza nel merito della pretesa contributiva, affermando in proposito quanto segue: “per pacifico orientamento giurisprudenziale di legittimità (SSUU 87/1984, n.i. 8957 e 8906/96) il consorzio, a tanto onerato, ha omesso di fornire la prova che l’immobile in questione abbia ricavato dalle opere predisposte un beneficio diretto e specifico, tale da tradursi in un incremento di valore dell’immobile stesso”.

Questo assunto non può essere condiviso, proprio sulla base di quanto finora osservato.

In difetto di impugnativa in via principale o incidentale del piano di classifica, vigeva infatti la presunzione di vantaggiosità delle opere di bonifica relativamente ai fondi (come quelli di specie) inclusi nel comprensorio di intervento. Fermo restando che si trattava di presunzione non assoluta, ma juris tantum, era onere della cooperativa consorziata – non già del consorzio di bonifica –

fornire la prova della insussistenza di vantaggio fondiario causalmente derivante dalle opere di bonifica idrica.

Nel momento in cui la commissione territoriale ha erroneamente posto l’onere della prova a carico del consorzio di bonifica, è venuta meno ogni valutazione di questo diverso e fondamentale aspetto della lite; vale a dire, l’effettivo raggiungimento – da parte della società contribuente che vi era onerata – della prova della mancanza, in concreto, di tale vantaggio.

Poichè, diversamente da quanto sostenuto dal consorzio ricorrente, non vi sono agli atti elementi tali per affermare, in sede di decisione ex art. 384 c.p.c., che tale prova (la cui prestazione e consistenza non sono state, come detto, minimamente vagliate dalla commissione territoriale nell’ambito delle sue prerogative di merito) non sia stata in effetti fornita, sussistono i presupposti per la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Potenza.

Quest’ultima – in applicazione dei suddetti principi sull’onere della prova riconsidererà la fattispecie nella corretta e critica delibazione complessiva del quadro istruttorio.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Potenza;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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