Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12767 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 25/05/2010), n.12767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso

la stessa domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

I.R.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 115/23/06, depositata il 18 luglio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 115/23/06, depositata il 18 luglio 2006, che, accogliendo l’appello di I.R., medico recte: dottore commercialista, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001, ritenendo privo di pregio il rilievo dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Napoli (OMISSIS), secondo cui l’avvenuta presentazione, da parte del contribuente, dell’istanza di definizione agevolata ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 7 e 9 rende definitivi gli imponibili esposti nella dichiarazione originaria con rinuncia ad eventuali cause di esclusione dall’imposta.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione.

Il contribuente non ha svolto attivita’ nella presente sede.

Il ricorso contiene due motivi.

Con il primo l’Agenzia delle entrate censura la sentenza per aver escluso che il condono determini l’estinzione dell’eventuale diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualita’ di imposta oggetto di definizione; con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione della decisione.

I motivi rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..

Questa Corte ha affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 l’esercizio della facolta’ di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresi’ affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilita’ di rimborso per le annualita’ d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamele inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilita’ di riflessi o interferenze con quanto eventualmente gia’ corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 380 bis c.p.c., il primo, assorbente, motivo di ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbito il secondo, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

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