Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12767 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12767 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 2282-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lokrappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
1297

TCM SRL;
– intimato,Nonché da:
TCM SRL in persona dell’Amministratore pro tempore,
elettivamente domiciliatq, in ROMA VIA BORGHESANO

Data pubblicazione: 19/06/2015

LUCCHESE 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
PETRUCCIANI, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANGELO WALTER CIMA, PIETRO COLUCCI giusta delega in
atti;
– controricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatct in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che 10. rappresenta e difende;

controricorrente a controricorso incidentale

avverso la sentenza n. 29/2007 della COMM.TRIB.REG. di
CAMPOBASSO, depositata il 28/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/03/2015 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principaledirigetto’Sicorso
incidentale.

contro

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29.1.2008 n. 29 la Commissione tributaria della regione Molise

riforma della decisione di prime cure dichiarava legittima la cartella esattoriale notificata
a TCM s.r.l. in data 10.9.2004 da SRT s.r.l. -concessionario della riscossione per la provincia
di Campobasso- con la quale veniva intimato il pagamento delle maggiori somme dovute

dalla società per gli anni 1998 e 1999 a titolo IVA, IRPEG ed IRAP, ritenendo invece
non dovute le somme liquidate a titolo di sanzioni pecuniarie.
La Commissione territoriale rilevava che i ruoli erano stati resi esecutivi entro il termine
di decadenza previsto dall’art. 17 Dpr n. 602/1973, e che la potestà impositiva era stata
legittimamente esercitata atteso che l’art. 28 della legge n. 449/1997, con norma
interpretativa, aveva definito ordinatorio il termine di cui all’art. 36 bis Dpr n.600173 per
la esecuzione dei controlli automatizzati (che per gli anni d’imposta in questione veniva a
scadere in data 1.1.1999), ed avendo la Corte costituzionale, con sentenza 11.6.1999 n. 229,

rilevato che ciò non determinava pregiudizio al contribuente, rimanendo sempre
applicabile il termine di decadenza (31 dicembre del quinto anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione ) previsto dall’art. 43 Dpr n. 600/73 richiamato dall’art. 17

Dpr n. 602/73. Inoltre, aggiungevano i Giudici di appello, che la cartella di pagamento
notificata il 10.9.2004 rispettava il termine di decadenza del 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello di presentazione della dichiarazione stabilito dall’art. 1, comma 5 ter,
del DL n. 106/2005. Ritenevano, invece, non applicabili le sanzioni pecuniarie in
considerazione delle obiettive difficoltà interpretative delle norme risolte solo a seguito
di pronunce delle SSUU della Corte di legittimità e della Corte costituzionale.

1
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

C s. est.
Stefa
livieri

accoglieva l’appello dell’Ufficio di Termoli della Agenzia delle Entrate ed in parziale

La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione dalla Agenzia
delle Entrate per vizi di violazione di norme di diritto e per vizi di nullità processuale.
Resiste la società con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
La Agenzia ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

Preliminare è l’esame del primo motivo di ricorso incidentale con il quale la società
contribuente deduce il vizio di nullità del procedimento di secondo grado per violazione
del contraddittorio in cause inscindibili ex art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360co l nn.
3 e 4 c.p.c., in quanto la CTR pur avendo rilevato che il Concessionario del servizio di
riscossione per la provincia di Campobasso, SRT s.p.a., era stato parte nel giudizio di
primo grado, aveva poi omesso di dispone la integrazione del contraddittorio in grado di
appello, non essendo stata notificata la impugnazione proposta dall’Ufficio di Termoli
avverso la sentenza della CTP anche alla predetta parte, che doveva ritenersi
litisconsorte necessario vertendosi in tema di cause inscindibili.

Il motivo che, così come formulato, inquadra la censura nell’ambito del vizio
processuale (e non quindi degli “errores in judicando”, come indicato -sembra- in via alternativa
nella rubrica del motivo), è inammissibile per difetto di autosufficienza ex art. 366co 1 n. 3)

c.p.c..
La individuazione della “giusta parte” del processo tributario va infatti compiuta,
non in relazione al tipo di atto impugnato avanti il Giudice tributario, che costituisce
mero veicolo di introduzione del giudizio di tipo misto, “impugnatorio e di merito”, ma
in riferimento ai vizi di legittimità dell’atto tributario dedotti con il ricorso introduttivo,
bene potendo l’atto esecutivo essere opposto dal contribuente per far valere
esclusivamente vizi inerenti l’atto presupposto (non precedentemente notificato), come nel
caso in cui, controvertendosi in tema di “controllo automatizzato” ex art. 36 bis Dpr n.
2
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Con est.
Stefano livieri

Motivi della decisione

600/73 (in cui “la notifica della cartella dei pagamento vale anche come notificazione del ruolo”:
art. 21col Dlgs n. 546/1992) il contribuente impugni la cartella di pagamento per far valere

esclusivamente vizi attinenti alla formazione ed al contenuto del “ruolo”, atto di
competenza dell’Ufficio impositore, senza dedurre anche vizi propri della cartella
(inerenti i requisiti formali di validità prescritti dall’art. 25 Dpr n. 602/73) ovvero vizi di

invalidità del procedimento notificatorio della cartella, atti questi di competenza del
16/01/2009 secondo cui il Concessionario, nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente
il molo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo
esecutivo così come -salva l’ipotesi di errore materiale- formato dall’ente e, pertanto, non è
passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella).

Come è stato, infatti, rilevato da questa Corte in tema di contenzioso tributario, la
disposizione di cui all’art. 53, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
secondo cui l’appello dev’essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno
partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra “cause
inscindibili” e “cause scindibili”, con la conseguenza che, ove la controversia abbia ad
oggetto l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la mancata proposizione dell’appello
anche nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto in primo
grado unitamente all’Amministrazione finanziaria, non comporta l’obbligo di disporre la
notificazione del ricorso in suo favore (ex art. 332 c.p.c.), quando sia ormai decorso il
termine per l’impugnazione, essendo egli estraneo al rapporto sostanziale dedotto in
giudizio, con la conseguente scindibilità della causa nei suoi confronti, anche nel caso in
cui non sia stato eccepito o rilevato il suo difetto di legittimazione (cfr. Corte cass. Sez. 5,
Sentenza n. 10580 del 09/05/2007; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 45 del 03/01/2014).

Tanto premesso, per fornire alla Corte chiara contezza della vicenda processuale e
verificare in tal modo la ammissibilità della censura rispetto alla contestata attività
processuale svolta dalla CTR, la società ricorrente incidentale avrebbe dovuto, almeno,
specificare se i motivi di opposizione formulati nel ricorso introduttivo avevano ad
3
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Con st.
Stefano Ovieri

Concessionario del servizio di riscossione (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 933 del

oggetto non soltanto la contestazione della pretesa impositiva (e dunque vizi propri del
ruolo, tra i quali la decadenza dal termine previsto dall’art. 17 Dpr n. 602/73 per la iscrizione della
somma a ruolo) ma anche altri vizi propri della cartella di pagamento, con riferimento ai

requisiti formali e sostanziali della stessa, ovvero vizi attinenti al procedimento
notificatorio della cartella.
La mera circostanza di fatto della partecipazione del Concessionario per la

esclusiva la denuncia del vizio processuale, appare pertanto elemento del tutto anodino,
in quanto privo di efficacia dimostrativo della qualità di parte sostanziale del rapporto
controverso assunta dal Concessionario della riscossione.
Rimane in conseguenza impedito alla Corte di verificare in “limine” se la censura trovi
effettiva corrispondenza negli atti dei precedenti gradi di giudizio, dovendo distinguersi
anche nell’ambito del vizio di legittimità attinente l’attività processuale ex art. 360co l n.
4) c.p.c., la fase di ammissibilità e quella -cronologicamente successiva- relativa alla
fondatezza della censura: ed infatti, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia
denunciato un “error in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il potere-dovere di
esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere-dovere è
necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente
indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il
riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il
principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a
individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del
23/01/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 16245 del
03/08/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del
20/09/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; id. Sez. L, Sentenza n. 488 del
14/01/2010; id. Sez. L, Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 86 del
10/01/2012; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; id. Sez. U, Sentenza n. 8077 del
22/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012; id. Sez. L, Sentenza n. 896 del
17/01/2014).

4
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Cons. st.
Stefano ìvieri

riscossione al giudizio di primo grado, sulla quale la parte ricorrente fonda in via

Va esaminato con priorità, rispetto al ricorso principale, anche il secondo motivo del
ricorso incidentale, con il quale viene investita la statuizione della sentenza di appello
che ha ritenuto insussistente la violazione del termine di decadenza previsto dall’art. 17
Dpr n. 602/73, nel testo vigente all’epoca dei fatti, in quanto considerato erroneamente
meramente ordinatorio.

602/73 e dell’art. 36 bis Dpr n. 600/3, “ratione temporis” vigenti, in relazione all’art.
360co1 n. 3 c.p.c., sostenendo che il termine di decadenza in questione (originariamente
previsto nel 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione
fiscale) doveva intendersi riferito non solo alla formazione del ruolo ma anche alla

comunicazione di tale atto, portato a conoscenza del contribuente attraverso la notifica
della cartella di pagamento che, essendo intervenuta soltanto il 10.9.2004, aveva
determinato la estinzione del credito erariale per intervenuta decadenza.

Il motivo è infondato.

Diversamente da quanto sostenuto dalla società, la CTR, non ha affatto ritenuto
ordinatorio il termine originario di cui all’art. 17 Dpr n. 6022/73, avendo invece
correttamente riferito i contrasti giurisprudenziali emersi in ordine alla qualificazione
del diverso termine previsto dall’art. 36 bis, comma 1, Dpr n. 600/73 per la effettuazione
dei controlli automatizzati, risolti soltanto in esito alla emanazione della norma di
interpretazione autentica, di cui all’art. 28 della legge n. 449/1997, che ha qualificato
“ordinatorio” il termine in questione.

I Giudici di appello hanno invece rigettato la

eccezione di decadenza proposta dalla contribuente, in quanto hanno accertato che i
ruoli, relativi alle dichiarazione presentate per gli anni 1998 e 1999, erano stati resi
esecutivi, rispettivamente in data 28.12.2001 e 18.12.2002, e dunque nel termine di
decadenza originariamente previsto dall’art. 17 Dpr n. 602/73 (31 dicembre del secondo
anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione),

aggiungendo inoltre che

5
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Co est.
Stefano i vieri

La società ricorrente incidentale deduce il vizio di violazione dell’art. 17 Dpr n.

l’indicato termine non poteva ritenersi applicabile alla cartella di pagamento, dovendo
questa essere notificata -originariamente- nel termine massimo di cui all’art. 43 Dpr n.
600/73 (previsto per la notifica degli avvisi di accertamento), e quindi, successivamente alla
riforma legislativa introdotta dal DL n. 106/2005, nel termine introdotto dalla “disciplina
transitoria” dettata dall’art. 1, comma 5 ter, lett. b), n. 2 del DL n. 106/2005 conv. in
legge n. 156/205 che stabiliva, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al

essere notificate entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione: tempestiva doveva pertanto ritenersi la notifica della
cartella opposta eseguita il 19.10.2004, in relazione alle dichiarazioni degli anni
d’imposta 1998 e 1999, presentate rispettivamente nel corso del 1999 e del 2000.

La decisione del Giudice di merito va esente da vizi, essendo conforme ai principi di
diritto enunciati in materia da questa Corte, dovendo pertanto , ribadirsi che in tema di
riscossione delle imposte sui redditi, l’art. 1 del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito
con modificazioni nella legge 31 luglio 2005, n. 156 – emanato a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 280 del 2005 di declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 25 del d.P.R. n. 602
del 1973 -, che ha fissato, al comma quinto bis, i termini di decadenza per la notifica delle

cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle
dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il comma secondo dell’art. 36 del
d.lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, che per le somme che risultano dovute a seguito
dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere
notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001,
entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della
dichiarazione, ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle
situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora
definite con sentenza passata in giudicato, operando retroattivamente, sia in quanto
introdotto per eliminare una lacuna normativa verificatasi per effetto di pronuncia
costituzionale e per garantire – oltre che l’interesse del contribuente – l’interesse
6
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Co/. est.
Steflo livieri
\

31.12.2001, che le cartelle, emesse ai sensi dell’art. 36 bis Dpr n. 600/73, dovessero

dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la
riscossione dei tributi, sia in considerazione del tenore testuale dell’esordio dei commi 5
bis e 5 ter. (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 1435 del 25/01/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 2212
del 31/01/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 16990 del 05/10/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 3208 del

Venendo quindi a trattare i motivi del ricorso principale -proposto dalla Agenzia fiscale
avverso il capo di sentenza concernente il riconoscimento dell’esimente della obiettiva difficoltà
interpretativa delle disposizioni sui termini di decadenza della iscrizione a ruolo e di esercizio del
controllo automatizzato- con il primo motivo la sentenza di appello viene impugnata per

violazione dell’art. 8 del Dlgs n. 546/1992 e dell’art. 6 Dlgs n. 472/1997, in relazione
all’art. 360co1 n. 3 c.p.c., non essendo ravvisabile nella specie alcuna ambiguità nel testo
normativo che definisce l’illecito tributario (omesso versamento di tributi), nè potendo
spiegare riflessi sull’illecito predetto le vicende inerenti ai termini previsti dagli artt. 17
Dpr n. 602/73 e 36 bis col Dpr n. 600/73; con il secondo motivo si deduce in via
pregiudiziale la nullità ex art. 360co 1 n. 4 c.p.c. della statuizione impugnata, in quanto
resa in violazione dell’art. 57 Dlgs n. 546/1992, avendo la società contribuente proposto
inammissibilmente, per la prima volta con i motivi di gravame, la domanda di
applicazione della “esimente” ex art. 6co2 Dlgs n. 472/1997.

L’esame del secondo, precludendo in caso di accoglimento l’accesso a quello del
primo, si palesa preliminare.

Il secondo motivo è fondato.

La società nel ricorso introduttivo aveva contestato la pretesa fiscale in quanto
esercitata oltre il termine di decadenza di cui all’art. 17 Dpr n. 602/73, ed in quanto non

7
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

CÒ est.
livieri
Stefan

11/02/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 8406 del 05/04/2013).

motivata in relazione ai criteri di liquidazione degli interessi di mora e delle sanzioni
pecuniarie.
Il motivo del ricorso introduttivo (concernente la mancata indicazione del criterio di
commisurazione della entità della sanzione pecuniaria applicato),

in un giudizio di tipo

impugnatorio-misto, qual è quello tributario, in cui l’oggetto del giudizio sul rapporto di
diritto sostanziale è circoscritto dalle ragioni della pretesa fiscale riportate nell’atto

di ricomprendere in esso -avuto riguardo alla obiettiva portata semantica della formulazione
lessicale- anche una distinta e del tutto autonoma eccezione -non puntualmente dedotta-

quale nella specie deve ritenersi la richiesta di applicazione della “esimente”, fondata su
presupposti del tutto diversi (obiettiva incertezza sulla portata della norma tributaria violata)
rispetto a quelli del vizio di nullità -per difetto di motivazione in relazione al criterio di
liquidazione delle sanzioni- del ruolo formato dall’ente impositore e trasfuso nella cartella

emessa ai sensi dell’art. 36 bis Dpr n. 600/73: l’applicazione della esimente implica,
infatti, la allegazione e dimostrazione di un fatto impeditivo della pretesa sanzionatoria
che non è assimilabile all’elemento formale di validità (motivazione) del provvedimento
irrogativo della sanzione, ma opera sul differente piano della non punibilità di una
condotta -astrattamente configurante una fattispecie illecita- che, in assenza della norma
che prevede l’esimente, dovrebbe essere assoggettata a sanzione.

In conseguenza la domanda di applicazione della esimente, proposta dalla società per
la prima volta con i motivi di gravame, incontrava il divieto di “jus novorum” ex art. 57
Dlgs n. 546/1992, ed in quanto tale avrebbe dovuto, pertanto, essere dichiarata
inammissibile dalla CTR, dovendo ritenersi esclusa, in considerazione del modello
impugnatorio-misto adottato dal Legislatore per il giudizio tributario, la “rilevabilità di
ufficio” -in assenza di specifica eccezione del contribuente- dei presupposti applicativi della
esimente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 25676 del 24/10/2008; id. Sez. 5, Sentenza n.
24060 del 12/11/2014).

8
RG n. 2282/2009
ric. Ag.Entrate c/ TCM s.r.l.

Con est.
Stefanb i1ivieri

opposto e dagli “specifici” motivi di opposizione proposti dal contribuente, non consente

ESENTE DA REGISTRAZIONt
AU SENSI DEL D. P R 2’4I 46
N. 131 TA8. ALL. B. -N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

La statuizione relativa alla applicazione della esimente deve ritenersi , pertanto, affetta
dal vizio di nullità processuale censurato, e la sentenza impugnata deve in conseguenza
essere cassata in parte qua.

L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, quanto al secondo motivo,
assorbito il primo; il ricorso incidentale deve essere rigettato; la sentenza impugnata va
cassata in relazione al motivo accolto e non occorrendo procedere ad ulteriori atti
istruttori, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384co2 c.p.c., con il rigetto del
ricorso introduttivo proposto avverso l’atto irrogativo di sanzioni pecuniarie. Segue la
condanna della parte resistente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che
vengono liquidate in dispositivo, dovendo essere dichiarata compensate le spese relative
ai gradi di merito.

P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricorso principale quanto al secondo motivo, assorbito il primo; rigetta il
ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e,
decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto avverso l’atto
irrogativo di sanzioni pecuniarie, e condanna la parte resistente alla rifusione delle spese
del giudizio di legittimità che liquida in € 13.000,00 per compensi oltre alle spese
prenotate a debito, dichiarate compensate le spese relative ai gradi di merito.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
L
61U. 2115

Così deciso nella camera di consiglio 31.3.2015

del primo motivo.

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