Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12766 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 04/07/2019, dep. 26/06/2020), n.12766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18089/2018 (cui è riunito il ricorso n. 18094/2018)

proposto da:

S.R., quale titolare dell’impresa individuale

AUTOTRASPORTI S.R., elettivamente domiciliato in Roma,

via Buccari n. 11, presso lo studio dell’Avv. Pierluigi Tiburzi,

rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Paolo Tomasi giusta procura

in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5124/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 6 dicembre 2017;

(ricorso n. 18089/2018)

e proposto da:

S.R., quale titolare dell’impresa individuale

AUTOTRASPORTI S.R., elettivamente domiciliato in Roma,

via Buccari n. 11, presso lo studio dell’Avv. Pierluigi Tiburzi,

rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Paolo Tomasi giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5128/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 6 dicembre 2017;

(ricorso n. 18094/2018) udita la relazione della causa svolta nella

camera di consiglio del 4 luglio 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI;

viste le conclusioni scritte del P.M., nella persona del Sostituto

Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, che ha chiesto il rigetto

del ricorso n. 18089/2018.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Lombardia (con la sentenza n. 5124/2017 emessa all’esito del procedimento n. 1837/2016) ha accolto il gravame interposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la sentenza n. 17/03/2016 della CTP di Sondrio di accoglimento parziale (quanto ai soli interessi e sanzioni) del ricorso di S.R., quale autore della violazione e titolare dell’omonima impresa di autotrasporti, contro gli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), nonchè i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni nn. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti emessi il 18 maggio 2015 a seguito dei controlli effettuati dalla tenenza della Guardia di Finanza di Passo Foscagno in relazione al periodo 2009-2012, per maggiori diritti per accise e IVA all’importazione di carburante dal territorio extra-doganale di Livigno eccedente la franchigia limitata al carburante contenuto nei “serbatoi normali” dei veicoli commerciali ex art. 107 del regolamento n. 1186/2009/CE del Consiglio del 16 novembre 2009 sul regime comunitario delle franchigie doganali;

2. ha ritenuto la CTR che: a) gli accertatori hanno constatato l’illecita introduzione di carburante in Italia senza l’assolvimento delle accisa e dell’IVA, come attestato dalle fatture, in serbatoi anomali ai sensi del citato regolamento installati sugli autoveicoli pesanti, a nulla rilevando l’omologazione degli stessi; b) sussiste l’elemento soggettivo della colpa “sotto il profilo della negligenza e di una insufficiente attenzione e conoscenza circa la normativa che disciplina l’attività esercitata, circostanza che non esime da responsabilità, non emergendo cause di non punibilità della condotta”; c) “la sanzione è stata correttamente calcolata dall’Ufficio in quanto le condotte contestate non hanno interessato specifici periodi di imposta, ma hanno configurato plurime importazioni illecite di carburante che hanno determinato altrettanti presupposti impositivi non riferibili ad un unico periodo d’imposta”; d) è infondato l’appello incidentale del contribuente circa l’illegittimità della pretesa fiscale per accise ed IVA alla luce della normativa vigente e della giurisprudenza comunitaria; e) il ricorrente dev’essere condannato alla rifusione delle spese della fase cautelare e del grado;

3. sempre la CTR della Lombardia (con la sentenza n. 5128/2017 emessa all’esito del procedimento n. 2265/2016 discusso nella stessa udienza) ha accolto altro gravame interposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avverso la medesima sentenza n. 17/03/2016 della CTP di Sondrio contenente le stesse statuizioni di cui alla sentenza n. 5124/2017 con identica motivazione, nuovamente disponendo la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese della fase cautelare e del grado;

4. avverso le dette sentenze ha proposto distinti ricorsi per cassazione S.R., affidati ciascuno a cinque motivi e illustrati con memorie, cui replica l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso; la Procura Generale ha depositato conclusioni scritte ex art. 380-bis 1 c.p.c. con riferimento al ricorso n. 18089/2018.

Diritto

RITENUTO

che:

5. preliminarmente, i ricorsi nn. 18089/2018 e 18094/2018 vanno riuniti, come richiesto dal ricorrente, per la loro evidente connessione in quanto riguardanti separate impugnazioni in appello contro la stessa sentenza;

6. con il primo motivo del ricorso n. 18089/2018 S.R. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Espone il ricorrente: i) che l’amministrazione, dopo aver notificato un primo appello (R.G. n. 1837/2016) contro la sentenza della CTP di Sondrio n. 17/03/2016 per sentir dichiarare dalla CTR dovute le sanzioni di cui ai provvedimenti irrogativi delle stesse nn. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha notificato altro gravame (R.G. n. 2265/2016) avverso la medesima sentenza con riferimento al riconoscimento anche degli interessi di cui all’avviso di accertamento n. (OMISSIS); ii) di aver chiesto alla CTR la riunione dei ricorsi; iii) che la CTR non ha provveduto, con ciò violando il combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1 e 29 ss. ed altresì dell’art. 335 c.p.c.; iv) che da ciò consegue l’improcedibilità del secondo ricorso in appello e l’annullamento della sentenza n. 5128/2017, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c. in cui è incorsa la sentenza n. 5124/2017 la quale, decidendo sul primo ricorso in appello, ha dichiarato dovuti anche gli interessi senza che questi fossero espressamente ricompresi nella domanda svolta dall’amministrazione appellante; v) che è conseguentemente calato il giudicato quanto agli interessi;

7. con il primo motivo del ricorso n. 18094/2018 S.R. denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, in combinato disposto con il medesimo decreto, artt. 61 e 49 e con l’art. 335 c.p.c., reiterando argomentazioni e richieste di cui alla censura riassunta sub 6;

8. le doglianze, da esaminarsi congiuntamente, sono fondate;

8.1. i fatti sono pacifici: deduce l’amministrazione che l’esigenza di appellare nuovamente la sentenza n. 17/03/2016 della CTP “è nata da un errore materiale verificatosi nel primo atto di appello, laddove l’Ufficio per un refuso non aveva citato nella richiesta finale la riforma della disposizione del Giudice di primo grado nella parte (in cui) ha statuito la non corresponsione degli interessi sull’atto di accertamento del tributo. Conseguentemente l’Ufficio ha nuovamente appellato la Sentenza n. 17/03/2016 nella parte in cui il Giudice ha annullato gli interessi sull’atto di accertamento del tributo, mantenendo identiche motivazioni del primo Appello e chiedendo la riunione dei due appelli avverso la stessa sentenza. La CTR di Lombardia ha iscritto l’appello al numero di ruolo RGR 2265/2016” (p. 9 del controricorso in replica al ricorso n. 18089/2018); nondimeno, deduce sempre l’amministrazione (nel controricorso in replica al ricorso n. 18094/2018: pp. 11-12) che la mancata riunione dei due appelli da parte della CTR sarebbe sanata dal fatto che le due sentenze emesse dalla CTR, essendo uguali, non comporterebbero un contrasto di giudicati, recando solo la seconda sentenza della CTR (n. 5128/2017) l’ulteriore statuizione sulla debenza anche degli interessi, sicchè la riunione nella presente sede di legittimità porrebbe rimedio all’errore in cui è incorsa la CTR omettendo la riunione ex art. 335 c.p.c.;

8.2. il P.G. conclude per l’infondatezza della censura esposta sub 6 osservando che, poichè la CTP “aveva accolto parzialmente il ricorso del S. ritenendo non dovute le sole somme pretese a titolo di sanzioni e interessi (…) l’appello dell’Ufficio non poteva che riguardare gli atti di contestazione relativi alle sanzioni e agli interessi (cfr. causa petendi)”, sicchè “la mancanza nel petitum” del riferimento agli interessi “si risolve in una mera omissione del tutto irrilevante quanto alla lamentata violazione del principio sancito nell’art. 112 c.p.c.”;

8.3. ritiene invece il collegio evidente la violazione dell’art. 112 c.p.c. in cui è incorsa la CTR a seguito dell’inammissibile duplicazione dell’impugnazione operata dall’amministrazione;

8.4 va infatti rilevato che, vigendo nell’ordinamento processuale, compreso quello tributario (Sez. 6-5, 28 febbraio 2018, n. 4754), il principio generale della consumazione del potere di impugnazione (art. 358 c.p.c., nonchè art. 387 c.p.c. per quanto attiene al ricorso per cassazione), la parte, una volta che abbia esercitato tale potere, esaurisce la facoltà di critica della decisione che la pregiudica e non può, in seguito, proporre una seconda impugnazione per aggiungere ulteriori motivi ovvero ripetere, specificare o precisare quelli già dedotti, essendo solo possibile – ove non siano decorsi i termini – la proposizione di una nuova impugnazione in sostituzione della prima, ma non anche ad integrazione o correzione di essa; ciò a meno che l’impugnazione sia invalida (ipotesi che non ricorre nella specie), ma non sia stata ancora dichiarata improcedibile o inammissibile, e purchè la seconda impugnazione intervenga tempestivamente nel termine “breve” di decadenza (Sez. 6-1, 29 novembre 2016, n. 24332; Sez. U, 13 giugno 2016, n. 12084);

8.5. orbene, avendo il primo gravame dell’amministrazione validamente introdotto il giudizio di appello, ne consegue l’inammissibilità del secondo e la cassazione senza rinvio della sentenza della CTR n. 5128/2017, restando assorbiti i restanti motivi; del pari, va cassata senza rinvio anche la sentenza della CTR n. 5124/2017, non essendo dovuti gli interessi, con rigetto – come si dirà subito – delle altre doglianze sul merito della pretesa fiscale e sulle sanzioni;

9. venendo dunque all’esame dei restanti motivi del ricorso n. 18089/2018, con il secondo di essi si denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. n. 1186/2009/CE, art. 107: la norma andrebbe interpretata nel senso che deve “considerarsi normale ogni serbatoio che possa essere montato su un automezzo nei limiti previsti dalla legge. (…) il discrimine posto dalla norma rispetto alla normalità del serbatoio non è costituito dalla fase di omologazione del veicolo” (p. 9 del ricorso);

9.1. il mezzo è infondato, secondo l’indirizzo già espresso dalla Sezione in casi analoghi quanto alla nozione di “serbatoio normale”;

9.2. l’art. 107, par. 1, lett. a), del Reg. n. 1186/2009/CE prevede che “Fatti salvi gli artt. 108, 109 e 110, sono ammessi in franchigia dai dazi all’importazione: a) il carburante contenuto nei serbatoi normali: – degli autoveicoli da turismo, degli autoveicoli commerciali e dei motocicli, – dei contenitori per usi speciali, che entrano nel territorio doganale della Comunità”; il successivo par. 2, lett. c), prevede che “Ai sensi del paragrafo 1, si intende: (…) c) per “serbatoi normali”: – i serbatoi che sono fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo del veicolo considerato e la cui sistemazione permanente consente l’utilizzazione diretta del carburante, sia per la trazione dei veicoli sia, all’occorrenza, per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione e degli altri sistemi; – i serbatoi di gas installati su veicoli a motore che consentono l’uso diretto del gas come carburante nonchè i serbatoi adattati agli altri sistemi di cui possono essere dotati i veicoli; – i serbatoi che sono fissati in modo stabile dal costruttore su tutti i contenitori dello stesso tipo del contenitore considerato e la cui sistemazione permanente consente l’utilizzazione diretta del carburante per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione e degli altri sistemi di cui sono dotati i contenitori per usi speciali”;

9.3. quanto all’interpretazione di tali norme e, in particolare, della nozione di “serbatoio normale”, analoga questione si pose con riferimento al Reg. n. 918/83/CEE, art. 112, n. 2, lett. c), come modificato dal Reg. n. 1315/88/CEE (di cui il Reg. n. 1186/2009/CE rappresenta, stando al relativo considerando n. 1, la codificazione) e fu così risolta dalla sentenza della Corte di Giustizia 3 dicembre 1998, in causa C-247/97, Schoonbroodt nei termini che seguono: “(…) quando emana norme che concedono sospensioni di dazi doganali, il Consiglio deve tener conto delle esigenze della certezza del diritto e delle difficoltà alle quali devono far fronte le amministrazioni doganali nazionali (sentenza 18 marzo 1986, causa 58/85, Ethicon, Racc. pag. 1131, punto 12). Ne consegue che siffatte disposizioni devono essere interpretate restrittivamente, conformemente alla loro formulazione, sicchè non possono essere applicate, in contrasto con il loro tenore letterale, a prodotti che non sono da esse menzionati (sentenza 12 dicembre 1996, cause riunite da C-47/95 a C-50/95, C-60/95, C81/95, C-92/95 e C-148/95, Olasagasti e a., Racc. pag. 1-6579, punto 20). (…) la formulazione della definizione di “serbatoi normali” figurante (…) al Reg. n. 918 del 1983, art. 112, n. 2, lett. c), come modificato dal regolamento n. 1315/88, (…) è chiara. Per costituire oggetto di una siffatta qualifica, tali serbatoi devono essere, in particolare, fissati dal costruttore e su tutti i veicoli o contenitori del medesimo tipo”;

9.4. orbene, non v’è motivo, ad avviso del collegio, per discostarsi da tali principi che vanno dunque confermati anche in relazione all’interpretazione dell’art. 107 cit.;

9.5. per completezza va precisato che una diversa conclusione non potrebbe essere sostenuta mercè il richiamo alla successiva sentenza della Corte di Giustizia, 10 settembre 2014, in causa C-152/13, Holger Forstmann Transporte: tale decisione ha chiarito, in merito alla nozione di “serbatoi normali” di cui alla direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, art. 24, par. 2, primo trattino, (che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), che la nozione deve essere interpretata nel senso di non escludere i serbatoi installati permanentemente sugli autoveicoli commerciali e destinati a rifornirli direttamente di carburante che siano stati montati da una persona diversa dal costruttore, purchè detti serbatoi consentano l’utilizzazione diretta del carburante sia per la trazione di tali veicoli che, all’occorrenza, per il funzionamento, durante il trasporto, dei sistemi di refrigerazione o di altri sistemi;

9.6. i detti principi, e in particolare l’interpretazione meno restrittiva di cui innanzi, non sono infatti applicabili al diverso campo dei dazi doganali: come si legge ai parr. 33 e 34 della motivazione, “33. (…) tale conclusione non è in contrasto con la sentenza Schoonbroodt (…). Si deve ricordare, infatti, a tale riguardo, che nel procedimento che ha dato origine a detta sentenza, la Corte interpretava non già una disposizione di una direttiva relativa alla tassazione dei prodotti energetici nell’ambito del mercato interno, quale la direttiva 2003/96, art. 24, bensì, attraverso la legislazione belga in esame, una disposizione del Reg. n. 918 del 1983, in materia doganale. Orbene, tali testi perseguono obiettivi

diversi (v., in tal senso, sentenza Meiland Azewijn, punto 40). 34.

Inoltre, se è vero che la Corte ha affermato, al punto 20 della sentenza Schoonbroodt (…), che “le definizioni della nozione di “serbatoi normali” fornite nelle varie disposizioni che possono rivelarsi pertinenti non presentano divergenze significative nel contesto della fattispecie di cui alla causa a qua”, tuttavia l’argomentazione della Corte in quest’ultima sentenza si fonda sulla sua giurisprudenza in materia doganale e non sulla finalità di una disposizione adottata nell’ambito del mercato interno”;

10. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5: secondo il ricorrente, la CTR avrebbe errato nel ritenere sussistente la colpa, non essendo a tal fine sufficiente la negligenza, imprudenza o imperizia poichè occorrerebbe altresì la prevedibilità ed evitabilità della violazione della regola cautelare da parte dell’agente, elementi nella specie insussistenti alla luce della regolare omologazione degli automezzi, come tali conformi alla normativa italiana e comunitaria;

10.1. il mezzo è infondato;

10.2. esso infatti risulta palesemente segnato dal fraintendimento della portata precettiva della norma invocata: invero, ai sensi dell’art. 5 cit., ai fini dell’affermazione di responsabilità del contribuente è sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra, da parte dell’amministrazione finanziaria, la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, il quale è pertanto onerato della prova dell’assoluta assenza della colpa (Sez. 5, 13 settembre 2018, n. 22329 ed altre conformi);

10.3. ciò posto, nessun particolare rilievo può riconnettersi all’invocata omologazione degli automezzi: come chiarito in sede di esame del primo motivo di ricorso, il riferimento ai “serbatoi normali” di cui all’art. 107 del reg. n. 1186/2009/CE dev’essere interpretato restrittivamente per esigenze di certezza del diritto, conformemente alla formulazione della norma che pertanto non può essere applicata, in contrasto con il suo tenore letterale, a prodotti diversi da quelli ivi menzionati, sicchè sono “normali” i serbatoi fissati in modo stabile dal costruttore su tutti gli autoveicoli dello stesso tipo di quello considerato, con esclusione di quelli, diversi, apposti anche dallo stesso costruttore, su richiesta dell’acquirente ancorchè in sede di prima immatricolazione, compatibili con l’autoveicolo e omologati.

11. con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3,53 e 97 Cost., nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10: il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo poichè emesso in violazione dei precetti costituzionali di ragionevolezza e capacità contributiva, nonchè del principio di affidamento di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 2, non applicato dalla CTR nonostante il contribuente non avesse ricevuto rilievi per l’intero periodo contestato da parte della Guardia di Finanza, così maturando la convinzione di operare correttamente, convinzione del resto rafforzata dal ritardo con cui l’amministrazione ha provveduto ad effettuare i controlli poi sfociati nell’avviso di accertamento;

11,1. il mezzo è infondato;

11,2. esso infatti collide con consolidati principi – cui il collegio intende dare seguito – quali quelli per cui: 1) il legittimo affidamento del contribuente comporta, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, l’esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all’inadempimento colpevole dell’obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall’obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi (Sez. 5, 18 maggio 2016, n. 10195; Sez. 5, 9 gennaio 2019, n. 370); li) qualora la mancata riscossione dei diritti doganali sia dovuta ad un’erronea determinazione delle autorità competenti, non percettibile da parte dell’operatore, deve trovare applicazione, in conformità ad un orientamento consolidato nella giurisprudenza comunitaria, il principio di affidamento desumibile dal Reg. n. 1697/79/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, art. 5, n. 2 e dal Reg. n. 2913/92/CEE del Consiglio, del 12 ottobre 1992, art. 220, par. 2, lett. b), norme che precludono all’amministrazione il recupero dei diritti doganali non riscossi, qualora il debitore abbia agito in buona fede, avendo osservato tutte le disposizioni vigenti materia tributaria per la dichiarazione in dogana: sempre, però, che il comportamento dell’autorità non sia stato – come nella specie – meramente passivo, ma abbia assunto un profilo attivo (Sez. 5, 18 giugno 2010, n. 14812); iii) se la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, esclude l’irrogazione delle sanzioni qualora la condotta del contribuente sia stata posta in essere “a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori della amministrazione stessa”, è pur vero che “il termine attribuito alla potestà accertativa della Amministrazione finanziaria non (può) ingenerare, fino alla scadenza, alcun affidamento – tanto meno incolpevole – sulla correttezza della condotta, nel caso di specie omissiva, del contribuente” (Sez. 5, 1 giugno 2012, n. 8825, in motivazione, punto 5.2., ultimo cpv.);

12. con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, “circa la sussistenza dell’incertezza oggettiva della norma”, essendo incerto l’esatto ambito applicativo del Reg. n. 1186/2009/CE, art. 107, suscettibile di interpretazioni divergenti;

12.1. il mezzo è infondato;

12.2. esso non si confronta con i consolidati principi in tema di incertezza della legge tributaria, secondo il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3;

12.3. sull’interpretazione di tale complesso disciplinare questa Corte (tra le altre, Sez. 5, 13 luglio 2018, n. 18718) ha infatti ribadito – con costante indirizzo cui il collegio intende dare continuità – che l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, “richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione” (cfr. anche Sez. 5, 28 novembre 2007, n. 24670; Sez. 5, 16 febbraio 2012, n. 2192; Sez. 5, 26 ottobre 2012, n. 18434; Sez. 5, 11 febbraio 2013, n. 3245; Sez. 5, 22 febbraio 2013, n. 4522; Sez. 5, 23 novembre 2016, n. 23845; Sez. 5, 1 febbraio 2019, n. 3108); in altre parole, una siffatta incertezza normativa oggettiva tributaria “è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito”, quindi in senso oggettivo (con conseguente esclusione di “qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali” atteso che “l’incertezza normativa, in quanto esiste in sè, opera nei confronti di tutti”): l’incertezza normativa oggettiva, pertanto, “non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria” (Sez. 5, 11 settembre 2009, n. 19638); inoltre, trattandosi di un’esimente prevista dalla legge a favore del contribuente, su quest’ultimo grava l’onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione (incertezza inevitabile sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della disposizione tributaria), qualora effettivamente esistenti, secondo le regole generali in materia di onere della prova (Sez. 5, 7 dicembre 2017, n. 29368; Sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 440);

12.4. ulteriori specificazioni del concetto risultano da Sez. 5, 13 giugno 2018, n. 15452: “In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 – è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente”;

12.5. il fondamento degli enunciati che precedono è di tutta evidenza: la valutazione in ordine alla sussistenza dell’esimente in parola non può essere lasciata al mero apprezzamento soggettivo, esigendo invece essa lo scrutinio dell’incertezza normativa in termini rigorosamente oggettivi e in stretta attinenza alle specifiche allegazioni del contribuente, ciò che radicalmente difetta nella specie.

13. In conclusione, la sentenza della CTR n. 5128/2017 va cassata senza rinvio; del pari, va cassata senza rinvio anche la sentenza della CTR n. 5124/2017 in accoglimento del primo motivo di ricorso, non essendo dovuti gli interessi, fermo il rigetto delle altre doglianze sul merito della pretesa fiscale e sulle sanzioni; l’esito complessivo del giudizio comporta la condanna dell’Agenzia alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione e di quelle del giudizio di appello n. 2265/2016, liquidate in dispositivo.

PQM

riuniti i ricorsi nn. 18089/2018 e 18094/2018, accoglie il primo motivo del ricorso n. 18094/2018, assorbiti i restanti, e cassa senza rinvio la sentenza impugnata n. 5128/2017; accoglie inoltre il primo motivo del ricorso n. 18089/2018, rigettati i restanti, e cassa senza rinvio la sentenza impugnata n. 5124/2017 in relazione al motivo accolto; condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.250,00, nonchè di quelle del giudizio di appello R.G.N. 2265/2016, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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