Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12764 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12764 Anno 2015
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 17869-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona

del

Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
414

ICAS SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato Nonché da:
ICAS SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

Data pubblicazione: 19/06/2015

’GIOVANNI PAISIELLO 33, presso lo studio dell’avvocato
DI TANNO & ASSOCIATI,

dall’avvocato

rappresentato e difeso

STEFANO PETRECCA

giusta delega a

margine;
– controricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato

avverso la sentenza n. 147/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata 108/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/01/2015 dal Consigliere Dott.

MARIO

CIGNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale, rigetto
incidentale.

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La ICAS srl in liquidazione, esercente attività di “gestione di campeggi ed aree attrezzate per roulottes”, ha
impugnato dinanzi alla CTP di Roma gli avvisi di accertamento con i quali era stata evidenziata, ai fini IRPEG
ed ILOR, l’omessa contabilizzazione di ricavi per il 1995 e per il 1996.
L’adita CTP ha accolto il ricorso.

dapprima rilevato che l’accertamento in questione era fondato essenzialmente sulla supposta esistenza di
un gruppo di società, nelle quali figuravano soggetti legati da vincoli di parentela (componenti la famiglia
Francorsi), che, tramite Io strumento dei “finanziamenti infruttiferi dei soci” (dei quali non era stata data
alcuna giustificazione), mascheravano l’evasione fiscale conseguente ai ricavi in nero dell’insieme delle
attività turistico-alberghiere dello stesso gruppo; ciò precisato, la CTR ha poi ritenuto che dette supposizioni
non erano suffragate da elementi concreti e riscontri tali da giustificare -ex art. 39, comma 1, lett. d) dpr
600/73- l’impugnato accertamento induttivo; nello specifico ha evidenziato:
che, in ordine all’ipotesi della sussistenza di gruppo di società riconducibili alla famiglia Francorsi, non era
stato provato che tra le stesse società esistessero rapporti di partecipazione incrociata (o sopra ordinata)
né commistioni di cariche sociali né sedi o uffici in comune; al riguardo, in particolare, ha precisato che le
società gestivano le strutture ricettive in Regioni differenti e svolgevano attività parzialmente diverse e che
la società (FINCESAR) proprietaria delle strutture turistiche gestite dalla contribuente era partecipata dalla
famiglia Francorsi solo in misura minoritaria;
che, in ordine ai riscontrati finanziamenti dei soci, era stato dimostrato, tramite il prospetto dei redditi dagli
stessi soci dichiarati negli anni 1993 e 1994, che la loro capacità di spesa era tale da poter giustificare
quanto rilevato dai verbalizzanti a titolo di finanziamento;
che, in ordine all’omessa registrazione e dichiarazione dei compensi percepiti, la mancata registrazione in
contabilità generale delle caparre ricevute dai clienti all’atto della prenotazione del soggiorno rilevava solo
quale irregolare tenuta della contabilità; dette caparre, infatti, costituendo una partita debitoria nei
confronti dei clienti (da restituire o sottrarre), non potevano considerarsi reddito da recuperare a
tassazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato a cinque motivi ed illustrato
anche da successiva memoria ex art. 378 cpc; ha resistito la contribuente, che ha proposto anche ricorso
incidentale, affidato ad un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza depositata 1’8-5-07 la CTR Lazio ha rigettato l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR ha

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa o insufficiente
motivazione in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio, ha sostenuto che, nonostante in appello
fossero state evidenziate numerose circostanze ed elementi dai quali desumere che i “finanziamenti
infruttiferi dei soci” costituissero in realtà “ricavi in nero”, la CTR si era limitata a confutare solo alcuni di
essi (esistenza gruppo imprenditoriale; adeguatezza capacità economica dei soci finanziatori, mancata
registrazione delle caparre), senza procedere ad una valutazione comparativa tra gli elementi addotti dalla

Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa o insufficiente
motivazione in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio, ha sostenuto che l’assunto della CTR circa
l’inesistenza di un “gruppo” di società riconducibile alla famiglia Francorsi era palesemente smentito dalle
contrarie risultanze del p.v.c.
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione
degli artt. 2697 cc e 39, comma 1, lett. d) i dpr 600/1973, ha sostenuto che la CTR aveva violato il criterio
dell’onere probatorio, in quanto, non ritenendo sufficiente la prova presuntiva richiesta dalla detta norma,
aveva accollato all’Ufficio una prova piena dell’esistenza di attività non dichiarate; nello specifico la CTR non
aveva considerato che, a fronte di quanto evidenziato nel pvc (e, in particolare, a fronte della registrazione tra le entrate di cassa di tutte le società del gruppo- di ingenti somme riconducibili a “finanziamenti
infruttiferi dei soci”, con relativa restituzione effettuata in parte su c/c intestati ai soci e in parte in contanti,
nonché della mancanza di prova dell’effettività degli apporti dei soci), gravava poi sul contribuente l’onere
di indicare e provare la sussistenza di fatti idonei a giustificare l’antieconomicità del detto comportamento
della contribuente.
Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa o insufficiente
motivazione in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio, ha sostenuto, in subordine, che la CTR non
aveva motivato su alcune circostanze del tutto autonome rispetto alla sussistenza del gruppo
imprenditoriale ed alla mancata registrazione delle caparre; nello specifico, non aveva valutato il
meccanismo di pagamento ai fornitori e l’utilizzo dei fondi cassa, elementi idonei di per sé ad avallare la
sussistenza di attività non dichiarate.
I primi tre motivi di ricorso principale, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono
fondati, con assorbimento del quarto, formulato solo in via subordinata.
Con riferimento, in primo luogo, all’affermata carenza di prova in ordine alla sussistenza di un “gruppo di
società riconducibile alla famiglia Francorsi”, la CTR ha ritenuto non provati i supposti “rapporti di
partecipazione incrociata o sopra ordinata” e le supposte “commistioni tra le cariche sociali”, sulla bas e
della considerazione che le società gestivano le strutture ricettive in Regioni differenti e svolgevan

contribuente e quelli proposti dall’Ufficio.


“attività in parte diversa” nonchè sulla base dell’osservazione che la società proprietaria degli immobili
gestiti era partecipata solo in parte e in misura minoritaria dai componenti della famiglia Francorsi.
Al riguardo va, tuttavia, rilevato che i predetti fatti (gestione — da parte del “gruppo di società”- di attività in
parte diverse e in Regioni differenti; partecipazione solo minoritaria) non possono di per sé soli ritenersi
logicamente incompatibili con i supposti “rapporti di partecipazione incrociata o sopra ordinata” e con le
supposte “commistioni tra le cariche sociali”, ben potendo sussistere detti rapporti e commistioni anche

specie, considerando che l’Ufficio ha nell’appello ribadito specifiche rilevanti circostanze (riportate nelle
lett. da a) a n) del ricorso per cassazione, pagg. 8-11 e 14-15), e, in particolare che la ICAS e la FINCESAR
(quest’ultima proprietaria delle strutture turistiche gestite dalla prima) facevano capo ad un unico gruppo
imprenditoriale operante nel settore turistico ed alberghiero e controllato dalla famiglia Francorsi; nello
specifico, con riferimento alle pagg. 6, 7 ed 8 del pvc, che: la ICAS era amministrata da Carboni Iolanda,
madre dei fratelli Francorsi; alla famiglia Francorsi facevano capo numerose altre società svolgenti attività
dì gestione di strutture turistiche ed alberghiere sempre appartenenti alla FINCESAR o attività edili
finalizzate essenzialmente ad eseguire lavori di manutenzione nelle strutture predette; infatti: socio della
Argon srl era Francorsi Filippo al 77,5%; soci della VELAL srl erano Francorsi Anito al 40% e Francorsi Angela
al 60%; nelle compagini societarie del gruppo era sempre almeno uno dei fratelli Francorsi —Luigi, Mario,
Anito, Filippo, Angela- o la madre Francorsi Iolanda, o comunque (v. società Marinas 2000 srl o INCA srl)
erano presenti -come soci- società di persone riconducibili ai Francorsi.
Con riferimento, poi, ai “finanziamenti infruttiferi dei soci”, ritenuti dall’Ufficio ricavi in nero, la CTR si è
limitata a sostenere che era stato dimostrato, tramite il prospetto dei redditi, che la capacità di spesa dei
soci negli anni 1993 e 1994 era tale da poter giustificare quanto rilevato dai verbalizzanti a titolo di
finanziamento; siffatta argomentazione appare assolutamente insufficiente, non potendosi di per sé
desumere l’effettività di un finanziamento infruttifero solo dalla affermata capacità di spesa (e quindi da
un fatto solo potenzialmente idoneo allo stesso), non bastando la asserita disponibilità di liquidità a
dimostrare l’effettività del finanziamento; tanto, in specie, considerando che, a fronte del fatto che tra le
entrate di cassa di tutte le società del gruppo erano registrate ingenti somme riconducibili a “finanziamenti
infruttiferi dei soci”, non era stata individuata alcuna prova concreta dell’effettività degli apporti e della
provenienza delle somme versate.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la società, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione degli artt. 2909 cc e 324 cpc, premesso di avere depositato nel corso dei giudizi di merito
sentenze definitive della stessa CTR Lazio relative ad altre imposte (ritenute IRPEF ed IVA) ma per lo stesso
t.
anno 1995, nonché altre sentenze definitive sempre della stessa CTR, relative a reddito di partecipazione di
due soci della società per gli anni 1995 e 1996, ha evidenziato che la CTR, pur dando conto di de

con partecipazione minoritaria e tra società svolgenti attività diverse ed in Regioni differenti; tanto, in

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/19$6
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA
statuizioni, non aveva poi attribuito alle stesse alcun effetto preclusivo all’esame del merito; ha concluso
chiedendo a questa Corte, ai sensi dell’art. 366 bis cpc, ratione temporis vigente, “se sia legittimo
pretermettere, rispetto ad un rapporto ancora sub iudice, la valenza dell’autorità di cosa giudicata di un
giudicato esterno avente ad oggetto un rapporto tributario dai medesimi presupposti giuridici, fattuali e
circonstanziali (in quanto riguardante il medesimo oggetto ma soggetti diversi, ossia i soci invece della
società)”.

Come già affermato da questa Corte, invero, “in tema di giudicato, qualora due giudizi facciano riferimento
ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due si sia concluso con sentenza definitiva, il principio, secondo
il quale l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica owero alla soluzione di questioni di
fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause preclude il riesame dello
stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia
soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., ai soggetti posti in condizione di
intervenire nel processo” (Cass. 3187/2015; Cass. 2786/206); nel caso in esame, pertanto, le invocate
sentenze, facenti riferimento a soggetti diversi (v. quesito), non potevano costituire giudicato e fare quindi
stato nel presente giudizio, precludendo l’esame del merito.
In conclusione, quindi, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso principale, con assorbimento del quarto;
va, invece, rigettato il ricorso incidentale; per l’effetto va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio, per
nuova valutazione alla CTR Lazio, diversa composizione, che prowederà anche alla regolamentazione delle
spese del presente giudizio di legittimità.
P. q. M.
La Corte, accoglie i primi tre motivi di ricorso principale; assorbito il quarto; rigetta il ricorso incidentale;
cassa l’impugnata sentenza, con rinvio, per nuova valutazione, anche sulle spese, alla CTR Lazio, diversa
composizione.
Così deci in Roma in d ta 30-1-2015

Siffatto ricorso incidentale è infondato e va, quindi, rigettato.

DEPOSITATO IN CANCELLEISA
L
£111 2915 –

9

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