Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12763 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12763 Anno 2014
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 9755 – 2008 proposto da:
COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 21,
presso lo studio dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE EDOARDO
giusta delega in calce;
– ricorrente –

2014

contro

1445

FINMECCANICA SPA;
– intimato sul ricorso 13161 2008 proposto da:

FINMECCANICA SPA in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 06/06/2014

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato
BULTRINI NICOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato
POTITO ENRICO giusta delega a margine;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

COMUNE DI NAPOLI in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. CATALANI 26,
presso lo studio dell’avvocato D’ANNIBALE ENRICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE EDOARDO
giusta delega in calce;

controrícorrente incidentale

avverso la sentenza n. 489/2006 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 05/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/04/2014 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LAURENTI delega
Avvocato BARONE che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato POTITO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso
principale, assorbito il ricorso incidentale
condizionato.

contro

9755-08
13161-08

Svolgimento del processo
La Finmeccanica s.p.a. impugnò un’ingiunzione notificata
dal comune di Napoli per il pagamento del canone di
fognatura e depurazione relativo all’anno 1999, in
relazione all’ex stabilimento Ansaldo Trasporti, sito in

Napoli, via Nuova delle Brecce 260. Dedusse, per quanto in
effetti rileva, che lo stabilimento provvedeva a scaricare
le acque reflue nel canale Fosso reale del Cozzone,
tributario del collettore Sperone appartenente al
consorzio di bonifica di Napoli e Volla, sicché per lo
stesso titolo essa società aveva già provveduto al
pagamento in favore dell’indicato consorzio.
Radicatosi

il

contraddittorio,

l’adita

commissione

tributaria provinciale di Napoli accolse il ricorso della
società.
Propose appello il comune di Napoli in ragione del fatto
che il presupposto di applicazione della tassa era da
individuare nell’allacciamento alla rete fognaria, e il
trasferimento al comune dell’alveo Sperone e di tutti i
relativi canali era avvenuto con d.m. esecutivo della 1.
n. 559-93.
La statuizione di primo grado venne confermata dalla
commissione tributaria regionale della Campania.
La commissione, premessa la necessità di definire la
natura del bene rappresentato dal Fosso reale del Cozzone
in rapporto alla titolarità dei diritti vantati, osservò:

1

(i) che dal tribunale superiore delle acque era stato
accertato che l’alveo Sperone e i suoi affluenti avevano
conservato la natura di canali di bonifica ricadenti nel
comprensorio delle paludi di Napoli e Volla, appartenenti
al demanio idrico; invero il comune di Napoli non aveva
mosso contestazioni al riguardo, sicché all’accertamento

giudiziario doveva essere attribuita preminenza rispetto a
quanto emergente dal d.m. invocato;
(ii) che nessuna sdemanializzazione era stata documentata
con riferimento al bene, di cui anzi era rimasta acclarata
la proprietà in capo alla provincia di Napoli, non al
comune;
(iii) che l’effettuazione di opere di infrastruttura
primaria, quanto al regime delle acque, non poteva
costituire elemento idoneo a mutare la titolarità del
diritto sull’alveo, giacché questo era comunque destinato
a ricevere acque non confondibili con quelle di scarico,
cui associare l’applicazione del contributo.
Da tali premesse la commissione tributaria regionale fece
derivare la conclusione che la regimentazione delle acque
del Fosso del Cozzone apparteneva al consorzio di
bonifica, e che al consorzio era stato già pagato il
contributo, sicché la società non doveva soggiacere per lo
stesso presupposto a una duplice tassazione.
Contro la sentenza d’appello il comune di Napoli ha
proposto ricorso per cassazione articolando due motivi.
La società ha replicato con controricorso e ricorso
incidentale condizionato, affidato a un motivo.

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Al ricorsi incidentale il comune a sua volta ha replicato
con controricorso.
Finmeccanica ha infine depositato una memoria.
Motivi della decisione
I.

– Il comune di Napoli deduce, col primo motivo,

l’insufficiente motivazione della sentenza per aver

trascurato di esaminare le prove fornite dal comune a
sostegno della propria tesi.
Deduce inoltre, col secondo motivo, la violazione
dell’art. 14 della 1. n. 36 del 1994 e degli artt. 16 e 17
“della 1. 3.9.76”, prospettando la questione “se il canone
o diritti di fognatura e depurazione, per entrambe le
parti di cui si compone, sia dovuto da tutti coloro che
sono allacciati direttamente o indirettamente alla
pubblica fognatura quali potenziali fornitori dei servizi
stessi”.
II.

– Il primo motivo è inammissibile in quanto non

concluso dalla prescritta sintesi volta a specificare le
ragioni per cui la motivazione in fatto dell’impugnata
sentenza andrebbe ritenuta inidonea a giustificare la
decisione adottata (art. 366-bis c.p.c.).
Il secondo motivo, che invece denunzia un errore di
diritto dell’impugnata sentenza, è fondato, seppur dovendo
essere corrette alcune improprietà dei riferimenti
normativi (la enunciata “l. 3.9.76” è chiaramente da
identificare con la l. n. 319-76) e lessicali (l’inciso
“potenziali fornitori dei servizi” è affetto da evidente

3

errore materiale e va letto come attinente ai “potenziali
fruitori”) di cui al ricorso.
Invero l’errore della statuizione di merito, denunciato
nel quesito di diritto, è in effetti esistente quanto alla
considerazione del presupposto dell’obbligazione
tributaria.

III. – Il giudice d’appello, affermando la natura di
canale di bonifica del fosso di cui è causa, e l’
appartenenza al demanio idrico senza mutamenti involti
dall’asserita esistenza di opere infrastrutturali, ha
stabilito che l’alveo era stato destinato a ricevere acque
non di scarico, così da rimanere soggetto alla sola
contribuzione di bonifica. Ha escluso in tal senso la
soggezione della società al tributo sul rilievo che
altrimenti vi sarebbe stata una doppia imposizione.
Ma l’affermazione – superficiale e apodittica – non coglie
affatto la specificità della questione sottoposta.
Difatti il canone per il servizio di fognatura e di
depurazione delle acque reflue integrava un tributo
comunale fino alla data del 3 ottobre 2000; dopo di che,
invece, esso ha cessato di essere considerato tale per
effetto dell’art. 24 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 258, che
ha soppresso i commi 5 0 e 6° dell’art. 62 del d.lgs. 11
maggio 1999 n. 152 e ha fatto venir meno, per il futuro,
il

differimento

dell’abrogazione

della

previgente

disciplina (che appunto considerava detto canone un
tributo),

il

quale

era

stato

disposto

fino

all’applicazione della tariffa del servizio idrico

4

integrato di cui agli art. 13 e ss. 1. 5 gennaio 1994 n.
36 (v. infatti sez. un. n. 1086-03; sez. un. 14902-10;
sez. un. n. 7937-13).
Rispetto alla premessa che trattavasi, appunto, di un
tributo, la motivazione della commissione tributaria si
rivela eccentrica, poiché in definitiva la pretesa di

pagamento è stata respinta per la mancata dimostrazione
del fatto costitutivo del diritto alla riscossione in
quanto asseritamente rappresentato dall’effettivo
svolgimento del servizio in rapporto alla titolarità
dell’alveo e alla sua destinazione a ricevere acque non di
scarico (id est, non depurate).
IV. – Ora, questa corte ha affermato che i comuni non
possono chiedere il pagamento dell’apposita tariffa ove
non diano prova di esser forniti di impianti di
depurazione delle acque reflue (v. Cass. n. 8318-11).
Ciò ha fatto con riguardo, tuttavia, alla innovata
disciplina del servizio idrico integrato.
Invero la quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione è oggi una componente della complessiva
tariffa del servizio idrico integrato, configurato come
corrispettivo di una prestazione commerciale complessa
che, per quanto determinata nel suo ammontare in base alla
legge, trova fonte non in un atto autoritativo
direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì
nel contratto di utenza. Sicché, tenuto conto della
declaratoria di incostituzionalità dell’art. 14, 10 co.,
della 1. 5 gennaio 1994, n. 36 – sia nel testo

5

originario, sia nel testo modificato dalla 1. 31 luglio
2002, n. 179, art. 28, (Disposizioni in materia
ambientale) – nella parte in cui prevedeva che la quota
di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse
dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui la fognatura
sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o

questi siano temporaneamente inattivi” (v. C. cost. n.
335-08), la giurisprudenza di questa corte si è assestata
sul principio secondo il quale, in caso di mancata
fruizione, da parte dell’utente, del servizio di
depurazione,

è

irragionevole,

per mancanza della

controprestazione, l’imposizione dell’obbligo del
pagamento della quota riferita a detto servizio (v. Cass.
n. 14042-13).
Una simile conclusione, assunta in relazione all’ambito
della attuale configurazione della tariffa del servizio
idrico integrato come corrispettivo di un servizio
commerciale dipendente dal contratto di utenza, è qui
utilmente richiamabile a patto di coordinarla con la
peculiarità distintiva del regime previgente, che, fino al
2000, costruiva invece il canone giustappunto come tributo
(e v. anche Cass. n. 258-12, nella parte che in effetti
rileva). E il tributo non era dovuto in ragione della
effettiva fruizione dei servizi di depurazione, sebbene in
esito alla sola esistenza di manufatti con funzioni di
recapito di reflui. Il che questa corte ha già affermato
condivisibilmente osservando che il canone di fognatura e
di depurazione delle acque relativo alle annualità

6

anteriori al 2000 dovevasi dire disciplinato dagli art. 16
e ss. della legge n. 319 del 1976, applicabile fino al 3
ottobre 2000, data dalla quale è entrato in vigore il
servizio idrico integrato.
Fino a tale data, quindi, per far sorgere l’obbligo del
pagamento del canone era sufficiente che il comune avesse

istituito e predisposto gli impianti necessari per il
relativo servizio per modo che esso fosse concretamente
fruibile dall’utente, a prescindere dalla sua
utilizzazione o meno per fatto del destinatario medesimo
(v. Cass. n. 26688-09; n. 96-05).
L’impugnata sentenza non si è uniformata al principio
suddetto e non ha colto il profilo essenziale della causa.
Finanche tenendo conto dell’avvenuto pagamento del
contributo di bonifica, in nessun modo poteva prospettarsi
l’eventualità di una doppia imposizione, in quanto il
presupposto del canone di fognatura era diverso, ed era da
correlare al mero fatto della predisposizione, da parte
del comune, dell’impianto di recapito fognario,
indipendentemente dalla proprietà del canale.
Siccome dissonante in proposito, la sentenza va cassata.
V. – Devesi aggiungere che la conclusione non è incisa né
dall’eccezione

di

giudicato

esterno

formulata

da

Finmeccanica nella memoria ex art. 378 c.p.c., né dai
riferimenti del procuratore generale alla citata Cass. n.
258-12.
V/a. – Il giudicato preclusivo discenderebbe da tre
decisioni della medesima commissione tributaria regionale

7

della Campania, allegate alla memoria, con le quali la
medesima questione della esistenza del diritto di
riscuotere il canone era stata risolta in modo favorevole
all’eccipiente.
Osserva il collegio che il giudicato in questione, siccome
relativo a tributi afferenti distinte annualità (1997,

1998 e 2000) e siccome incentrato sulla difforme soluzione
di una questione giuridica, non assume alcun effetto
preclusivo.
In generale, la preclusione del giudicato opera nel caso
di giudizi identici, nei quali cioè l’identità delle due
controversie riguardi i soggetti, la
petitum

causa petendi e il

per come questi fattori sono inquadrati

nell’effettiva portata della domanda giudiziale e della
decisione (cfr. per tutte Cass. n. 1514-07; n. 1773-00;
nonché già sez. un. n. 2874-98).
Opera tuttavia nei limiti dell’accertamento della
questione di fatto, non anche in relazione al delinearsi
delle conseguenze giuridiche.
Tanto risulta sostanzialmente recepito anche in rapporto
al processo tributario (v. Cass. n. 21797-12, in
motivazione), sebbene con le precisazioni imposte dal
rilievo che il processo tributario, rispetto a quello
civile, conserva la specificità correlata al rapporto
sostanziale che ne costituisce oggetto. Il quale
essenzialmente attiene (v. C. cost. n. 53-98 e n. 18-00)
“alla fondamentale e imprescindibile esigenza dello Stato
di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni

8

attraverso l’attività dell’amministrazione finanziaria, la
quale ha il potere-dovere di provvedere, con atti
autoritativi, all’accertamento e alla pronta riscossione
dei tributi”.
Una similare ratio rileva anche in presenza di tributi non
destinati allo Stato, ovvero di contributi obbligatori

secondo la definizione propria delle scienze delle
finanze, in rapporto alle esigenze di reperimento dei
proventi necessari a finanziare i servizi assicurati dagli
enti preposti.
E in base all’insegnamento delle sezioni unite di questa
corte (v. sez. un. 13916-06), il processo tributario,
ancorché generalmente instaurato mediante impugnazione di
un atto lato

sensu

impositivo (cfr. artt. 18, 2° co.,

lett. d), e 19, 1° co., del d.lgs. n. 546 del 1992), ha
per oggetto lo specifico rapporto tributario dedotto in
giudizio quale risulta, da un lato, dalla pretesa fatta
valere dall’amministrazione con l’atto medesimo e,
dall’altro, dai motivi della sua impugnazione (v. anche
sez. un. n. 208-01).
In ragione di siffatta complessità oggettiva, associata
all’autonomia dei singoli periodi d’imposta (che, ex art.
7 del Tuir, è espressione di un principio generale in
materia, valevole per tutti i tributi, anche non destinati
allo Stato), deve negarsi la possibile esistenza di
un’unica obbligazione tributaria corrispondente a più
periodi (v. già Cass. n. 14714-01). Per cui l’eventualità
che il giudicato, formatosi in ordine a un periodo, possa

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avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al
medesimo tributo per un altro periodo va limitata al caso
in cui si discorra degli elementi rilevanti
necessariamente comuni ai distinti periodi d’imposta, onde
potersene desumere che l’accertamento di fatto su tali
elementi ( e solo l’accertamento di fatto ) debba fare

stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un
periodo d’imposta diverso.
L’esempio tipico è quello delle cd. qualificazioni
giuridiche (del tipo di “ente commerciale” o di “soggetto
residente”) in quanto assunte dal legislatore alla stregua
di elementi preliminari per l’applicazione di una
specifica disciplina; ovvero quello delle condizioni di
una esenzione o di una agevolazione pluriennale (v.
appunto sez. un. n. 13916-06); o ancora quello – per
rimanere al caso della condizione specifica di un
immobile rispetto alla predisposizione della rete fognaria
comunale.
Nel caso di specie gli elementi posti a base
dell’eccezione di Finmeccanica non sono definibili nel
senso suddetto.
Finmeccanica ha eccepito la preclusione siccome derivante
da sentenza relativa alla soluzione di una questione
giuridica non condizionata dall’accertamento degli
elementi di fatto essenziali, in quanto – come s’è visto non era affatto essenziale (a stabilire la debenza o meno
del canone di fognatura e di depurazione) la circostanza
della proprietà dell’alveo ricevente, né la circostanza

10

del coevo pagamento di un contributo consortile in
beneficio del consorzio di bonifica.
Sicché, per quanto passate in giudicate in relazione a una
dissonante soluzione della medesima questione giuridica,
le sentenza invocate non rilevano come fonte di
preclusione nel caso di specie.

La

citata

decisione

(come

le

molte

V/b. – Il richiamo a Cass. n. 258-12 non è rilevante.
conformi;

esemplificando: Cass. n. 2100-05, n. 4881-05, n. 2943-10,
e altre ancora) si colloca esattamente nel solco di quanto
sopra affermato a proposito della natura intrinsecamente
tributaria del canone di fognatura e di depurazione di
acque reflue nel periodo considerato. E in quella
fattispecie la decisione negativa sul ricorso del comune
di Napoli, quanto alle caratteristiche del collettore
Sperone, risulta essere stata sorretta da un semplice
rilievo di inammissibilità del motivo di impugnazione
afferente.
VI. – Consegue che l’impugnata sentenza va cassata con
rinvio alla medesima commissione tributaria regionale
della Campania, diversa sezione, affinché, uniformandosi
ai principi delineati al superiore punto IV, proceda ai
pertinenti accertamenti in ordine al presupposto del
tributo.
VII.

ricorso

incidentale

condizionato

di

Finmeccanica, che ripropone una questione preliminare di
merito in ordine alla corretta individuazione del soggetto

11

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/1946
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

tenuto al pagamento del tributo medesimo, va ritenuto
inammissibile.
Invero la società è rimasta totalmente vittoriosa nel
giudizio a quo,

in cui la questione è stata considerata

implicitamente assorbita dall’ impugnata sentenza; sicché

(v. per tutte, secondo un insegnamento costante, Cass. n.
3796-08; n. 22501-05).
VIII. – Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese
del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie
il secondo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale
condizionato; cassa l’impugnata sentenza in relazione al
motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria
regionale della Campania anche per le spese del giudizio
di cassazione.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 15 aprile 2014.
nte
Il onsigliere stensore
I

essa potrà essere riproposta davanti al giudice del rinvio

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