Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12762 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12762 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 11350-2009 proposto da:
FRISARI MARIANGELA titolare

della Ditta individuale

L’ALTRO STUDIO, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato
LUCIA PATRIZIA SCALONE DI MONTELAURO, rappresentata e
difesa dall’avvocato PIETRO PAOLO CECCHETTI giusta

2015

delega a mar gine ;
– ricorrente –

340
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 19/06/2015

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

9/2008 della COMM.TRIB.REG. di

BARI, depositata il 20/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
27/01/2015

dal Consigliere Dott. PAOLA

VELLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato CECCHETTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine accoglimento per
quanto di ragione del solo motivo 40•

udienza del

RITENUTO IN FATTO
A seguito di p.v.c. della G.d.F. di Trani, venivano emessi tre avvisi di
accertamento per Irpef, Irap, Iva, addizionali e contributi previdenziali, relativi
agli anni 1998, 1999, 2000, tutti impugnati dalla contribuente Mariangela Frisari,
sia per violazione dell’art. 42, d.P.R. n. 600/73 – trattandosi asseritame4 di
avvisi sottoscritti da funzionario privo di specifica delega – sia nel merito, per
violazione degli artt. 39 e 42, d.P.R. n. 600/73, nonché dell’art. 54 d.P.R. n.
633/72.

affermando la legittimità sostanziale degli avvisi, li annullava a causa del dedotto
difetto di delega.
Adita sia dall’Agenzia delle entrate, con appello principale, che dalla
contribuente, con appello incidentale condizionato, la Commissione tributaria
regionale della Puglia accoglieva parzialmente l’appello principale, affermando la
validità dell’avviso relativo all’anno 2000, in quanto sottoscritto da funzionario
debitamente delegato; disponeva altresì l’applicazione delle sanzioni “al minimo
edittale previsto dalla legge più favorevole al contribuente”.
Per la cassazione della sentenza d’appello n. 9/15/08, depositata il 20.3.2008,
la contribuente ha proposto ricorso affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la signora Mariangela Frisari deduce la
«violazione e falsa applicazione degli artt. 53, 56 e 59 del D.Lgs. n. 546/92 e
degli artt. 100, 112 e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c..
Inammissibilità dell’appello dell’ufficio locale dell’agenzia delle entrate. Passaggio
in giudicato della sentenza di primo grado», formulando il seguente quesito di
diritto: «Stabilisca l’Ecc.ma Corte di Cassazione se deve ritenersi errata la
sentenza della Commissione tributaria regionale che non dichiara, anche
d’ufficio, inammissibile un atto di appello che si limiti a dedurre – come nel caso
di specie – vizi di rito e/o formali e non riproponga motivi di merito».
2. Del tutto simile il secondo mezzo, con cui viene dedotta la «violazione e
falsa applicazione degli artt. 100, 112 e 342 c.p.c. e attt. 53, 56 e 59 del D.Lgs.
n. 546/92 e in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.. Inammissibilità dell’appello
dell’ufficio locale dell’agenzia e conseguente passaggio in giudicato della
sentenza di primo grado», sulla scorta del seguente – identico – quesito di diritto:
«Stabilisca l’Ecc.ma Corte di Cassazione se deve ritenersi errata la sentenza
della Commissione tributaria regionale che non dichiara, anche d’ufficio,

ud. 27/1/2015

n. 11350/09 R.G.

La Commissione tributaria provinciale di Bari riuniva i ricorsi e, pur

inammissibile un atto di appello che si limiti a dedurre – come nel caso di specie
– vizi di rito e/o formali e non riproponga motivi di merito».
3. Con il terzo motivo la ricorrente veicola la censura di «violazione e falsa
applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/73 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»,
che sintetizza nel seguente quesito di diritto:

«Stabilisca l’Ecc.ma Corte di

Cassazione se possa ritenersi legittimo un avviso di accertamento che, come nel
caso di specie, sia stato emesso e sottoscritto dal Capo area Controllo al quale
non sia stata rilasciata, in data anteriore e/o contestuale alla sottoscrizione

scritta motivata e limitata nel tempo ai sensi dell’art. 17, comma 1-bis, del
D.Lgs. n. 165/2001».
4. Il quarto motivo di ricorso attiene alla «violazione e falsa applicazione
degli artt. 54 e 56 D.P.R. n. 633/72, 39 e 42 D.P.R. n. 600/73, degli artt. 2697,
2727, 2728 e 2729 c. c. e 112 c.p.c.. Nullità della sentenza impugnata per
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della
controversia relativa all’anno 2000 in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5», e risulta
corredato dal seguente quesito di diritto:

«Stabilisca l’Ecc.ma Corte se deve

ritenersi viziata la motivazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale che, in assenza di questioni di merito ritualmente riproposte
dall’appellante principale, entri nel merito dell’appello incidentale condizionato
rigettandolo senza tener conto del materiale probatorio prodotto e delle
argomentazioni logico-giuridiche svolte dall’appellante incidentale capaci di
smentire la ricostruzione operata dall’Amministrazione Finanziaria e senza
sussumere il caso concreto nella fattispecie astratta prevista dalle norme di
riferimento».
5. Con il quinto mezzo viene dedotta la «nullità della sentenza impugnata
per omessa pronuncia circa la arbitrarietà e inattendibilità della percentuale di
ricarico applicata e sulla violazione dell’art. 39 del D.P.R. n. 600/73 e 54 dl
D.P.R. n. 633/72. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione
all’art. 360 n. 4 c.p.c.»,

con proposizione del seguente quesito di diritto:

«Stabilisca l’Ecc.ma Corte di Cassazione se viola l’art. 112 c.p.c. e, dunque,
incorre in error in procedendo, la sentenza della Commissione tributaria
regionale che omette di pronunciare su specifiche questioni di merito riproposte
tempestivamente nell’appello incidentale condizionato».
6. Il sesto motivo di ricorso contiene la censura di

«violazione e falsa

applicazione degli artt. 112, 132 c.p.c. e degli artt. 118 e 119 disp.att. c.p.c. in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.», con riguardo al seguente quesito di diritto:
«Stabilisca l’Ecc.ma Corte di Cassazione se debba reputarsi nulla per violazione
del disposto di cui all’art. 132, comma 1 n. 4, del c.p.c. la sentenza che, come

ud. 27/1/2015

n. 11350/09 R.G.

stessa, dal Direttore dell’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate specifica delega

nel caso di specie, contenga una motivazione “meramente apparente” dall’esame
della quale non è ricavabile il metodo e i criteri adottati dal Giudice per pervenire
al decisum né la congruità della motivazione rispetto alla statuizione adottata».
7. Con il settimo ed ultimo motivo la ricorrente deduce la «nullità della
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 54, 55 e 55 del
D.P.R. n. 633/72 e dell’art. 39 e 42 del D.P.R. n. 600/73 e 112 c.p.c. in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c.»,

in base al seguente quesito di diritto:

«Stabilisca

l’Ecc.ma Corte di Cassazione se erra la C.T.R. che, come nel caso all’esame, non

e che ridetermina i maggiori ricavi attraverso presunzioni non aventi i requisiti
della gravità, precisione e concordanza e attraverso presunzioni desunte da altre
presunzioni ».
8. Premesso che la sentenza impugnata, in quanto pubblicata in data
20.3.2008, ricade nella disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69,
art. 58, comma 5 – ed è quindi soggetta al regime dell’art. 366-bis cod. proc. civ.
vigente ratione temporis, come interpretato da consolidata giurisprudenza di
questa Corte – si rileva che tutti i motivi, per come formulati, risultano
inammissibili, in quanto difformi dal paradigma legale e giurisprudenziale.
8.1. In particolare, i vizi riconducibili ai nn. 3) e 4) dell’art. 360, primo
comma, cod. proc. civ., vanno corredati da un quesito di diritto che deve
contenere, a pena di inammissibilità: a) una sintesi degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito; b) l’indicazione della regola di diritto da questi
applicata; c) la diversa regola di diritto ritenuta da applicare; il tutto in modo
tale che il giudice di legittimità, nel rispondere al quesito, possa formulare una
regula iuris suscettibile di applicazione anche in diversi casi (Cass. s.u., nn. 2658
e 28536 del 2008, n. 18759 del 2009; Cass. n. 22704 del 2010, n. 21164 del
2013, nn. 11177 e 17958 del 2014). Inoltre, assolvendo la funzione di integrare
il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
principio giuridico generale, i quesiti in questione debbono mettere la Corte in
grado di comprendere – anche attraverso la loro semplice lettura – la
prospettazione dell’errore asseritamente compiuto dal giudice di merito, nonché
della regola che si assume, in sua vece, applicabile.
8.2. Quanto ai vizi motivazionali di cui al successivo n. 5), essi vanno
accompagnati – sempre a pena di inammissibilità – dal c.d. “momento di sintesi”
(o “quesito di fatto”), il quale deve consistere in un passaggio espositivo distinto
ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo – ossia un quid pluris rispetto
all’illustrazione del mezzo (Cass. s.u. n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n.
4309 del 2008; n. 21194 del 2014) – finalizzato ad individuare, chiaramente e
sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al

ud. 27/1/2015

n. 11350/09 R.G.

dichiara illegittimo un avviso di accertamento frutto di manipolazioni percentuali

quale la motivazione si assume omessa, o insufficiente, o contraddittoria, con
specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a
giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. s.u. n. 20603 del 2007 e n. 11652 del
2008; Cass. n. 27680 del 2009).
8.3. E’ stato poi chiarito che non è ammesso mescolare motivi eterogenei,
riferiti ai diversi casi disciplinati dal codice di rito, mediante la formulazione di
quesiti “multipli” o “cumulativi” (Cass. n. 25982 del 2014), poichè una simile
tecnica espositiva finisce per rimettere al giudice di legittimità il compito di
isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei

mezzi d’impugnazione enunciati dalla norma, per poi ricercare quale – o quali sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo alla Corte un compito che non
le compete, cioè quello di dare forma e contenuto alle doglianze della parte
ricorrente, in vista della decisione su di esse (Cass. n. 9470 del 2008, n. 19443
del 2011, n. 21611 del 2013). Per questo, i motivi di ricorso fondati sulla
violazione di norme di diritto e quelli fondati su difetti motivazionali devono
essere sorretti da quesiti separati (Cass. n. 5471 del 2008), quand’anche si
denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione i corrispondenti vizi di
violazione di legge e di motivazione in fatto (Cass. s.u. n. 7770 del 2009). Ciò in
quanto quello di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi
di ricorso, che svolgono una funzione identificativa e devono perciò
necessariamente possedere i caratteri della tassatività e specificità, non
potendosi risolvere in una critica generica, che accorpi indistintamente sotto un
unico motivo una molteplicità di profili tra loro confusi o inestricabilmente
combinati (Cass. n. 5964 del 2015, n. 19959 e n. 26018 del 2014). Ragioni di
logica impediscono, inoltre, che siano censurate contemporaneamente la
mancanza, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione (Cass. n. 8203
del 2015; n. 5471 del 2008), non potendosi predicare l’insufficienza o la
contraddittorietà di ciò che sia – in tesi – inesistente.
9. Facendo applicazione dei suddetti principi, va in primo luogo dichiarata
l’inammissibilità del quarto motivo, che assomma censure di nullità (n. 4),
violazione di legge (n. 3) e difetto motivazionale (n. 5), quest’ultimo declinato
sotto tutti e tre i profili – logicamente incompatibili – sopra indicati.
10. Quanto ai motivi primo e secondo – che attraverso quesiti identici
propongono la medesima questione, nella diversa prospettiva
iudicando e dell’error in procedendo

dell’error in

essi, oltre a fare confusione tra i vizi di

nullità degli avvisi e quelli di nullità del processo, difettano di autosufficienza (in
quanto non contengono la trascrizione dei contenuti dell’atto di appello, oggetto
di contestazione) e sono veicolati da quesiti del tutto generici.

Sr
ud. 27/1/2015

n. 11350/09 RG.

imirrt DA RPOISTRAZIOM
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/19G6
N. 131 TAB. ALL. B. – N.5

MATERIA TRIOU TANA
11. Il terzo motivo, oltre a risultare similmente carente di autosufficienza
(per mancata descrizione della delega e degli ordini di servizio implicati), è anche
inconferente, poiché muove dal presupposto della mancanza di specifica e
motivata delega scritta al funzionario sottoscrittore, quando invece la sentenza
afferma (per l’anno 2000) l’esistenza di delega valida ed efficace, e quindi la
legittimità dell’atto di accertamento; pertanto, il motivo avrebbe potuto semmai
formularsi in relazione non al n. 3) ma al n. 5) dell’art. 360, primo comma, cod.
proc. civ., ove si fosse voluta contestare l’insufficienza motivazionale sul punto.

genericità dei quesiti, peraltro totalmente difformi dal paradigma descritto sub
8.1; inoltre, il quinto contiene censure attinenti piuttosto a vizi motivazionali che
non ad errores in procedendo, mentre il sesto è afflitto da assoluta genericità
anche nella stessa formulazione del motivo.
13. Analogamente, il settimo motivo risulta carente di autosufficienza (per
mancata trascrizione dei contenuti degli atti di verifica contestati) e corredato da
quesito di diritto del tutto generico, nonché difforme dai canoni elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità (mancando della chiara e sintetica individuazione
degli elementi di fatto in discussione, della regola erroneamente applicata e di
quella invece ritenuta applicabile); peraltro, nel riproporre minuziosamente la
valutazione dei dati emersi in sede di verifica, esso tende a snaturare il giudizio
di legittimità in un ulteriore grado di merito, nel quale sottoporre a rivisitazione
le valutazioni del giudice d’appello “non condivise, e per ciò solo censurate, al
fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata, quasi
che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero
ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità” (Cass. s.u. n.
7931/13; conf. Cass. n. 3396/15 e n. 12264/14).
14. In conclusione, il ricorso va respinto e, in forza del principio di
soccombenza, la parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso per inammissibilità dei motivi e condanna la
ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C
7.300,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 gennaio 2015.

12. Il quinto ed il sesto motivo sono parimenti inammissibili per l’assoluta

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