Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12762 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 10/06/2011), n.12762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S. MARIA DI CHINDAMO ANTONINO & C. SAS in persona del

legale

rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato CAPITANI ROBERTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato BORAGINA VITO, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANZARO, depositata il 17/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 1.12.2006 è stato notificato all’Agenzia delle Entrate un ricorso della “S. Maria di Chindamo Antonino & C. sas” per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 17.10.2005), che ha rigettato l’appello della società contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia n. 493/01/2002, che aveva rigettato il ricorso della stessa società contribuente avverso diniego del rimborso.

Il 16.1.2007 è stato notificato alla ricorrente il controricorso dell’Agenzia.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 26.1.2011, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il menzionato provvedimento di diniego l’Agenzia ha disatteso l’istanza di rimborso dell’imposta proporzionale di registro e dei tributi accessori, connessi all’acquisto da parte della società contribuente di un fabbricato, istanza motivata sull’assunto che il predetto fabbricato fosse ubicato in zona sottoposta a piano di recupero del centro storico del comune di (OMISSIS). L’Agenzia aveva disatteso l’istanza evidenziando che la richiesta di agevolazione avrebbe dovuto essere formulata già nell’atto di vendita, ciò che non era avvenuto. Il ricorso proposto dalla contribuente avanti alla CTP di Vibo Valentia è stato respinto non per il difetto di detta istanza nell’atto di vendita ma perchè sono stati ritenuti insussistenti i presupposti di fatto per la concessione del beneficio. L’appello proposto dalla contribuente avanti alla CTR di Catanzaro, fondato sulla censura di ultrapetizione, è stato disatteso dalla adita Commissione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che – da una parte – doveva considerarsi insussistente l’allegata ultrapetizione, atteso che il provvedimento di diniego “contiene anche il riferimento al possesso dei requisiti al momento dell’atto di trasferimento” e nel senso che – d’altra parte – sarebbe stato precipuo compito del contribuente (che non vi aveva assolto) dimostrare il possesso dei requisiti a sostegno del vantato diritto al rimborso.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con due distinti motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con rinvio ad altra Commissione Tributaria Regionale, e con la condanna di parte avversaria al pagamento delle spese di lite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo d’impugnazione.

a) Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Omessa, carente o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. n. 546 del 1992, art. 36).

La parte ricorrente lamenta che la decisione di merito “è assolutamente carente in riferimento all’apprezzamento delle ragioni giuridiche poste a base della decisione”, siccome limitata ad un “generico ed apodittico giudizio di accettabilità della pronuncia di primo grado”. In specie, la CTR aveva omesso di motivare congruamente in ordine alla eccepita extrapetizione, concernente il fatto che l’Amministrazione non aveva mai sollevato, anche in sede processuale, “il problema di sussistenza dei requisiti necessari per la fruizione del beneficio”.

Il motivo è inammissibile.

Al riguardo, va semplicemente osservato che questa Corte ha costantemente affermato che il difetto di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione delle norme giuridiche o comunque le ragioni a fondamento della decisione che attengano ad applicazione di norme o principi di diritto (tra le tante Cass., 22979/2004: “La nozione di punto decisivo della controversia, di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto”).

A questa regola contravviene il motivo di impugnazione formulato dalla parte ricorrente, sicchè non vi è dubbio che esso sia inammissibile.

b) Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione di legge – Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 in relazione all’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La parte ricorrente evidenzia che nelle controdeduzioni di primo grado e nelle difese di secondo grado l’Amministrazione finanziaria si è limitata a porre una questione formale – di assenza in atto di compravendita della dichiarazione di possesso dei requisiti – senza mai negare – nella predetta sede processuale – la sussistenza dei requisiti a cui è condizionata l’agevolazione.

Secondo la parte ricorrente, dunque, tale ultima questione, estranea al rapporto processuale, non avrebbe potuto essere esaminata dal giudice d’appello il quale, così facendo, ha “escluso il diritto al rimborso per motivi diversi e ulteriori rispetto a quelli evidenziati nel provvedimento di diniego”.

Il motivo è infondato.

Deve essere infatti evidenziato che la Commissione Tributaria Regionale, rigettando l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato respinto il ricorso avverso il provvedimento di diniego, ha ritenuto che la società, cui incombeva il relativo onere, non avesse fornito la prova circa l’esistenza dell’ipotesi agevolativa invocata (e cioè l’ubicazione dell’immobile compravenduto in zona sottoposta a piano di recupero del centro storico del comune di (OMISSIS), insieme con la qualità soggettiva della parte acquirente, siccome partecipe all’attività di recupero).

Tale motivazione è immune da rilievi in punto di corretto governo della disciplina di legge, avendo la commissione specificato gli elementi che avrebbero giustificato l’agevolazione, ed avendo applicato correttamente la regola di ripartizione dell’onere della prova nel processo tributario, secondo cui incombe al contribuente dare la prova del fatti che giustificano l’ipotesi di agevolazione.

Si deve aggiungere che, nella specie, tale prova doveva essere fornita dalla società anche in considerazione del fatto che l’azione da essa proposta tendeva al rimborso di tributi già versati. In termini, per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8439 del 04/05/2004:”Atteso che l’art. 2697 cod. civ, in quanto norma generale, si applica anche al contenzioso tributario, nelle azioni di rimborso l’onere della prova del preteso pagamento indebito di imposte ricade sul contribuente e concerne innanzitutto il fatto storico della duplicazione del pagamento di cui si chiede la restituzione”.

Va osservato, inoltre, che la deduzione della ricorrente, secondo cui i fatti presupposto dell’agevolazione fiscale non avrebbero potuto costituire essere presi in esame da parte del giudice adito perchè non costituenti oggetto di specifica contestazione nel processo da parte della resistente Amministrazione, si fonda su un errore di prospettiva, in quanto non considera che il processo tributario, anche nella specie del giudizio di rimborso, costituisce sempre un giudizio d’impugnazione di un atto autoritativo dell’amministrazione finanziaria sull’istanza del contribuente, per cui è l’atto impugnato (o il silenzio serbato dall’ufficio, che ha gli stessi effetti di un espresso atto negativo) a esprimere la posizione processuale dell’amministrazione nel giudizio, posizione che non può essere modificata se non attraverso idoneo atto di autotutela.

Pertanto, ove l’onere dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio non incomba, come nella specie, all’amministrazione finanziaria, questa non ha l’onere di contestare espressamente i fatti affermati dal contribuente, nel mentre compete in ogni caso al giudice adito di valutare la sussistenza dei presupposti di merito della domanda, anche in difetto di qualsivoglia espressa contestazione.

“In tema di IRPEG, il diniego dell’Amministrazione finanziaria di riconoscere ad una fondazione bancaria l’esenzione dalla ritenuta d’acconto sui dividendi da partecipazioni azionarie, prevista dalla L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis (introdotto dal D.L. 21 febbraio 1967, n. 22, art. 16 convertito in L. 21 aprile 1967, n. 209), ancorchè fondato sull’astratta impossibilità di annoverare l’ente tra i soggetti dediti in via esclusiva al perseguimento di scopi di beneficenza, educazione, studio e ricerca scientifica, non dispensa la fondazione dall’onere di allegare e provare, in sede d’impugnazione, che i compiti culturali ed assistenziali da essa svolti in concreto hanno carattere preminente rispetto alla gestione della partecipazione nell’impresa bancaria: il carattere impugnatorio del giudizio che s’instaura nell’ipotesi di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, lett. h non fa venir meno, infatti, l’onere di allegare e provare i presupposti dell’agevolazione, tenuto conto del carattere assorbente del motivo addotto, il quale esclude la necessità di specificare le caratteristiche concrete dell’attività espletata dall’ente, nonchè dell’impossibilità di riconoscere al contribuente, nei cui confronti è stato emesso un espresso atto di diniego, una posizione più favorevole di quella che si determina in caso di formazione del silenzio-rifiuto” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13559 del 11/06/2007. In termini si veda anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19187 del 2006, e, per una prospettiva leggermente diversa, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7789 del 03/04/2006, nonchè, per una prospettiva rovesciata, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10797 del 05/05/2010).

D’altronde nella specie di causa è dato storico pacifico per la stessa parte ricorrente che la sussistenza del presupposti del beneficio è stata contestata dall’Amministrazione sin dal provvedimento di diniego, sicchè non potrebbe in nessun caso considerarsi detta “contestazione” estranea al thema decidendum, ed avendo anzi detta contestazione costituito specifico oggetto dei motivi di impugnazione del diniego, siccome si desume dalla stessa sentenza qui impugnata, dove si legge che la contribuente “proponeva ricorso….eccependo:….la infondatezza del rigetto”, oltre che “la inesistenza di qualsivoglia norma che prevedesse decadenza dell’ottenimento dei benefici in mancanza di apposita dichiarazione nell’atto”.

La regolazione delle spese di lite è informata al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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