Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12761 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/06/2020, (ud. 07/12/2018, dep. 26/06/2020), n.12761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 4269 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

A.E.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, n. 146/21/2010,

depositata in data 21 dicembre 2010;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 dicembre 2018

dal Consigliere Giancarlo Triscari;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott.ssa Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito per l’Agenzia delle dogane l’Avvocato dello Stato Anna

Collabolletta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle dogane ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, con la quale è stato accolto l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Verona.

Il contribuente è rimasto intimato.

Dalla narrazione in fatto della pronuncia del giudice di appello si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva emesso nei confronti i A.E., nella sua qualità di rappresentante fiscale, un atto di contestazione delle sanzioni per il ritardato pagamento delle accise su partite di birra; avverso il suddetto atto il contribuente aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Verona; avverso la suddetta pronuncia il contribuente aveva proposto appello.

La Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, ha accolto l’appello.

In particolare, ha ritenuto che: la questione prospettata riguardava la sussistenza degli elementi di prova necessari per riferire il fatto del ritardato pagamento dell’accisa alla condotta e alla volontà del contribuente; il pagamento dell’accisa da parte del rappresentante fiscale sulle merci di provenienza comunitaria presuppone che questi sia in possesso del documento DAA; nel caso in esame, il rappresentante fiscale aveva ricevuto il documento DAA solo dopo che la merce era stata ricevuta direttamente dal destinatario e, ricevuto tale documento, aveva provveduto al pagamento dell’accisa; sebbene il contribuente avesse versato l’accisa in un tempo successivo rispetto a quello dovuto, nessuna prova era stata fornita dall’Agenzia delle dogane sulla intenzionalità della condotta da parte del contribuente, in particolare che questi avesse effettivamente operato al fine di ricevere il documento DAA solo dopo che il destinatario finale aveva ricevuto la merce direttamente, senza prima transitare presso la sua sede; non vi era alcuna norma che imponesse al contribuente di denunciare le irregolarità delle operazioni di sdoganamento e di controllare che tutti i soggetti coinvolti (esportatore estero, trasportatore e destinatario finale) si comportassero in modo da assicurare il pagamento dell’accisa entro i termini fissati dalla legge; non sussistevano, quindi, elementi di prova tali da condurre a ritenere sussistente la diretta responsabilità del contribuente nel ritardato pagamento dell’accisa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che il ricorso introduttivo del presente giudizio risulta regolarmente notificato alla parte intimata, posto che dalla copia dell’avviso di ricevimento, prodotta dalla ricorrente, si evince che la notificata è stata sottoscritta da persona abilitata alla ricezione e, successivamente, si è provveduto alla comunicazione informativa in data 6 febbraio 2012, secondo quanto disposto dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, che prevede, nel testo vigente ratione temporis, che “Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”.

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 e dell’art. 2697 c.c., in materia di onere della prova, per avere ritenuto che la prova dell’elemento soggettivo della condotta per le violazioni commesse fosse a carico dell’amministrazione finanziaria, mentre, nella fattispecie, era certa la coscienza e volontà della condotta del contribuente, mentre doveva essere posto a suo carico l’onere di provare la mancanza di dolo o di colpa.

Con il secondo motivo si censura la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, per avere escluso la responsabilità del contribuente sulla base della sola ritenuta inesistenza della volontarietà delle particolari modalità di sdoganamento seguite, essendo invece sufficiente un comportamento imputabile a titolo di colpa, in particolare la negligenza del contribuente, attesa la sua qualità di operatore esperto del settore e la rimproverabilità al medesimo del comportamento colposo.

I motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono fondati. La vicenda in esame attiene alla configurabilità dei presupposti previsti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, per ritenere sanzionabile la condotta del contribuente che, nella sua qualità di rappresentante fiscale, ha provveduto in ritardo al pagamento delle accise sulle merci di provenienza comunitaria.

Dalla sentenza impugnata si evince che la merce soggetta ad accisa veniva inviata direttamente al destinatario finale, senza farla prima transitare presso il rappresentante fiscale, il quale, poi, provvedeva al pagamento dell’accisa dovuta, una volta ricevuto il documento DAA, solo dopo che la merce era stata consegnata al destinatario finale.

Non è in discussione il fatto in sè del ritardo nel pagamento, ma la riconducibilità del suddetto ritardo alla condotta del contribuente, come espressamente precisato dalla sentenza censurata, laddove evidenzia che il problema principale della vicenda in esame attiene alla ricerca della prova, capace di condurre o meno alla riferibilità del fatto del ritardato pagamento alla condotta ed alla volontà del contribuente.

Ciò precisato, va considerato che, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio generale sancito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta, anche, la consapevolezza del contribuente, al quale deve potersi imputare un comportamento quanto meno negligente, ancorchè non necessariamente doloso. E’, insomma, sufficiente una condotta cosciente e volontaria, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, gravandolo dell’onere di provare il contrario (Cass. civ. Sez. V, 13 settembre 2018, n. 22329; conf. Cass. civ., 3 agosto 2012, n. 14042).

Va osservato, a tal proposito, che, nella fattispecie in esame, l’onere di prova gravante sull’amministrazione finanziaria atteneva alla coscienza e volontà della condotta illecita del contribuente, consistente, per quanto precisato, nel ritardato pagamento dell’accisa.

Ha, dunque, errato il giudice del gravame nell’avere posto a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di provare l’elemento soggettivo della condotta illecita del contribuente consistente nel tardivo pagamento dell’accisa.

D’altro lato, la pronuncia in esame, laddove afferma che non è stata data la prova della volontarietà delle modalità di sdoganamento, non tiene conto del fatto che il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, richiede, ai fini dell’applicabilità della sanzione, quantomeno la colpa del contribuente, sicchè è irrilevante che non siano stati accertati i presupposti del dolo.

Peraltro, non correttamente la pronuncia in esame esclude che il comportamento del contribuente fosse esente da colpa non sussistendo una previsione normativa che imponesse al medesimo di controllare la regolarità del transito della merce ed il corretto sdoganamento della merce in modo da assicurare il pagamento del tributo nei termini previsti dall’art. 8 del Testo unico sulle accise.

Va, in primo luogo, osservato che è la stessa pronuncia in esame che precisa che il contribuente si era sicuramente reso conto nella sua qualità di esperto operatore del settore della distorta modalità di esecuzione dello sdoganamento della merce.

D’altro lato, va considerato che, essendo il contribuente il responsabile fiscale, trova applicazione la previsione di cui al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 9, comma 2, nel testo applicabile ratione temporis, secondo cui il rappresentante fiscale deve a) garantire il pagamento della accisa secondo le modalità vigenti, ferma restando la responsabilità dell’esercente l’impianto che effettua la spedizione o del trasportatore; b) pagare l’accisa entro il termine e con le modalità previste dall’art. 8, comma.

La previsione in esame conferisce al rappresentante fiscale una funzione di garanzia nel pagamento dell’accisa, ed essa, fra l’altro, si esplicita nella necessità di controllare che le operazioni siano correttamente svolte in modo da assicurare che il pagamento, il cui onere grava sul medesimo, avvenga regolarmente entro il termine di cui all’art. 8, comma 4, cioè all’atto del ricevimento della merce, non quindi in un momento successivo, come nella fattispecie, dove la merce veniva inviata direttamente al destinatario e solo successivamente questi provvedeva a inviare il documento DAA al rappresentante fiscale.

La pronuncia censurata non si è conformata a tali principi, sicchè la stessa è viziata per violazione di legge.

Con il terzo motivo si censura la sentenza per omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, in particolare sulla conoscenza del contribuente delle modalità di consegna della merce direttamente al destinatario senza che la stessa transitasse, come invece avrebbe dovuto, per il tramite del rappresentante fiscale.

In particolare, parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame ha omesso di considerare gli elementi allegati e provati a sostegno della tesi della conoscenza del contribuente delle modalità di consegna della merce, più specificamente la circostanza che il contribuente riceveva, dal destinatario finale della merce, le somme da versare a titolo di accisa prima dell’effettivo arrivo a destinazione della stessa, circostanza che doveva indurre a ritenere che sapesse del recapito diretto al destinatario finale.

L’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso ha valore assorbente del presente motivo.

In conclusione, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, con cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione staccata di Verona, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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