Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12761 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12761 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 25861-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2014
1268

contro

GRANFLEX FABBRICA MATERASSI SRL;
– intimato –

avverso la sentenza n. 136/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 29/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 06/06/2014

udienza

del

02/04/2014

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per

25861-09

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 29 settembre 2008, la
commissione tributaria regionale del Lazio dichiarava
l’inammissibilità dell’appello proposto dall’agenzia delle
entrate avverso la sentenza n. 425-52-06 della commissione

tributaria provinciale di Roma.
Osservava che l’ufficio aveva prospettato censure non
proposte in prime cure, le quali quindi dovevano dirsi
costituire

ius novorum

essendo stati introdotti nuovi

elementi sui cui, in primo grado, non si era svolto il
contraddittorio.
Per la cassazione della sentenza l’amministrazione propone
ricorso affidato a tre mezzi, illustrati da memoria.
L’intimata Granflex Fabbrica materassi s.r.l. non ha
svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Osserva preliminarmente il collegio che la notifica
del ricorso è regolare, essendo stata eseguita presso il
domiciliatario. Questi, in base alla relata, ha rifiutato
di ricevere l’atto sul presupposto della cessazione della
domiciliazione. Ma tale circostanza non risulta dagli atti
di causa, secondo il regime formale dettato dall’art. 17
del d.lgs. n. 546-92. Sicché rileva il principio di
ultrattività dell’elezione, dettato dall’art. 17, 2° co.
Può quindi procedersi all’esame dei motivi formulati.
– Il caso di specie, in base alla sentenza, è il
seguente.

1

Era stata impugnata una cartella di pagamento per imposta
di registro, conseguita a una controversia instaurata sul
valore di acquisto di un’azienda commerciale.
L’ufficio appellante aveva prospettato censure di errata
applicazione degli artt. 68 del d.lgs. n. 546-92, 56 del
d.p.r. n. 131-86 e 2909 c.c.
commissione

tributaria

regionale

ha

ritenuto

La

inammissibili le censure per novità, in base all’art. 57
del d.lgs. n. 546-92, essendosi avuta una modifica
dell’oggetto sostanziale e dei termini della controversia
“con nuovi elementi non fatti valere in prime cure”.
Non risulta aver costituito invece dignità di ratio, per
la assoluta laconicità del riferimento, la penultima frase
dell’impugnata sentenza (secondo cui “Non risulta, in
disparte, applicato l’art. 19 del d.lvo 72/97”).
III. – La ricorrente censura la statuizione con tre
motivi.
Col primo di questi denunzia la falsa applicazione
dell’art. 57 cit., in relazione all’art. 360, n. 4,
c.p.c., rilevando che in appello erano state prospettate
mere difese a confutazione della sentenza di primo grado,
non anche eccezioni (nuove) non rilevabili d’ufficio.
Il motivo è fondato.
Nel corpo del ricorso per cassazione è stata trascritta la
motivazione della sentenza di primo grado.
Risulta che la commissione tributaria provinciale aveva
accolto il ricorso della contribuente affermando che, con
decisione della commissione tributaria di II grado di Roma

2

n. 6483-95, il ricorso della contribuente (contro la
liquidazione dell’imposta) era stato “in buona parte
accolto”; e che “nell’iscrizione a ruolo l’ufficio non si
[era] conformato al giudicato di secondo grado ai sensi
dell’art. 68 d. lgs. n. 546-92”.
Se ne deduce che, così come sostenuto dall’ufficio, la

causa verteva sui limiti della riscossione frazionata del
tributo, ai sensi dell’art. 68 del d.lgs. n. 546-92, in
pendenza del giudizio proposto sull’avviso di liquidazione
per il recupero dell’imposta proporzionale di registro
(effetto di un asserito occultamento di parte del
corrispettivo relativo alla cessione d’azienda).
Nel ricorso è poi trascritto il contenuto dell’atto di
appello.
In appello era stato dedotto che la commissione tributaria
provinciale aveva errato nel ritenere la cartella non
conformata al giudicato, in quanto l’art. 68 del d.lgs. n.
546-92 consentiva la riscossione dell’imposta principale
di registro, dovuta a seguito di occultamento di
corrispettivo, senza possibilità di invocare l’art. 56 del
d.p.r. n. 131 del 1986 (come invece la contribuente aveva
fatto), giacché in base a esso il ricorso del contribuente
non poteva sospendere la riscossione a meno che si fosse
trattato di imposte complementari o suppletive.
L’ufficio aveva aggiunto che nessun giudicato si era
formato in quanto la sentenza presa in considerazione dal
primo giudice era stata impugnata.

3

IV. – Ora, l’art. 57 del d.lgs. n. 546-92, evocato dalla
commissione tributaria regionale a sostegno della
affermata inammissibilità della censura, vieta in appello
la proposizione di nuove eccezioni che non siano
rilevabili anche d’ufficio. Si riferisce quindi alle
eccezioni in senso stretto.

Viceversa, nel processo tributario, è sempre consentito
alla parte (finanche ove contumace in primo grado) di
proporre in appello mere difese, dirette a confutare le
ragioni poste a fondamento dell’avverso ricorso ovvero
(r

,J

della sentenza, bli7n quanto il divieto di proporre eccezioni
nuove stabilite dall’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992
riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto, le sole
suscettibili di ampliare il thema decídendum (v. Cass. n.
13144-10; n. 14020-07).
Quelle prospettate dall’amministrazione nel caso di specie
erano appunto mere difese, e non eccezioni in senso
stretto, giacché la differenza tra le due nozioni è
governata dal principio di stretta legalità quanto a
queste seconde.
V.

– La distinzione risponde del resto a un criterio

concettuale nella specie infranto con un’affermazione
apodittica.
Invero, la semplice contestazione o confutazione dei fatti
posti a fondamento delle ragioni altrui rientra nelle cd.
mere difese, mentre solo l’ammissione di quei fatti,
accompagnata dalla deduzione di fatti modificativi,

4

impeditivi o estintivi della pretesa da essi sostenuta,
definibile come eccezione.
Codesta peraltro è sempre un’eccezione in senso lato, in
quanto costituisce eccezione in senso stretto quella
consistente nella contrapposizione, da parte del
deducente, di fatti che, senza escludere il rapporto

un potere ad impugnandum ius,

giuridico ex adverso allegato, attribuiscano “per legge”
ossia rivolto in tutto o in

parte a paralizzare (o addirittura estinguere) l’avversa
pretesa secondo lo schema tipico del diritto potestativo.
I principi, invero affermati in relazione al processo
ordinario di cognizione (sez. un. n. 15661-05 cui

adde

sez. un. n. 1099-98), si attagliano anche al processo
speciale tributario, in relazione a quanto
dall’amministrazione dedotto a confutazione delle ragioni
di annullamento fatte valere dal contribuente avverso
l’atto che ne costituisce oggetto.
E nel sistema delineato non sono ravvisabili eccezioni in
senso stretto laddove manchi un’espressa previsione di
legge in tal senso (v. sez. un. n. 226-01 in ordine
all’eccezione di giudicato esterno), in quanto il
principio di speditezza, ora espressamente sancito dal
cpv. dell’art. 111 cost., da bilanciare sempre con le
garanzie di difesa di cui al precedente art. 24, non
permette di ravvisare preclusioni processuali prive di
base normativa, e anzi contrarie al principio di
eccezionalità della riserva alla parte del potere di
eccepire fatti estintivi, impeditivi e modificativi del

5

diritto soggettivo (quale che sia) dedotto in giudizio
(cfr. in motivazione sez. un. n. 15661-05 cit.).
VI. – Da quanto precede discende l’accoglimento del primo
motivo.
Il secondo, che in via subordinata deduce la violazione
del citato art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, resta

assorbito.
Il terzo è inammissibile in quanto rivolto contro
un’affermazione dell’impugnata sentenza [ quella per cui
“non risulta, in disparte, applicato l’art. 19 del d.lvo
72/97” ] che non assurge come sopra accennato – a
dignità di ratio decidendi.
VII.

– All’accoglimento del primo mezzo segue la

cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla
medesima

commissione

tributaria

regionale,

diversa

sezione, per l’esame dei motivi d’appello.
La commissione tributaria provvederà anche sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il
secondo e inammissibile il terzo; cassa l’impugnata
sentenza in relazione al motivo accolte e rinvia, anche
per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione
tributaria regionale del Lazio.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta_
DSPOSITATO IN CANCELLERIA’
sezione civile, addì 2 aprile 2014.

IL

6

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Marcello

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