Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12760 del 19/06/2015


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Civile Ord. Sez. U Num. 12760 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: RAGONESI VITTORIO

ORDINANZA

sul ricorso 11809-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro-tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
2015

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

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legis;
– ricorrente contro

BASF ITALIA S.P.A., con socio unico (già Basf Italia

Data pubblicazione: 19/06/2015

s.r.1.), in qualità di società che ha fuso, mediante
incorporazione, Basf Interservice s.r.1., in persona
del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio
dell’avvocato FABRIZIO GIZZI, rappresentata e difesa

controricorso;
– controricorrente

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 4375/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA PROVINCIALE di ROMA;
uditi gli avvocati Antonio GRUMETTO dell’Avvocatura
Generale dello Stato, Giuseppe MARINO; è altresì
presente l’avvocato Fabrizio GIZZI;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 12/05/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO
RAGONESI;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale
Aggiunto dott. Pasquale CICCOLO, il quale chiede che le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione rigettino il
ricorso.

dall’avvocato GIUSEPPE MARINO, per delega in calce al

Svolgimento del processo
In data 17 novembre 2009, Basf Poliuretani Italia S.p.a. (già

S.p.a. con socio unico, già Bast Italia S.r.l.) — società appartenenti
al Gruppo chimico internazionale Basf e che, a partire dal 2004,
avevano optato per il regime del consolidato fiscale nazionale —
ricevevano l’avviso di accertamento n. TSB080100197/2009 (c.d.
di primo livello) notificato dall’Agenzia delle Entrate direzione
regionale del Piemonte e contenente, tra l’altro, la contestazione
di presunti costi non inerenti, ex art. 109, comma 5, del D.P.R. n.
917/86, per un ammontare di euro 755.669,00, scaturenti da
rapporti intersocietari instaurati tra l’allora Elastogran Italia Sp.a. e
Basf AG, anch’essa avente sede in Germania.
Alla notifica del suddetto atto, faceva seguito, in data 17 dicembre
2009, quella dell’avviso accertamento di “secondo livello” n.
T95090300025/2009, impugnato dalle predette società dinanzi alla
Commissione Tributaria provinciale di Milano.
Nei confronti della descritta rettifica fiscale, in data 8 gennaio 2010

Elastogran Italia S.p.a.) e Basf Interservice S.r.l. (oggi Basf Italia

Basf Poliuretani S.p.a. e l’allora Basf Interservice s.r.1., oggi Basf
Italia S.p.a. ,presentavano istanza di accertamento con adesione e tale
procedimento si concludeva con esito positivo, avendo le medesime

conseguenza firmato l’atto di adesione cui peraltro (si deduce ) non
faceva seguito il dovuto versamento di quanto pattuito.
Nel frattempo, in considerazione del fatto che la rettifica fiscale
sollevata determinava un fenomeno di doppia impostazione tra la
Germania e l’Italia, il 23 dicembre 2009 Basf Poliuretani S.p.a. e,
successivamente, 1’8 marzo 2011, Basf Interservice s.r.1.,
presentavano apposita istanza al Ministero dell’economia e delle
finanze – Direzione relazioni internazionali – di avvio della
procedura amichevole ex art. 6 della Convenzione europea
sull’arbitrato (n. 90/436/CEE del 23 luglio 1990), al fine di
dirimere la situazione di doppia imposizione originatasi. Pertanto,
con la presentazione, in data 28 gennaio 2010, di copia del pool
partner agreement, richiesta dallo stesso Ministero, si avviava la

citata procedura amichevole, confermata da una nota ministeriale
che dava evidenza della tempestiva presentazione dell’istanza e,

società e l’ufficio, raggiunto un accordo sui rilievi contestati e, di

quindi, della corretta instaurazione della procedura.
La Bsf Poliuretani Italia S.p.a. (già Elastogran Italia S.p.a.) e la Basf
Interservice S.r.l. (Oggi Basf Italia S.p.a., con socio unico„ già Basf
Italia S.r.l.) recependo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle

Entrate, con istanza depositata all’udienza del 15 giugno 2011,
celebrata dinanzi Commissione Tributaria Provinciale di Milano, e
relativa al giudizio avverso il citato avviso di accertamento IRES di
“secondo livello ” dichiaravano di rinunciare al ricorso e di optare
per la procedura arbitrale prevista dalla Convenzione n. 90/436/CEE,
evidenziando oltremodo che tale rinuncia non potesse essere
considerata acquiescenza alle pretese impositive del Fisco, bensì
come scelta di procedura alternativa al contenzioso tributario. Per
queste ragioni, il giudice adito dichiarava — con sentenza n.
261/24/2011 depositata addì 27 luglio 2011 – l’estinzione del giudizio
per cessata materia del contendere.
In data 21 dicembre 2011, la società istante nonché Basf Italia
Poliuretani Italia spa S.P.A. ricevevano la comunicazione di
diniego/revoca della procedura arbitrale

de qua

prot. N.

10234/2011/DF/DRI da parte del Ministero dell’economia e delle

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finanze. Questi informava i predetti contribuenti dell’impossibilità
di proseguire la procedura amichevole essendone venuti meno i
presupposti, e ciò sull’assunto che sarebbe stato perfezionato

cui è causa. Di conseguenza, ad avviso del Ministero, sarebbe
mutata la situazione originaria posta a base della richiesta di
applicazione dell’art. 6 della citata Convenzione e la fattispecie in
esame non avrebbe più potuto essere oggetto di controversia.
La società BASF Italia spa odierna contro ricorrente impugnava
innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma ( RG
4375/12) tale comunicazione, deducendo, in via preliminare,
l’immediata impugnabilità della richiamata nota ministeriale, quale
diniego di agevolazione o di rigetto di domanda di definizione
agevolata di rapporti tributari.
Di poi, nel merito, contestava la legittimità del provvedimento di
diniego di attuazione della procedura amichevole, stante il mancato
perfezionamento dell’accertamento di adesione.
Con atto di controdeduzioni, deposito addì 2 luglio 2012, si

l’accertamento con adesione nei confronti dell’atto impositivo per

costituiva in giudizio il Ministero dell’economia e delle finanze
eccependo che la conclusione della procedura di accertamento con
adesione precludeva alla società la richiesta di apertura della

giurisdizione italiana in relazione alla predetta comunicazione in
quanto emanata da esso Ministero nella sua veste di autorità
competente italiana nell’ambito della procedura amichevole.
Proponeva, quindi, l’odierno ricorso per regolamento preventivo di
giurisdizione, illustrato con memoria, cui ha resistito con
controricorso la società BASF Italia spa .

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di regolamento, il ricorrente Ministero deduce, in
primo luogo, che la Convenzione europea di arbitrato non rientra
nella nozione del “diritto derivato” dell’Unione europea, in quanto
l’atto in questione è una convenzione internazionale multilaterale,
soggetta alle regole proprie dei trattati internazionali, e non a
quelle dell’ordinamento comunitario.

procedura amichevole e, comunque, l’insussistenza della

Il Ministero ricorrente assume che la procedura amichevole di cui
a detta convenzione si fonda su preminenti interessi pubblici degli
Stati che vi partecipano in quanto investe la potestà impositiva

svolgerà specifici effetti nei confronti del contribuente può
modificare tale situazione giuridica. I negoziati si svolgono infatti
esclusivamente fra le autorità competenti degli Stati sottoscrittori,
rimanendo in capo alle imprese coinvolte nel caso un mero diritto
d’informazione sugli sviluppi della procedura .Non potrebbe, quindi,
sussistere sindacato giurisdizionale interno, in quanto esso
costituirebbe un’interferenza sulla sovranità degli Stati e violazione
del ben noto principio dell’immunità.
La nota oggetto di gravame, in conclusione, non costituirebbe un
provvedimento amministrativo riconducibile ai moduli tipici di
attuazione del tributo.
Contesta tali affermazioni la società contro ricorrente sostenendo
che la materia oggetto del contendere non riguarda atti adottati
dallo Stato estero, bensì un provvedimento di diniego assunto

degli stessi né la circostanza che l’accordo, una volta assunto,

dall’autorità amministrativa italiana competente, che esclude la
possibilità di accedere alla “procedura amichevole” in ragione
dell’asserita verificazione di una circostanza ostativa, quale

inefficace per mancata esecuzione).
Invoca, a tale proposito, la normativa nazionale e sovranazionale
che garantisce il diritto di difesa al soggetto privato e sostiene
l’impugnabilità dell’atto de quo dinanzi al giudice tributario, in
applicazione dell’art. 19 d.lgs. 546/1992.
In particolare rileva che la tesi dell’Agenzia risulta incompatibile
con il diritto UE ed in proposito prospetta anche l’opportunità di
rinvio pregiudiziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del
T.F.U.E. alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per violazione
della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, nonché del principio di
leale collaborazione postulato all’art. 4 par. 3 commi 2 e 3 TFUE.
Da ultimo, evidenzia come la tesi di parte ricorrente porterebbe alla
conseguenza assurda che non vi sarebbe alcun organo giurisdizionale
nazionale o internazionale deputato a valutare la legittimità

l’intervenuto accertamento con adesione ( a suo dire, comunque

dell’operato dell’autorità nazionale.
Il ricorso appare infondato.

coinvolgerebbe esclusivamente gli interessi pubblici degli Stati
nell’esercizio della loro sovrana potestà impositiva ed escluderebbe
ogni possibile intervento dell’autorità giudiziaria nazionale appare
infondata
La Convenzione Europea di Arbitrato, cd. “Convenzione
Arbitrale”,è stata conclusa dagli Stati membri dell’Unione Europea
il 23 luglio 1990 con lo scopo precipuo di risolvere i casi di doppia
imposizione internazionale “economica

‘,l

connessi ad un solo

particolare settore tributario: quello dei “prezzi di trasferirnento” 2.
Essa quindi ha un ambito di operatività specifico e ristretto rispetto
alle Convenzioni contro le doppie imposizioni normalmente stipulate,
che si applicano viceversa anche a tutte le altre forme di doppia
imposizione riferibili alle varie tipologie di reddito.
Si aggiunge che il Consiglio dell’Unione Europea, su proposta /

La tesi del ricorrente secondo cui la “procedura amichevole”

della Commissione, nell’ottobre del 2002 ha istituito il Forum
congiunto sui prezzi di trasferimento GTPF Joint Transfer Pricing
Forum) con il compito di fornire un supporto agli Stati Membri

della Convenzione arbitrale per la risoluzione dei casi di doppia
imposizione scaturenti da rettifiche in materia di prezzi di
trasferimento.
Tra le iniziative più rilevanti del JPTF vi è stata l’adozione di un
“codice di condotta” nel 2004, sostituito nel 2009 da una nuova
versione, tuttora vigente, che reca talune indicazioni di dettaglio
finalizzate ad uniformare ed a rendere efficiente l’applicazione della
Convenzione Arbitrale.
Fatte queste premesse, va rammentato che l’articolo 6 della
Convenzione attribuisce al contribuente l’iniziativa di reclamare
l’osservanza dei principi stabiliti art. 4 della convenzione in
materia di rettifica degli utili d’impresa, di fronte all’autorità
competente dello Stato contraente indicata nell’art 3 della
Convenzione in cui è residente o ha stabile organizzazione. Tale

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nello specifico settore e garantire la efficiente e fattiva applicazione

richiesta impegna l’autorità competente a cercare un accordo con
l’autorità dell’altro Stato al fine di evitare la doppia imposizione.
La richiesta in questione può essere effettuata , indipendentemente

interessati.
In caso di mancato raggiungimento di un accordo entro due anni dalla
richiesta, l’articolo 7 ,comma primo, della Convenzione prevede che
le autorità competenti istituisc4no una Commissione consultiva che
deve dare un parere sul modo di evitare la doppia imposizione.
L’articolo 7 in questione disciplina poi nel dettaglio i rapporti con
il contenzioso interno.
In particolare il secondo paragrafo del primo comma dell’articolo 7
prevede che” le imprese possono avvalersi delle possibilità di ricorso
previste dal diritto interno degli Stati contraenti interessati; tuttavia,
quando un tribunale è stato investito del caso, il termine di due anni
di cui al primo comma decorre dalla data in cui è divenuta definitiva
la decisione pronunciata in ultima istanza nell’ambito di tali ricorsi
interni. ”

dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale degli Stati contraenti

Il comma secondo dell’articolo in questione stabilisce poi che ” i/
fatto che la commissione consultiva sia stata investita del caso non
impedisce a uno Stato contraente di avviare o continuare, per il

sanzioni amministrative. ”
A sua volta il terzo comma statuisce che ” qualora la legislazione
interna d’uno Stato contraente non consenta alle autorità competenti
di derogare alle decisioni delle rispettive autorità giudiziarie, il
paragrafo 1 si applica soltanto se l’impresa associata di tale Stato ha
lasciato scadere il termine di presentazione del ricorso o ha
rinunciato a quest’ultimo prima che sia intervenuta una decisione.
Questa disposizione lascia impregiudicato il ricorso, laddove questo
riguarda elementi diversi da quelli di cui all’articolo 6.”
Dalle disposizioni in esame si evince complessivamente il principio
generale ,salvo le eccezioni previste , secondo cui il procedimento di
accordo amichevole tra gli Stati non impedisce il contemporaneo
svolgimento delle azioni giudiziarie relative alle imposizioni innanzi
agli organi giudiziari nazionali.

medesimo caso, azioni giudiziarie o procedure per l’applicazione di

Ciò posto , alla luce di quanto evidenziato, deve ritenersi che
nell’ambito della procedura amichevole ai sensi dell’art. 6 della
Convenzione Arbitrale i due Stati non agiscono “iure privatorum” ,

La Procedura Amichevole in esame si fonda infatti su preminenti
interessi pubblici degli Stati che vi partecipano in quanto investe la
potestà impositiva degli stessi ed i negoziati si svolgono
esclusivamente tra le Autorità Competenti degli Stati sottoscrittori
della Convenzione e l’accordo amichevole viene sottoscritto e
adottato esclusivamente da questi.
Ciò posto, resta però

estranea alla presente controversia la

questione prospettata dall’Amministrazione se

possa essere

riconosciuta al Giudice nazionale la cognizione e la delibazione del
contenuto di tali atti e accordi, perché — secondo la sua tesi – ciò
costituirebbe una interferenza della sovranità di uno Stato nei
confronti dell’altro.
Nel caso in esame infatti la procedura amichevole non ha in effetti
avuto corso dal momento che con le due comunicazioni de

bensì nell’ambito della propria potestà d’imperio in materia tributaria.

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento delle Finanze,
Direzione Relazioni Internazionali, cioè la nota prot.10234 del 21-122011, oggetto di gravame, nonché la precedente nota prot.3474 del

tributaria, l’Autorità italiana ha negato alla società richiedente di poter
dar corso alla procedura amichevole.
Come rilevato dal Procuratore generale, le cui conclusioni queste
Sezioni unite condividono, occorre tenere dista la fase prodromica
oggetto del ricorso ” relativa alla presentazione dell’istanza di
apertura della procedura amichevole ed alla valutazione dei
requisiti soggettivi ed oggettivi di ammissibilità, che si svolge tutta
nell’ambito del diritto interno (come può chiaramente evincersi dai
citati art. 6 e 7 della Convenzione e come confermato dalla
circolare dell’Agenzia delle entrate 5/6/2012 n. 21 punto 5.8.) da
quella successiva — il confronto fra le autorità competenti — nella
quale il contribuente non svolge un ruolo attivo ma è tenuto a
prestare la propria collaborazione descrivendo puntualmente il
caso e fornendo sollecitamente le informazioni supplementari
eventualmente richieste (art. 10 Conv. punto 5.9 circolare).E’ di

(

21- 4-2011 oggetto dell’impugnazione innanzi alla Commissione

palese evidenza, quindi, che le questioni che possono insorgere
nella prima fase – come nel caso di specie quella relativa agli
effetti dell’istanza di adesione nonattuata — non possono essere

giudiziario. E questo non può che essere il giudice dello Stato ove
l’istanza viene proposta, giacché la Commissione consultiva si limita
a dare un parere sul modo di eliminare la doppia imposizione. “.
Resta da dire che l’impugnabilità della nota in questione non risulta
esclusa – come sostiene l’Amministrazione – dall’art 7 comma 3
della Convenzione che esclude la possibilità di ricorso innanzi al
giudice nazionale “qualora la legislazione interna d’uno Stato
contraente non consenta alle autorità competenti di derogare alle
decisioni delle rispettive autorità giudiziarie” in quanto nel caso di
specie la conclusione dell’accertamento con adesione risulta
contestato onde sarà il giudice investito della controversia a valutare
l’esistenza o meno di tale circostanza.
Quanto al giudice italiano avente giurisdizione non è dubbio che sia
quello tributario, vertendosi in materia di tributi .

aprioristicamente sottratte alla valutazione giurisdizionale di organo

E’ ben nota la giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente
affermato che, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art.
19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non

l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben
individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e
giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle
disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela
del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento
dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione
dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28
dicembre 2001, n. 448. (Cass 17010/12) .
Da ciò discende che ogni atto adottato dall’ente impositore che porti,
comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa
tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e
giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità
che si manifesti in forma autoritativa, e tale impugnazione va proposta
davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a
carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno

preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi

specifico rapporto tributario ( Cass 7344/12).
Nel caso di specie non è dubbio che il diniego di dare corso alla
procedura amichevole comporta che la società resistente sarebbe

quindi a dovere versare nel nostro Paese un tributo maggiore di
quanto altrimenti dovuto in caso di raggiungimento di un accordo tra
i due Stati nell’ambito della procedura amichevole.
Da qui l’impugnabilità delle note in questione.
In ragione della decisione assunta, che investe prevalenti aspetti di
diritto nazionale, non risulta necessario alcun rinvio pregiudiziale
ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. restando quindi impregiudicata la
questione se in materia sussista o meno la competenza della Corte
di Giustizia in relazione alla esaminata Convenzione..
Il ricorso va in conclusione respinto dovendosi dichiarare la
giurisdizione del giudice italiano, nella specie della Commissione
tributaria .Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle
spese di giudizio liquidate come da dispositivo

soggetta ad una doppia imposizione in Italia ed in Germania, venendo

PQM
Rigetta il ricorso , dichiara la giurisdizione del giudice italiano
(Commissione tributaria) e condanna l’amministrazione al

200,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 3000,00 oltre euro

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